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Povertà nella Castellana, attenzione agli scricchiolii
Un’area di benessere e ricchezza, quella Castellana, in cui i dati a livello disaggregato non portano evidenze sull’aumento della povertà, eppure con alcuni scricchiolii importanti. Segnale inequivocabile che i traguardi raggiunti non sono per sempre e necessitano di continue manutenzioni, per non perdere posizioni. Questa, in estrema sintesi, la conclusione dell’ultima ricerca sulle dimensioni della povertà nella Castellana, realizzata dal sociologo Davide Girardi, con la statistica Paola Bolzonello, per conto del coordinamento del volontariato locale (Cdv) e presentata durante un convegno della scorsa settimana in teatro Accademico.
“Dall’analisi dei dati forniti dai Servizi sociali dei sei Comuni coinvolti nello studio, integrata con una cinquantina di interviste a testimoni privilegiati, possiamo sottolineare che non si registrano dinamiche di impoverimento estremo di questo territorio - spiega il ricercatore, Davide Girardi -, ma si pone il tema del mantenimento di uno stato di salute e benessere” che richiede capacità di leggere le evoluzioni e orientare le scelte presenti e di prospettiva. La povertà viene indagata per quattro macroaree, sulla scia delle analisi che più recentemente svolge anche Caritas a ogni livello: materiale, relazionale, lavorativa e sociale.
“Rispetto alla povertà materiale i dati fanno emergere che la metà del totale dei contributi dei Comuni, il 47,2% va al sostegno di affitti, bollette e integrazione delle borse della spesa. Nel 32% dei casi, si tratta di nuclei familiari con differenze importanti tra italiani e stranieri. Lo stesso vale per l’accesso alla casa, non tanto per un deficit relativo all’offerta, quanto, piuttosto, alla disponibilità”.
L’edilizia pubblica non riesce a rispondere alle necessità e quella privata fatica, perché le famiglie hanno meno risorse e per gli stranieri pesano rappresentazioni sociali negative, che incidono pesantemente sulla loro possibilità di affittare un’abitazione.
Per quanto riguarda, invece, la questione generazionale, anche nella Castellana sono presenti tutte le dinamiche collegate all’invecchiamento della popolazione e all’aumento delle famiglie unipersonali. “Tengono di più, dal punto di vista demografico, i Comuni più piccoli”, spiega Girardi, che poi ribadisce: “Soprattutto le interviste qualitative mettono in luce le difficoltà della fascia dei minori-adolescenti, che intreccia diversi temi: la dispersione scolastica, il bisogno di supporto pedagogico alle famiglie, le questioni di educazione finanziaria”.
Nell’ambito lavorativo è sempre alta la percentuale di Neet (giovani tra i 15 e i 19 anni che non studiano e non lavorano): nonostante i progetti pubblici e del terzo settore, sono ancora tra il 15 e il 20%. Il tasso di occupazione, in realtà, è buono, anche se le donne di origine straniera sono le più penalizzate. “Sul piano qualitativo, emerge che il manifatturiero, tradizionalmente attivo in queste terre, sta perdendo rilievo, sostituito dalla terziarizzazione. Soprattutto, è necessario puntare sui settori del futuro dell’hightech e dell’intelligenza artificiale per essere attrattivi verso le nuove generazioni”. Comparti finora pressoché estranei allo sviluppo produttivo castellano.
Infine, il sociale: all’associazionismo della castellana si riconosce un grande valore per la sua capacità di accogliere tante istanze dal territorio e offrire risposte importanti. Attenzione, però, a non consumarsi, e a non cedere al solipsismo, unico modo per abitare queste comunità ed essere preziosi punti di riferimento.
“L’indagine evidenzia come la Castellana sia un’area in cui iniziano a manifestarsi alcuni elementi di vulnerabilità - ribadisce, per il Coordinamento del volontariato della Castellana, Giovanni Pavan -. Sebbene il territorio complessivamente inteso sia ancora benestante, non mancano fattori di rischio su cui lavorare per il futuro. Tra questi, è opportuno citare l’accessibilità al bene casa, che anche nella Castellana è una questione particolarmente critica, soprattutto per le famiglie immigrate, per quelle giovani e per quelle numerose; la necessità di supportare le persone anziane sole, le famiglie monoparentali, così come i giovani nella fase di transizione alla vita adulta aiutandoli soprattutto con un lavoro di qualità e, appunto, l’accesso alle abitazioni. A proposito di giovani, vi è, poi, la questione delle competenze da valorizzare in prospettiva futura, combattendo i segnali di lavoro povero e cercando di essere all’altezza delle aspettative di quei ragazzi che oggi si formano nelle scuole del territorio, ma, poi, decidono di spendere le proprie qualità soprattutto all’estero. La risposta a queste sfide non è compito di un soggetto, ma di tanti attori politici, economici e associativi che devono necessariamente fare sistema. Solo così si getteranno le basi per un territorio inclusivo anche in prospettiva”.