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Marcon, una comunità feconda di vocazioni

Due sacerdoti e un diacono in due anni. C'è un segreto in questa fioritura? Una parrocchia accogliente e dei sacerdoti che hanno saputo costruire relazioni e proporre un cammino di ricerca, e che oggi continuano ad assicurare il loro sosteno anche con la preghiera di intercessione

Non fanno nemmeno in tempo a riprendersi da una festa a Marcon, e già ne stanno organizzando un’altra. La gioia della comunità parrocchiale è grande in questo periodo: sabato 29 aprile la celebrazione con il rito di ordinazione diaconale di Francesco Bellato (vedi articolo nel box, ndr), nella chiesa dei santi Patroni d’Europa, mentre sabato 20 maggio è attesa l’ordinazione presbiterale, in cattedrale a Treviso, di un altro figlio di questa parrocchia, don Enrico Fusaro, che diventerà sacerdote insieme a don Emanuele Sbrissa e a don Denis Vedoato. E non è tutto! Solo un anno fa, infatti, la comunità ha fatto festa per un altro sacerdote, don Matteo Andretto, oggi segretario del vescovo Gianfranco Agostino.
Percorsi diversi, quelli dei tre giovani, iniziati chi da bambino, chi da giovane, maturati certamente nella fede ricevuta e testimoniata dalla propria famiglia, ma tutti anche con una radice comune piantata nella propria comunità di origine.
Viene spontaneo chiedersi se c’è un segreto in questo territorio, dove le vocazioni di speciale consacrazione fioriscono abbondanti. E’ così che è nato un piccolo “confronto” a tre, con don Francesco, don Enrico e don Matteo, disponibili a raccontare le “tracce” della propria chiamata.

I cappellani

“Posso dire che la mia vocazione nasce dall’esempio e dal fascino della figura del cappellano di quando ero ragazzo, don Daniele Liessi - racconta don Francesco Bellato -. Un cappellano è una presenza importante in parrocchia, nel suo rapporto personale con i giovani, nella presenza ai momenti forti, nei campiscuola, al Grest. Don Daniele aveva un bel modo di rapportarsi con le persone, al punto che ho iniziato a chiedermi «Perché non posso essere così anch’io?». E’ stato lui, allora, a indirizzarmi ai gruppi vocazionali. E lì, con molta libertà, gli educatori del Seminario hanno saputo suscitare in me l’interesse per la figura di Gesù”.

La cura del vecchio parroco

Don Francesco ricorda anche il parroco di allora, don Domenico Trivellin, che “ha sempre lavorato nel silenzio, istituendo gruppi dedicati alla preghiera per le vocazioni, e coinvolgendo tutta la comunità in questa attenzione. Tra noi sono famose le sue speciali decine del Rosario quotidiane dedicate ciascuna a un seminarista, che diventavano sei o sette a seconda di quanti eravamo”.
E poi le gite con i “suoi” seminaristi e preti, alle quali don Domenico non rinuncia nemmeno oggi: “Andiamo a trovarlo a Mussolente. Questa tradizione di incontri ha creato comunità fra di noi, ci ha tenuti uniti e siamo stati dono gli uni per gli altri” riconosce don Enrico Fusaro. Don Domenico era presente sabato 29 aprile, all’ordinazione di Francesco, accanto al parroco, don Silvano Filippetto, e a tutti i sacerdoti del Seminario.
Una dimensione comunitaria bella quella di Marcon raccontata dai tre giovani, accogliente, attraente, con associazioni vivaci come l’Ac e l’Agesci, che fa vivere con freschezza la dimensione ecclesiale. “Forse il «segreto», se possiamo chiamarlo così - spiega don Enrico -, è che in parrocchia sono passati tanti bravi preti, che hanno curato le relazioni, che hanno testimoniato con la loro vita l’amore per il Signore. Per me la figura alla quale far risalire il mio «aggancio» vocazionale è don Paolo Magoga, cappellano a Marcon quando ero alle elementari, amico dei miei genitori. Una presenza famigliare, piacevole, attraente. Quando mi ha proposto i gruppi vocazionali ho accettato. Sono entrato in Seminario in prima media e... il Seminario ha fatto il resto nella mia vita”.

La presenza di don Claudio Girardi

La cura silenziosa, l’accompagnamento i tre giovani li hanno sperimentati anche da un prete del quale oggi sentono il sostegno dal Cielo, don Claudio Girardi, arrivato come vicario parrocchiale a Marcon nel 2004. “E’ arrivato quando io entravo in Seminario - racconta don Francesco -, non ci siamo frequentati molto, ma ho sempre sentito la sua vicinanza, l’attenzione, anche con piccoli segni, come il regalo del mio primo messalino”. Don Enrico ne riconosce l’aiuto in alcuni passaggi della sua vita.
Per don Matteo Andretto, don Claudio, morto nel 2010 a 34 anni, è stato la figura chiave del suo percorso vocazionale: “Sapeva valorizzare le persone, affidando anche a noi giovani dei compiti, dei servizi, sapeva tirare fuori il meglio da ciascuno. In una parola, ti faceva sentire amato. Viveva una relazione forte con il Signore e questo lo rendeva felice. Desideravo esserlo anch’io. Avevo una laurea in Ingegneria, lavoravo a Milano, e nei fine settimana frequentavo «di nascosto» i gruppi vocazionali. Lui mi ha affiancato con rispetto nella mia ricerca, nei dubbi, nei desideri che portavo nel cuore. Don Claudio ha saputo indirizzarmi alla fonte che riusciva a dissetare la mia sete. E, soprattutto nelle incertezze dei primi tempi mi era vicino, ma lasciando spazio alla mia libertà. Oggi avverto forte sia il suo aiuto che l’accompagnamento nella preghiera di tante persone, che riconoscono nel sacerdote un dono. A mia volta ricambio pregando per loro”.
Presenza, vicinanza, relazione personale, testimonianza gioiosa della vocazione: questi giovani hanno riconosciuto anche nella cura dei propri preti e nell’amore delle comunità la strada per rispondere alla chiamata del Signore. Uno stimolo per tutti, in questa Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebra il 7 maggio, perché - ricorda il Papa nel suo Messaggio - “i nostri giovani hanno il desiderio di scoprire il fascino sempre attuale della figura di Gesù, di lasciarsi interrogare e provocare dalle sue parole e dai suoi gesti e, infine, di sognare, grazie a Lui, una vita pienamente umana, lieta di spendersi nell’amore”.

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