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Un evento solenne di grande rilevanza per onorare coloro che, rischiando la propria vita, hanno scelto di seguire la voce della coscienza e di tendere una mano a chi era perseguitato nel periodo buio dell’ultimo conflitto mondiale e del nazifascismo. È in programma il 6 marzo, alle ore 18 nell’auditorium Bachelet, nelle opere parrocchiali del Duomo di Montebelluna. Qui si svolgerà il significativo incontro “I nostri giusti”, per celebrare il riconoscimento di Giusti tra le nazioni conferito dallo Yad Vashemdi di Gerusalemme a mons. Daniele Bortoletto, prevosto di Montebelluna dal 1939 al 1971, e ai coniugi Angelo Bressan e Rosetta Schiavinato, le tre persone che, grazie all’Istresco (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea della Marca Trevigiana) e alle richieste/documentazioni prodotte dalla parrocchia e dal prevosto, mons. Antonio Genovese, sono stati ritenuti Giusti tra le Nazioni. Animati dall’amore per il prossimo in grave pericolo, con coraggio e generosità, hanno dimostrato che anche nei periodi più bui della storia, l'umanità può brillare attraverso gesti di altruismo e di solidarietà.
Mons. Bortoletto, nato a San Trovaso di Preganziol il 4 giugno 1898, nel 1908 entra nel Seminario di Treviso dove compie gli studi. Ordinato sacerdote nel 1922 dal vescovo Andrea Giacinto Longhin, ottiene i suoi primi incarichi pastorali come cappellano a Piombino Dese, Pezzan di Istrana, Poggiana di Riese e Mestre fino al 1928, quando visse personalmente il difficile distacco di quella comunità dalla diocesi di Treviso e la sua aggregazione al Patriarcato di Venezia. Nel 1924, inoltre, era stato nominato Segretario dell’Ufficio missionario diocesano. Nel 1939 divenne prevosto di Montebelluna, incarico che mantenne sino al 1971, quando il vescovo Mistrorigo accettò le sue dimissioni per limiti d’età. Ritiratosi nella casa per sacerdoti di Montebelluna, in seguito visse nella casa del clero di Treviso, dove morì nel 1983. Da allora riposa nella Cripta del Duomo di Montebelluna.
Come ben sottolinea Gianmarco Basso nel libro “Un pastore dal cuore integro – Mons. Daniele Bortoletto prevosto di Montebelluna 1939 – 1971”, il parroco cercò di incarnare concretamente, durante il periodo della Seconda guerra mondiale e in particolare nel periodo dei tragici anni fra il 1943 -1945, le parole dell’evagelista Giovanni “Il buon pastore dà la vita per le proprie pecore”. Sacerdote severo e rigoroso, ma dal cuore grande, don Bortoletto “offre se stesso come ostaggio per il rilascio di uomini innocenti ingiustamente arrestati o mette a repentaglio la propria vita, nascondendo un gruppo di ebrei dalla famiglia Bressan o, successivamente, dalla famiglia Camozzato. Tra queste persone vi è anche Gerda Pressburgher, che il sacerdote nascose nell’orfanatrofio delle suore di Guarda all’inizio del 1945, in seguito all’arresto dei genitori nel febbraio 1944 e alla loro deportazione prima a Fossoli, vicino a Carpi, e poi ad Auschwitz, dove moriranno in quello stesso anno. Gerda, invece, rimarrà dalle suore fino al marzo 1946, quando, a 12 anni, partirà per il Portogallo raggiungendo un nonno e la zia materna” (foto in alto).
Ma il prevosto in quegli anni, fra le altre cose, fu ripetutamente accusato di incitare la popolazione contro i tedeschi e venne denunciato come favoreggiatore degli ebrei. Nonostante ciò, proseguirà nella sua coraggiosa azione a favore delle persone perseguitate dai nazifascisti.