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Famiglie in comunità: cohousing tra Villorba e Povegliano

Il termine tecnico è “cohousing”: diverse famiglie abitano in un unico complesso eco-sostenibile; mettono insieme alcuni spazi e servizi, spazio e tempo; coltivano relazioni di vicinato solidale. Abbiamo incontrato le otto famiglie che da qualche mese, al confine tra Villorba e Povegliano, hanno creato il cohousing Borgo Ponte Canale

Arrivavano tutte da percorsi diversi ma avevano lo stesso desiderio: trovare un contesto per vivere “a misura di famiglia”, per quanto possibile in modo
ecosostenibile e privilegiando le relazioni di vicinato solidale e di comunità. La Fiera quattro passi le ha fatte concretamente incontrare, poi, dopo un  primo periodo di conoscenza e di condivisione, sono partite e nel giro di quattro anni il loro progetto ha preso forma concreta. Le otto famiglie di Borgo Ponte Canale dalla fine del 2014 abitano il nuovo ecoquartiere sul confine tra Villorba e Santandrà di Povegliano. Due, in estrema sintesi, le caratteristiche di questa esperienza: da un lato la scelta di prediligere costruzioni edilizie basate su criteri di sostenibilità, semplicità, responsabilità
ambientale; dall’altro la condivisione di un vicinato solidale, che mette insieme alcuni servizi, spazi, tempo, per il benessere di tutti. Se è vero, infatti, che un quartiere, oltre agli edifici, si costruisce anche una comunità, le forme dell’architettura possono condizionare la nascita di questa comunità  locale. Ecco il cohousing.
“Durante la Fiera Quattro Passi del 2010 ci siamo ritrovati attorno ad una proposta - spiegano le famiglie di Borgo Ponte Canale -: realizzare delle abitazioni dove si risparmia  e si produce energia, si riducono i rifiuti, le auto stanno fuori e c’è del verde, si fa attenzione al consumo dell’acqua, si mettono insieme spazi e servizi…” e le case non costano di più di quelle convenzionali.
Ad inizio 2012 hanno trovato il terreno, il cantiere è stato aperto nel 2013 e a dicembre 2014 sono entrate le prime famiglie. “Abbiamo partecipato a tutte le scelte che riguardano la nostra casa - continuano -, stabilito gli spazi comuni, cioè una cucina, una sala, l’interrato e il giardino. Queste decisioni, inevitabilmente, sono passate anche per la condivisione di altre scelte, per esempio economiche: quale riscaldamento realizzare? Come gestire il verde?”. Con il buon senso, e le buone pratiche, il cohousing permette di attivare circoli virtuosi: si possono creare spazi idonei ad ospitare gruppi di
acquisto solidale, orti sociali da coltivare collettivamente, e molto altro ancora. Poi, confrontandosi sulla concretezza di questo nuovo approccio dell’abitare, le famiglie hanno anche riflettuto sulle relazioni di vicinato e di prossimità che desiderano instaurare tra loro.
“La gestione dei bambini è uno degli aspetti che si è semplificato vivendo a Ponte Canale. Ci organizziamo per portarli a scuola a turno, condividiamo la babysitter che una volta a settimana li va a prendere, mangia con loro e li segue al pomeriggio. Ma anche per la spesa, ad esempio se qualcuno compra la verdura per tutti si risparmia tempo”, tempo che poi può essere usato per stare insieme, curare le relazioni.
“Ciascuna famiglia ha la sua casa e la sua privacy; ma anche solo condividere il tempo della merenda e scambiare due parole è un modo per rallegrare le
giornate”. E poi c’è la questione, per nulla secondaria, del rispetto degli stili educativi familiari anche diversi: “Questo significa che i nostri figli devono imparare a riconoscere gli altri adulti rispettando le loro indicazioni anche quando non appartengono alle regole della propria famiglia. O che noi genitori
riconosciamo agli altri di poter intervenire in modo educativo verso i nostri figli”.
Arrivi al Borgo, parcheggi l’auto e ti immergi nel verde. Eppure è quasi in centro a Villorba. Trovi un crocchio di bimbi che stanno giocando sulla sabbia,
mentre nella sala comune c’è una festa di compleanno.
Due mamme chiacchierano con un papà che tiene in braccio il figlioletto. “Quando ad inizio gennaio ho partorito – spiega una di loro – ogni sera ci  facevano trovare fuori dalla porta di casa una pentola con qualche cibo appena cucinato. E’ stato un bel modo per prendersi cura di noi”.

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