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Ad Arcade i profughi ucraini hanno trovato il calore di una famiglia

Un nucleo familiare di sette persone vive ormai da un mese e mezzo nella cittadina, circondato da una rete di presenze che lo aiuta nelle necessità quotidiane, mentre i più piccoli frequentano la scuola

“Ora, la vostra casa è qui!”. Questo il saluto rivolto da alcune famiglie di Arcade ad altre famiglie venute da lontano, dopo un viaggio avventuroso di 2.000 chilometri, tutti pigiati nell’auto carica di quel poco/tanto che rappresenta una vita in fuga. Fuga dalla guerra, fuga dagli allarmi e dalle bombe che cadono a pochi passi; fuga da Vinnycja, una città ucraina di circa 370.000 abitanti, equidistante da Kiev, Leopoli e Cernobyl, colpita dai bombardamenti dei primi giorni di marzo.
Ma andiamo in presa diretta.

Sono le 9 del 17 marzo 2022; le sette persone arrivano ad Arcade, con pochissimo preavviso.
Prima si passa in oratorio, perché la casa messa a disposizione non è ancora pulita.
Quindi la “macchina” della Caritas parrocchiale si mette in moto, coordinata dal parroco, don Mario Marostica. E in men che non si dica qualcuno guida i nuovi arrivati all’hub sanitario per il tampone anti-Covid, poi li ospita a pranzo. Qualche altro riordina e pulisce la casa in cui alloggeranno. Poi, la voce di questo arrivo si diffonde in paese e la rete di aiuto si allarga: c’è chi compila i moduli della richiesta di ospitalità, chi si occupa di accompagnare i nuovi arrivati all’Ufficio Immigrazione della Questura per ottenere il permesso di protezione umanitaria e, più avanti il permesso di soggiorno; c’è chi si offre per traduzioni; c’è chi regala una bicicletta, vestiti, generi di prima necessità e chi mette a disposizione del tempo per le piccole evenienze.
Prima in canonica, poi in Comune si concretizza un abbozzo di coordinamento a metà tra l’istituzionale e lo spontaneo. L’organizzazione prende forma.
Non ci sono disponibilità economiche immediate sul tavolo, ma già c’è una rete di persone di buona volontà e di sentimenti veri. Sembra di vedere affiorare a poco a poco quella “Fratellanza”, evocata da papa Francesco nella sua esortazione apostolica: “Fratelli tutti”.

Dal parroco al sindaco, dalle associazioni del territorio alla comunità di persone scorre un anelito di novità: Allora è possibile! E’ possibile costruire una società solidale, delle relazioni veramente umane, che vadano oltre gli schemi consueti, oltre le logiche conservative e autoreferenziali. Dal privato al pubblico corre questa speranza, fatta di ponti e non di muri di colore e non di toni grigi. Ora la cronaca lascia spazio alla vita quotidiana.
E’ più di un mese ormai che le sette persone “venute da lontano” abitano tra noi, anzi, con noi. “Olena - domandiamo a una delle due figlie di Anna, inserita in quarta elementare assieme a Illias, suo cugino -, come vi trovate nella nuova scuola?” “Bene! - ci risponde, con il suo italiano minimo -. Abbiamo amici, soprattutto Sofia e Giulia che domani fanno la Prima Comunione e abbiamo preparato un biglietto… Noi continuiamo a seguire anche le maestre in Ucraina, attraverso internet; e facciamo i compiti ogni giorno”.

Intanto Natalya, la nonna esprime tutta la gratitudine della sua famiglia per l’affetto e le cure ricevute in questo periodo e parla commossa del figlio e del genero in Ucraina, in costante pericolo, mentre loro sono qui al sicuro. “Ci stiamo dando da fare - continua - a trovare dei lavori per il sostentamento, dato che ci stanno rilasciando i permessi di legge”.
Sette persone “venute da lontano”, quattro generazioni: bisnonna Valentina, nonna Natalya, mamma Anna, figlie Olena e Ulyana, cognata Natascia, il figlio Illias e il marito di Natalya, Mykola, che ha avuto il permesso di lasciare il suo Paese.
Forse è l’alba di un giorno nuovo, che sul dolore immane della crudeltà vede spuntare la luce della Speranza di Pasqua.

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