Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Trebaseleghe ha riabbracciato Gianluca Salviato
Tutto il paese all'incontro con il tecnico rapito in Libia e prigioniero dei fondamentalisti per otto lunghi mesi. Insieme al sindaco ha tolto dalla facciata del Municipio lo striscione che auspicava la sua liberazione

Gianluca Salviato il tecnico della Ravanelli di Udine, originario di Martellago, rapito in Libia il 22 marzo scorso, liberato da suoi sequestratori dopo otto mesi di prigionia ha incontrato la comunità di Trebaseleghe, dove risiede con la moglie Maria - per tutti Catia -, in un ideale abbraccio collettivo nell’auditorium di Trebaseleghe che non ha saputo contenere per l’occasione tutti coloro che si erano presentati per l’evento.
E’ stata una festa di ricordi, testimonianza ed emozioni, tra lacrime, abbracci e sorrisi. Di fronte al toccante racconto, che ha ripercorso il lungo sequestro, alla presenza di familiari, amici, autorità e popolazione, Gianluca si è aperto raccontando anche le emozioni più intime di quegli otto mesi di prigionia, senza nascondere la commozione.
Dallo choc dei primi giorni racconta Salviato, alla confusione mentale che ti porta a non capire il perché, al luogo della prigionia: il chiuso di una stanza buia, senza finestre; “ho dormito su due cuscini che puzzavano da fare schifo, era tutto sporco. In quei momenti pensavo alla famiglia, alle pene che vivevano e stavo male all’idea che fossero in ansia, che magari mio padre o mia madre si fossero sentiti male dallo spavento”.
Nel corso della serata è arrivata anche la telefonata del capo di gabinetto del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni per dare il bentornato a Gianluca e per ringraziare tutti per “questo grande successo di un grande paese come è l’Italia”. “Per otto mesi ho vissuto con la paura in un lato e la morte nell’altro – aggiunge poi Salviato – fortunatamente gli italiani sono spezzettati in mille campanilismi ma quando sono all’estero diventano un blocco unico, senza divisioni. Ero sicuro che mi avrebbero liberato e sentivo le preghiere e l’affetto dei miei cari. Solo grazie alla preghiera e a Dio sono riuscito poi a farmi forza e a superare i 243 giorni di prigionia”. E le preghiere e la vicinanza della Comunità di Trebaseleghe non sono mancate come testimoniato più volte anche dal Parroco di Trebaseleghe Don Roberto durante le varie cerimonie religiose ed in modo più personale alla famiglia.
“Quella gente lì è peggio degli assassini – racconta parlando dei suoi rapitori – perché sono ladri di vite. E non rubano solo la tua di vita, la tua dignità, il tuo futuro ma anche quella degli altri, di chi ti aspetta a casa, di chi ti vuole bene. Ti senti risucchiato in un vortice in cui ti viene portato via tutto: la libertà, i vestiti, anche semplicemente la possibilità di parlare con qualcuno o il cellulare con cui avrei voluto tranquillizzare i miei cari a casa. Ti spogliano delle dignità”. Sul palco assieme a lui il sindaco Lorenzo Zanon regista della serata, la moglie Catia, la sorella Vanessa, gli amici (tra questi anche il sen. Marco Stradiotto) e tutte quelle persone che in quegli otto mesi si erano dati da fare per agevolare la sua liberazione (anche il vicegovernatore del Veneto Marino Zorzato, il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato, il sindaco di Martellago Monica Barbiero ed il Commissario di Venezia Vittorio Zappalorto, il comandante della Compagnia Carabineri di Cittadella, cap. Marco Stabile).
A conclusione di un periodo di ansie e trepidazione domenica 30 novembre con una cerimonia pubblica il Sindaco Lorenzo Zanon e Gianluca Salviato sono saliti su di un carrello elevatore, piazzato davanti al municipio, si sono portati all’altezza dell’enorme striscione di incitamento a Salviato appeso dal giorno del rapimento sulla facciata del municipio e lo hanno tolto. Un rito liberatorio per il tecnico 48enne, che si sente alla fine di un incubo; è una grande soddisfazione per il sindaco, orgoglioso di una comunità che per tutto questo tempo è rimasta vicino al tecnico rapito, alla moglie e alla sua famiglia.