Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Unindustria Treviso sulle elezioni: riprendiamoci il nostro destino
"La riflessione che merita di essere fatta non è solo quella sulla maturità (o immaturità) della classe politica e partitica che si presenta al voto, sulla quale ormai già troppo inchiostro è stato speso, ma sulla maturità (o immaturità) della società italiana in tutte le sue componenti".
Gli appuntamenti elettorali sono, tradizionalmente, un’occasione nella quale si esprime l’”offerta politica” elaborata dai partiti che si candidano alla guida del Paese.
Sul piano formale, i programmi dei partiti vengono presentati come l’elaborazione e la sintesi della “domanda politica” che viene dai cittadini. Ma la realtà delle proposte alle quali stiamo assistendo in questa campagna elettorale sembra essere più la rappresentazione e interpretazione da parte dei partiti di sogni, velleità e interessi riferibili a singoli componenti dell’economia e della società, piuttosto che l’elaborazione di programmi ispirati ad un’idea di bene comune e di interesse collettivo, ai quali la politica dovrebbe tendere.
Quello che appare dai programmi, in buona sostanza, è un elenco di problemi con soluzioni improbabili e velleitarie. La lusinga verso singole componenti della società con l’obiettivo di massimizzare a breve il consenso elettorale a prescindere da ogni considerazione di fattibilità di quell’offerta. Non un’idea di società; non un’idea di economia sulla quale coinvolgere e guidare la comunità nazionale.
La riflessione che merita di essere fatta quindi, non è solo quella sulla maturità (o immaturità) della classe politica e partitica che si presenta al voto, sulla quale ormai già troppo inchiostro è stato speso, ma sulla maturità (o immaturità) della società italiana in tutte le sue componenti. La disaffezione al voto, l’appiattimento del dibattito pubblico sull’”offerta politica” con le divisioni sociali che questo ingenera, sono l’indicatore, a mio avviso, di un difetto di maturità anche del corpo sociale, che non può autoassolversi, scaricando ogni responsabilità, come alibi, sull’inadeguatezza della classe politica e della classe dirigente più in generale.
Dobbiamo riappropriarci e farci carico, come singoli cittadini, del nostro destino e del nostro futuro. Come diceva Pericle 2500 anni fa nel suo discorso agli Ateniesi “un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo ma inutile” e ancora “un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private”. Questo è lo spirito che dobbiamo recuperare.
Ogni soggetto portatore di interesse dovrebbe assumere su di sé l’onere non solo di rappresentare le proprie istanze, ma anche di farsi carico delle condizioni di compatibilità e di coesistenza di quegli interessi con gli interessi della più ampia comunità. Come comunità imprenditoriale da tempo siamo interpreti dell’idea che l’impresa è un valore, non per sé stessa ma per l’intera comunità. Lo abbiamo dimostrato da ultimo con la grande partecipazione e con le proposte emerse alle Assise di Confindustria di Verona. Ma a Treviso ne sono testimonianza l’impegno pluriennale per una difesa non solo delle ragioni dell’impresa ma anche per un sistema di relazioni industriali coeso e partecipato che valorizzi il lavoro; per la ricostruzione di un rapporto da troppo tempo ‘fratturato’ fra imprese, cittadini e Pubblica Amministrazione; per la riqualificazione e riconversione del territorio
secondo parametri e obiettivi di sostenibilità; per l’occupazione e permanenza nel territorio dei nostri giovani.
Possiamo assumere come riferimento il pensiero di un grande economista americano, Michael P. E. Porter, e la sua teoria del valore condiviso, elaborata già nel 2011. Secondo Porter, un contesto sociale e territoriale in salute dipende dalla presenza di imprese in grado di dare lavoro, offrire salari e stipendi adeguati, acquistare beni e servizi di qualità, pagare le tasse, proteggere l’ambiente.
Le aziende, sempre secondo Porter, devono saper riconciliare business e società. La strada da percorrere, dunque, è quella di creare “valore economico condiviso” in modalità tali da generare contemporaneamente valore per l’azienda, ma anche per la società.
Nel dopoguerra, la nascita e lo sviluppo di un sistema industriale importante è stato lo strumento più efficace per dare un futuro ai giovani, benessere diffuso e crescita culturale al nostro territorio, invertendo il fenomeno dell’emigrazione che aveva “strappato” la maglia sociale delle nostre famiglie e della nostra comunità.
Oggi, dopo una crisi che, per gravità e cambiamenti che sta inducendo, è assimilabile a una guerra, dobbiamo ripartire con quello spirito e quella convinzione.
Alle imprese compete farsi carico – e noi ci faremo carico – della responsabilità e della consapevolezza di avere un ruolo sociale che deve saper valorizzare il territorio e il capitale umano di cui questo dispone, offrendo opportunità e prospettive.
Alla politica, a chi si candida al governo delle istituzioni e all’intera società civile, compete farsi carico di riconoscere questo valore e creare le condizioni affinché le imprese del territorio possano esprimersi in condizioni di legalità ma anche di efficienza e condivisione nell’interesse di tutta la comunità. Da qui possiamo ripartire, insieme, con realismo, responsabilità e visione per il futuro.
*presidente Unindustria Treviso