Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Non si utilizza il Vangelo per fare propaganda
Il direttore dell'ufficio diocesano Migrantes interviene sulle polemiche di queste giorni, legate al giuramento di Salvini sul Vangelo.
No, non ci sto! e voglio dirlo forte, anche se non sono mai intervenuto pubblicamente in una campagna elettorale. Non ci sto a far finta di niente mentre qualcuno utilizza il Vangelo per far propaganda a se stesso e al proprio partito. Ci sto ancor meno quando questo qualcuno ignora volutamente quanto il Vangelo dice riguardo al farsi prossimo di chi è più disgraziato, pretendendo di selezionare: prima quelli che fanno comodo a me! Quando questo qualcuno la pensa giusto al contrario riguardo all’accoglienza dello straniero, o considera un’eresia che Gesù Cristo stesso si identifichi con lo straniero e il foresto! E sceglie di brandire la croce come una spada, invece che riconoscerne lo scandalo di un Dio che si fa prossimo di ogni povero cristo, giusto dall’altra parte di coloro che detengono il potere di turno.
Non ci sto quando questo qualcuno usa il rosario come un feticcio da esibire per far credere un’appartenenza popolare ad una Chiesa di cui si rifiutano gli appelli alla solidarietà e alla responsabilità, scardinando le relazioni tra le persone, alimentando l’odio e creando nemici ad hoc per poter compattare il proprio consenso elettorale.
E se a tutto questo non ci sto come cristiano, non ci sto neppure come cittadino quando, così facendo, si calpesta senza pensarci un momento la laicità dello Stato, fondamentale per un diritto in grado di garantire il rispetto per tutti. Quando si pretende di esibire la Costituzione misconoscendo ciò che la Costituzione afferma, ad esempio il principio di libertà di culto, condizionandolo ad obblighi discriminanti che fanno il gioco degli estremismi invece di contrastarli. O eliminando l’equità del principio costituzionale di tassazione progressiva con una proposta di flat tax che rischia di favorire i redditi più alti e allo stesso tempo di rendere improponibile quanto di welfare ancora sopravvive in Italia. E così via.
Non so ancora come voterò, il quattro di marzo. Ma so ormai in modo sempre più netto e indignato chi non voglio votare. Né come cristiano né come cittadino italiano.