martedì, 19 novembre 2024
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Dio non uccide

Sbagliamo a mettere Dio dalla parte degli imputati, come se il terremoto fosse stato mandato da Dio, come se Lui avesse scelto, in una sorta di lista, chi si sarebbe salvato e chi no. Dio non è mandante o esecutore della morte dell’uomo, mai. Non è il nostro Dio. Dio non è mandante o esecutore della morte dell’uomo.

A volte il male colpisce così forte da mostrare senza maschere la sua intenzione: uccidere la vita dell’uomo.

In troppi casi il male ha il volto della guerra, delle carestie provocate dagli uomini per uccidere altri uomini, dei campi di concentramenti, testimoni muti del male diventato omicidio e genocidio di un intero popolo. È il male voluto dall’uomo, voluto per colpire altri uomini. È un male che molti trovano addirittura logico finché non incontrano lo sguardo di un bambino innocente che soffre.

Altre volte il male uccide con un virus come l’aids o l’ebola, con un microorganismo che non vediamo a occhio nudo eppure capace di togliere la vita, succede anche con le cellule del nostro corpo che improvvisamente impazziscono e diventano un tumore, con il fulmine che colpisce a caso, con il terremoto che nessuno sa prevedere e scuote la terra colpendo chi credeva di essere al sicuro nella sua casa, ... È il male che troviamo nella natura, dove non ci sono più ricchi da un parte e poveri dall’altra ma solo chi è colpito e chi no.

Dopo alcuni giorni la polvere del terremoto nel nostro amato Centro Italia si è posata. La paura, incomprensibile per chi non ha vissuto il terremoto in prima persona, ora è sostituita dalle riflessioni, dalle domande. La sofferenza provata può essere segnata da molta rabbia e allora possono uscire dal cuore interrogativi che di solito stanno nel profondo dell’animo: Dio perché ha permesso questo? Perché a loro?

I tanti perché

Una parte della risposta sta nella negligenza degli uomini nel costruire (o nel ristrutturare) ciò che doveva essere sicuro, che si poteva fare con il cemento ed è stato fatto con la sabbia. Questa parte dipende da noi uomini e non da Dio. Ma la risposta resta incompleta, ancora non sappiamo il perché.

Sbagliamo però a mettere Dio dalla parte degli imputati, come se il terremoto fosse stato mandato da Dio, come se Lui avesse scelto, in una sorta di lista, chi si sarebbe salvato e chi no. Dio non è mandante o esecutore della morte dell’uomo, mai. Non è il nostro Dio. All’inizio del libro omonimo Giobbe dice: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?”. Giobbe pensava che Dio mandasse anche il male e credeva di doverlo accettare da buon credente ebreo. Ma Gesù ci ha mostrato una volta per sempre che Dio vuole la nostra vita, sempre e per sempre. Dio non è dalla parte della morte, mai, ma della vita, sempre. Gesù è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6).
Quando un uomo soffre Dio soffre con lui, quando un uomo muore Dio è già morto in Gesù con lui, ha scelto la compassione con noi fino in fondo, sempre.

Diòs no mata
Nel 1980 fu conferito il Premio Nobel per la Pace all’artista argentino Adolfo Pérez Esquivel. Nei giorni scorsi è passato per l’Italia e questo uomo ormai anziano, nato nel 1931 a Buenos Aires, raccontava della sua prigionia: “Quando la guardia mi apriva la porta, potevo vedere sulle pareti le scritte dei prigionieri che erano passati per quel centro di tortura. Sono rimasto colpito da una grande frase che un prigioniero o una prigioniera aveva scritto con il suo sangue: ‘Diòs no mata – Dio non uccide’. Questa frase è il mio conforto, perché se credo che è un Dio di vita, è un Dio di speranza, è un Dio di pace, è un Dio che ci ha dato questo mondo per essere felici. Anche lì nella prigione si può tornare a sperare e a credere”. E’ una testimonianza stupenda di un uomo che ha molto sofferto, e nella sofferenza della tortura ha riscoperto Dio più vicino che mai.

Sofferenza e speranza
Durante l’omelia per le vittime del terremoto ad Ascoli il vescovo mons. Giovanni D’Ercole ha ripetuto le parole di Guareschi poste in bocca a don Camillo, quando egli da solo celebra la santa messa nella chiesa allagata. Don Camillo si rivolge ai paesani sull’argine e predica: “Le acque escono tumultuose dal letto del fiume e tutto travolgono: ma un giorno esse torneranno placate nel loro alveo e ritornerà a splendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete perso la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa”.
Possiamo tenere il dito puntato su Dio chiedendogli perché, oppure possiamo vederlo sporco con noi, chinato sulle nostre sofferenze e chinarci a nostra volta sui fratelli e le sorelle che hanno bisogno. Nel primo modo proveremo il freddo, nel secondo la gioia della risurrezione.

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