Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Con il “semaforo” ritroviamo uno spirito d’unità
Il fragile ma per certi aspetti esempio virtuoso di collaborazione tra Governo e Regioni, sperimentato in primavera, rischia di saltare. Con effetti deleteri e molto pericolosi. Sarebbe ora di invertire la rotta, fin che siamo in tempo. La gente, quando ha avuto modo di esprimersi, ha fatto capire che non gradisce chi spara sul timoniere in mezzo alla tempesta.

La stagione dell’incertezza che stiamo vivendo si somma a quella delle mai deposte contrapposizioni politiche e inefficienze di carattere strutturale (istituzionali, burocratiche, economiche) del sistema Italia. Ed eccoci, così, all’ennesima “telenovela” sui Dpcm, l’ultimo dei quali, nella tarda serata di martedì scorso, ha diviso l’Italia in tre fasce (rossa, arancione e verde). Un “semaforo” che certificherà, d’ora in poi, il livello di allerta nelle singole regioni. Nel momento in cui scriviamo, in realtà, la mappa d’Italia con il nuovo “tricolore” non è ancora stata definita. In ogni caso, la speranza è che questo sistema, peraltro già adottato da mesi in diverse parti del mondo, possa essere utile per intervenire con prontezza ma dentro a un quadro generale di relativa stabilità e chiarezza.
Proprio quella chiarezza che non abbiamo avuto in queste settimane. Si è detto, con validi motivi, che il Governo aveva mesi di tempo per prepararsi meglio a questa seconda ondata, che del resto non sta investendo solo noi.
Quello che si dice meno è che ciò accade anche a proposito di altri livelli Istituzionali: Esecutivo e Regioni sono tutti “sulla stessa barca”. Accade, invece, che se il Governo pensa di “chiudere” le Regioni protestano e vogliono aprire; se, invece, da Roma si sceglie la strada “soft”, ecco che allora in periferia si chiedono provvedimenti più stringenti.
Se il Governo cala dall’alto un provvedimento, le Regioni protestano e vogliono dire la loro. Se a esse viene lasciata libertà e si pensa a provvedimenti diversificati, le stesse Regioni chiedono che sia invece il Governo a prendersi la responsabilità di varare provvedimenti uniformi. E’ il vecchio gioco del cerino, unito ad accuse reciproche. Oltre a tutto, la continua ricerca del consenso e il gioco reciproco di squalifiche tra Istituzioni e partiti, fa sì che le scelte più dolorose vengano sempre prese in ritardo, quando, cioè, è la stessa opinione pubblica, impaurita, a pretenderle. Così, oggi arriviamo a decisioni restrittive che andavano magari prese due settimane fa.
Così, il fragile ma per certi aspetti esempio virtuoso di collaborazione tra Governo e Regioni, sperimentato in primavera, rischia di saltare. Con effetti deleteri e molto pericolosi. Sarebbe ora di invertire la rotta, fin che siamo in tempo. La gente, quando ha avuto modo di esprimersi, ha fatto capire che non gradisce chi spara sul timoniere in mezzo alla tempesta. Ci aspetta un lungo inverno, ed è consigliabile affrontarlo con quello spirito di unità sperimentato pochi mesi fa. Al tempo stesso, è importante che fin da subito si apra un cammino virtuoso su come utilizzare i fondi che arriveranno dall’Europa. In Italia saper spendere è esercizio per nulla scontato, come si è già visto in questi mesi.