Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Chiamatela come volete, ma serve una risposta a chi vive in povertà assoluta
Lettera aperta del Tavolo regionale dell’Alleanza contro la povertà agli onorevoli veneti, riguardo al dibattito di questi mesi sulla possibilità di istituire una nuova misura di contrasto alla povertà che di fatto accantoni il Rei e sperimenti il Reddito di cittadinanza.
Il dibattito di questi mesi sulla possibilità di istituire una nuova misura di contrasto alla povertà che di fatto accantoni il Rei e sperimenti il Reddito di cittadinanza pone anche il Tavolo regionale dell’Alleanza, nonostante l’incertezza ancora in atto, nelle condizioni di esprimere alcune considerazioni chiedendo ai rappresentanti veneti di valutarle attentamente per farle proprie in sede di confronto a livello nazionale.
Innanzitutto ci pare necessario ribadire l’urgenza di compiere scelte decisive per la lotta alla povertà in Italia con uno strumento che – stante la limitatezza delle risorse disponibili - raggiunga prioritariamente le persone in stato di povertà assoluta, che lo faccia con un contributo economico adeguato e che metta i territori nelle condizioni di realizzare i percorsi di inclusione sociale (pensati e rivolti all’intero nucleo familiare) e lavorativa migliori possibili. Questo è il tema, non il nome della misura, comunque la si voglia chiamare.
Ben consapevoli che lo spettro della povertà relativa attanaglia molte famiglie anche del nostro territorio, crediamo che la priorità debba essere il sostegno a chi vive la povertà vera e propria (quella assoluta). Affrontare questo – costruendo insieme le condizioni affinché le persone possano uscirne - costituisce una finalità ben diversa rispetto all’evitare che vi precipiti chi, pur correndo il rischio, si trova comunque sopra la soglia di indigenza. E sovrapporre i due target rischia di non dare risposte soddisfacenti a nessuno, anzi essere fonte di fraintendimento e incomprensione.
Riconosciamo i limiti attuali del Reddito di Inclusione la cui introduzione nel dicembre 2017 ha comunque rappresentato un risultato di grande portata dopo decenni di disinteresse della politica e di mancanza di una legislazione complessiva nei confronti di chi sta peggio. Purtroppo, per ora, il Rei raggiunge solo una quota della popolazione in povertà, i contributi economici erogati sono troppo bassi e le modalità di funzionamento previste a livello locale presentano varie criticità. Tuttavia i dati usciti questi giorni dicono che nel periodo gennaio-agosto 2018 in regione Veneto le persone coinvolte dal Rei sono state 23.305 (8.526 nuclei familiari).
Esso, comunque, ci pare un punto di partenza per poter immaginare con ambizione un nuovo welfare che non lasci indietro nessuno. Tra i punti di forza che sottolineiamo vi è, senza dubbio, il cuore di questa misura, e cioè l’approccio multidisciplinare (non riconducibile esclusivamente alla mancanza di lavoro ma anche ad una varietà di condizioni: abitative, relazionali, legate alla presenza in famiglia di figli o componenti fragili…), che tende ad una prospettiva di promozione della persona nella sua interezza e che solo un approccio che consideri la persona stessa nella sua complessità con una visione a 360 gradi, come i servizi sociali dei Comune con le loro competenze può realizzare.
L’attuazione del Rei è in corso da meno di un anno. Si tratta di una riforma ambiziosa in un settore, le politiche contro la povertà, sinora poco sviluppato. Poiché novità di tale portata richiedono periodi ben più lunghi per produrre risultati soddisfacenti non stupisce che la sua traduzione in pratica stia risultando piuttosto complessa per i soggetti del welfare locale coinvolti. Il sistema però –pur con i correttivi e le revisioni di cui abbisogna - ha bisogno di stabilità e chiunque conosce le fatiche che si
stanno affrontando nei territori sa che modificare strutturalmente l’impianto del REI significherebbe assestare un colpo fatale alla possibilità di costruire adeguate politiche contro la povertà in Italia.
Da quanto apprendiamo dal dibattito in corso, il Reddito di cittadinanza sposta sui Centri per l’impiego lo strumento da offrire a chi deve risollevarsi da una situazione di disagio, assicurando un contributo economico per il tempo della ricerca di lavoro. Il potenziamento dei percorsi di inclusione lavorativa resta un obiettivo primario: il lavoro è elemento essenziale nel contrasto alla povertà, tuttavia non possiamo ingenuamente pensare che soprattutto chi vive forme di marginalità sociale importante, possa risolvere la propria condizione solo attraverso una proposta di occupazione (che dovrebbe poi riuscire a mantenere, permettergli la fuoriuscita dall’isolamento e più in generale, da sola, rispondere ad una varietà di condizioni complesse in cui si trova la persona). Certamente, questo strumento può andare incontro ad alcune – non molte, non tutte - fasce di popolazione che vivono la povertà relativa (senza considerare che i dati ci dicono che in Veneto il 13% dei minori vivono in povertà e anche a loro occorre offrire una concreta possibilità per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale); bisognerebbe però porre i Cpi nelle condizioni migliori per perseguirlo. Svolgere anche la funzione di coordinamento invece assorbirebbe ai Centri una grande mole di risorse ed energie, inevitabilmente distolte da questo obiettivo. Inoltre è sempre più necessario, ed urgente, un coordinamento tra le diverse misure per evitare il loro sovrapporsi.
Sigle a parte, ciò che chiediamo di valutare è di partire dall’attuale Reddito di Inclusione (che raggiunge all’incirca 2,5 milioni di persone in povertà assoluta sui 5 milioni che vivono in questa condizione nel nostro Paese e lo fa con un contributo economico ancora troppo basso) per arrivare a una misura che raggiunga tutti i poveri (5 milioni) con un contributo economico più rilevante.
Riteniamo infine, che la specificità veneta in materia di formazione e politiche del lavoro, di sperimentazioni di strumenti innovativi come ad esempio il Ria (Reddito di inclusione attiva) e da ultimo il piano regionale per il contrasto alla povertà, rappresentino davvero strade importanti da non cestinare, perché hanno saputo tenere insieme la complessità e scrivere pagine di sviluppo del territorio, esperienze da rafforzare e mantenere vive.