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Invasione russa in Ucraina: gli accordi di Minsk sono definitivamente sepolti

Errori e ragioni del conflitto. Un excursus storico per capire le origini della crisi e cosa sta accadendo nella regione a poche ore dall'invasione, avvenuta nella notte tra il 23 e il 24 febbraio

Sale ancora la tensione tra Russia e Ucraina. Bombe, suono delle sirene, civili in fuga, chiamata alle armi, corsi di sopravvivenza: l'invasione è iniziata.

Accanto a questo, nei giorni scorsi, il riconoscimento russo dell’indipendenza della regione Donbass, preludio di un’annessione, come avvenuto per la Crimea nel 2014. Mentre a Monaco, con l’assenza dei diplomatici russi, si è tenuta, nello scorso fine settimana, l’annuale Conferenza sulla sicurezza con al centro la crisi ucraina, Mosca si apprestava ad ammassare le truppe al confine.

La partita a scacchi in diretta. Putin lunedì sera ha annunciato alla Nazione il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate (filorusse) Repubbliche di Donetsk e Lugansk, nel Donbass. Dopo un lungo excursus storico, ha puntato il dito contro l’ingratitudine di Kiev, che guarda verso l’Europa seppure rappresenti il cuore della storia russa e ha spiegato di non poter abbandonare al proprio destino i milioni di russi che vivono al confine orientale. Il timore dell’Occidente è che Putin non si accontenti del Donbass, ma voglia occupare l’Ucraina fino al fiume Dnepr.

Per capire le origini della crisi tra Russia e Ucraina bisogna fare un passo indietro, almeno fino al 2013, quando scoppiarono violente proteste. Dalla sua indipendenza la Nazione ha sempre oscillato tra la vicinanza all’Occidente e quella alla Russia, con una divisione forte anche nella popolazione. L’insurrezione del Donbass, sostenuta da Mosca, è iniziata nel febbraio 2014 e ha fatto già almeno 14 mila vittime. Fu allora che in Crimea, abitata prevalentemente da russofoni e strategica dal punto di vista geopolitico per la Russia, un gruppo di ribelli insorse e proclamò l’indipendenza chiedendo l’annessione alla Russia, che Mosca immediatamente riconobbe e che però non fu mai accettata da Kiev. Un’altra insurrezione armata esplose ad aprile 2014 nel cuore industriale orientale del Paese, il Donbass, scatenando una guerra civile ancora in corso nelle province di Donetsk e Lugansk.
All’inizio del 2015 gli accordi di Minsk stabilirono la fine dei combattimenti e il ritorno all’Ucraina delle regioni ribelli, in cambio di più autonomia. Ma benché fossero stati firmati sia dal Governo ucraino sia da quello russo, gli accordi non sono mai stati davvero rispettati. Il Donbass si è così trasformato in una zona di guerra. L’invasione della Crimea nei fatti è stata accettata dai Paesi occidentali. Putin martedì ha dichiarato che “gli accordi di Minsk non esistono più avendo Mosca riconosciuto come indipendente un territorio molto più vasto di quello occupato, dal 2014, dalle Repubbliche popolari”.

Per il Governo di Kiev recuperare il Donbass diventa ora impossibile. Farlo per via militare vorrebbe dire rischiare una guerra con la Russia.
Le mosse dell’Occidente. In questi primi giorni successivi all’ingresso delle truppe russe nei territori dell’Ucraina orientale, gli Stati Uniti e l’Europa si stanno mostrando incerti su come rispondere. L’incertezza riguarda le ritorsioni. L’Europa è più interessata ai suoi interessi economici che ai principi di autodeterminazione del popolo ucraino. Basti pensare alle cifre dello scambio Ue-Russia che nel 2020 ha rappresentato un terzo del suo commercio con il mondo, ma anche ai maggiori costi che la recente escalation ha determinato nel mercato del gas, del petrolio, del grano e dell’acciaio, a vantaggio della Russia.

Le ragioni della Russia. Mosca è da sempre interessata a mantenere un’influenza nel Paese. Si aggiunga, inoltre, che il Cremlino vuole impedire un’adesione alla Nato che di fatto significherebbe che gran parte del confine occidentale della Russia sarebbe presidiato dall'Alleanza Atlantica. Putin non può permettere che lo faccia anche Kiev (che ha più volte espresso questa volontà).

Al di là degli sforzi diplomatici dell’Europa per garantire sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina, appare sempre più evidente come, anche questa volta, l’odore dei soldi stia sopraffacendo quello acre dei mortai e le prove muscolari del Cremlino stiano creando la nuova rotta migratoria di profughi dall’Ucraina.

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