venerdì, 18 aprile 2025
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Myanmar: dopo il terremoto e la guerra che continua, anche le piogge

L’appello del cardinale Bo: “Sostegno per rinascere”

Non bastasse il terremoto del 28 marzo scorso, in un Paese dilaniato dalla guerra civile, sono arrivate, inaspettate, nei giorni scorsi, piogge torrenziali che hanno aggravato sulla situazione estremamente pesante in cui vivono decine di migliaia di persone rimaste senza casa. La stagione dei monsoni non è ancora arrivata, ma i cambiamenti climatici non risparmiamo nemmeno il Myanmar.

La situazione è catastrofica. Ci sono decine di migliaia di persone che hanno ancora un urgente bisogno di assistenza umanitaria. La gente, in particolar modo i bambini, dormono per strada esponendo le persone a ulteriori situazioni di sofferenza.

Il bilancio ufficiale, e provvisorio, dei morti è arrivato a quattromila. Per capire meglio quanto sta accadendo abbiamo intervistato il cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Myanmar, il quale ha affermato che la popolazione del Paese asiatico “ha bisogno di un sostegno per rinascere”.

Cardinale Bo, qual è la situazione a quasi tre settimane dal sisma?

Il contesto del nostro popolo è una successione di stazioni della Via crucis. Dal Covid al colpo di Stato, dal conflitto al collasso economico, fino alle molteplici crisi simultanee. Milioni di persone sono sfollate, migliaia sono senza casa e la nostra gente continua a dormire a cielo aperto. Questo terremoto è arrivato in un momento orribile di sofferenza per il nostro popolo. Ci sono più di cinque mutilanti patologie sociali preesistenti, che gravano sul nostro popolo, come la guerra civile, lo sfollamento e la fuga dei nostri giovani. Questo terremoto ha avuto un impatto sulla vita di circa 20 milioni di persone. Abbiamo bisogno di un enorme sostegno, di un solido cessate il fuoco e della collaborazione di tutte le persone, per risorgere. Il nostro popolo deve uscire dalla tomba della disperazione per risorgere nella speranza.

All’indomani del terremoto, lei ha lanciato un appello “urgente” al cessate il fuoco per “facilitare senza impedimenti l’assistenza umanitaria”. Quali reazioni ha avuto dal Governo?

Fortunatamente, il cessate il fuoco è stato dichiarato da tutte le parti antagoniste. Ma è solo per un breve periodo. Continuiamo a implorare tutti: date una possibilità alla pace! Il nostro popolo ha subito un duro colpo, una ferita viscerale, a causa di disastri causati dall’uomo e da quelli naturali. Dategli un momento per respirare. La nostra gente ha sofferto molto. La pace è possibile e la pace è l’unica via. Decenni di guerra hanno prodotto fiumi di lacrime, spezzando la volontà del nostro popolo. È ora che tutti gettino le armi, tengano in mano un vassoio di medicine e si rechino nelle comunità per curare.

La gente sta scavando tra le macerie, mentre proseguono le scosse di assestamento. I militari stanno aiutando la gente o nel caos hanno paura di perdere il potere?

Sì, inizialmente ci sono state molte sfide! Il lavoro encomiabile dei vari Stati e delle ong, con la loro professionalità, hanno portato conforto alla nostra gente. Le autorità del Myanmar si sono dimostrate abbastanza generose da permettere ai soccorritori stranieri di aiutare la nostra gente. Molti, sotto le macerie, sono stati salvati grazie alla loro professionalità.

La macchina degli aiuti umanitari internazionali si è già attivata. Ha riscontri?

Almeno 18 Paesi hanno portato, finora, un generoso sostegno. Il mondo conosce le lacrime del nostro popolo, e ci ha offerto un sostegno concreto e immediato. I Governi indiano e cinese hanno inviato ingenti rifornimenti e risorse umane. Altri hanno contribuito con fondi e materiali di soccorso. Le iniziali preoccupazioni per la sopravvivenza si sono attenuate.

Nei prossimi mesi il Paese verrà attraversato anche dai monsoni. Il riparo per la gente diventa priorità assoluta?

Sì. È una prospettiva spaventosa. Le persone non hanno ancora abbastanza coraggio per entrare nelle loro case distrutte dal terremoto. Le scosse continuano. Quindi, sono per strada, a dormire e a vivere. I rifugi temporanei forniti dai paesi donatori hanno aiutato alcuni. Ricostruire le loro case richiede tempo, poiché il terremoto non si è placato. Le scosse occasionali continuano. Eppure, la fase successiva, quella di fornire materiali per i rifugi, prevede la fornitura di tende ai lati delle strade.

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