Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Nagorno-Karabakh: dal Caucaso nuovi segnali di guerra, appello del Papa
L’Azerbaigian ha lanciato martedì 19 settembre un’azione militare nella regione del Nagorno-Karabakh, all’indomani dell’ingresso di aiuti umanitari, sia dal corridoio di Lachin che dalla strada di Aghdam. Inoltre, si stanno avviando a conclusione delle esercitazioni militari congiunte tra Stati Uniti e Armenia, che la Russia ritiene “ostili” da parte del suo vicino e alleato di lunga data. Un passo che potrebbe presagire una nuova guerra nell’area instabile, ma che Baku (capitale dell’Azerbaigian) ritiene necessario per ripristinare l’ordine costituzionale e cacciare le formazioni militari armene.
Il Karabakh è riconosciuto a livello internazionale come territorio azerbaigiano, ma una parte di esso è gestita dalle autorità separatiste di etnia armena, che affermano che l’area è la loro patria ancestrale. E’ stato al centro di due guerre - l’ultima nel 2020 - dalla caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991.
Il protrarsi dei combattimenti potrebbe alterare l’equilibrio geopolitico nella regione del Caucaso meridionale, attraversata da oleodotti e gasdotti, e dove la Russia - pur impegnata dalla guerra in Ucraina - sta cercando di preservare la propria influenza di fronte al maggiore interesse della Turchia, che sostiene l’Azerbaigian, e si mostra sempre più frustrata dall’inclinazione di Yerevan (capitale dell’Armenia) verso l’Occidente.
L’Armenia, pur affermando che le sue forze armate non sono in Karabakh e che la situazione al confine con l’Azerbaigian è stabile, ha chiesto ai membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di aiutare a disinnescare le tensioni con Baku e alle forze di pace russe sul campo di intervenire. Da registrare l’appello di papa Francesco, all’udienza di mercoledì scorso: “Rivolgo il mio appello ancora a tutte le parti in causa e alla comunità internazionale affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana”.