Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Referendum: un risultato annunciato
In molti, forse, c’è stata anche la preoccupazione di non indebolire ulteriormente il Governo in questo momento critico per l’economia e la salute del Paese. Di sicuro, non pochi elettori avranno pensato che se si fosse dovuta attendere una riforma costituzionale più ampia e organica, non ne saremmo mai venuti a capo. Come si dice, hanno pensato che era meglio accontentarsi dell’uovo oggi, sperando che questa piccola modifica potesse smuovere le acque e, in un futuro non troppo lontano, si potesse arrivare ad avere anche la gallina.
Alla fine, la maggioranza degli italiani ha deciso di confermare la legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, approvata l’anno scorso con maggioranza assoluta da entrambi i rami del Parlamento, ma sottoposta a conferma referendaria su richiesta di una settantina di senatori.
Un risultato del genere non sembrava così scontato, perché nei mesi scorsi è andata crescendo la schiera di politici, intellettuali e costituzionalisti, ma anche di semplici cittadini, che invitavano a votare contro una “micro riforma” voluta tenacemente dai 5Stelle per puri motivi demagogici la quale, pur comportando un risparmio (assai modesto) dei costi generali della politica, non avrebbe tuttavia risolto il dibattuto problema della farraginosità e pesantezza del nostro bicameralismo paritario (entrambi i rami del Parlamento fanno le stesse cose e approvano tutte le leggi) che Matteo Renzi aveva cercato di risolvere nella “sua” più ampia riforma costituzionale, bocciata sonoramente dal referendum del 2016.
Riteniamo che la maggioranza di coloro che si sono recati alle urne abbia votato per il “Si”, convertendosi magari all’ultimo momento e, come si dice, “tappandosi il naso” (perché riluttanti a portare polvere ai fuochi pirotecnici dei 5Stelle), per motivi assai diversi: primo fra tutti, forse, quel certo rispetto per un Parlamento che aveva già ampiamente approvato tale riforma, in doppia lettura, con i voti di maggioranza e opposizione.
In molti, forse, c’è stata anche la preoccupazione di non indebolire ulteriormente il Governo in questo momento critico per l’economia e la salute del Paese. Di sicuro, non pochi elettori avranno pensato che se si fosse dovuta attendere una riforma costituzionale più ampia e organica, non ne saremmo mai venuti a capo. Come si dice, hanno pensato che era meglio accontentarsi dell’uovo oggi, sperando che questa piccola modifica potesse smuovere le acque e, in un futuro non troppo lontano, si potesse arrivare ad avere anche la gallina. In ogni caso è chiaro che permane nella gente una certa riluttanza a modificare una Carta Costituzionale che, nonostante i limiti e l’età (è del 1946), è rimasta pur sempre in questi oltre 70 anni, un saldo baluardo della vita democratica del nostro Paese e di una sostanziale pace sociale.
Una nuova legge elettorale
Certamente questo taglio dei parlamentari che, detto per inciso, è più una sforbiciata che una rivoluzione, come invece vorrebbero far passare baldanzosi i 5Stelle, innesca almeno due nuovi problemi.
Anzitutto la necessità di una nuova legge elettorale (con il ridisegno dei collegi elettorali), che probabilmente sarà di tipo proporzionale con soglia di sbarramento, che garantisca, però, un’effettiva rappresentanza parlamentare anche alle regioni più piccole e consenta la scelta effettiva dei rappresentanti da parte degli elettori. E non solamente, come spesso accade ora, una conferma di candidati “nominati” dai partiti, con liste bloccate. Bisogna dire che quanti hanno fin dall’inizio inneggiato al sistema maggioritario introdotto nel 1993, perché avrebbe garantito la governabilità da parte della coalizione uscita vincente dalle elezioni, si sono ben presto resi conto che, in mancanza di adeguati contrappesi (pensiamo a una vera legge sul conflitto di interessi), la nuova maggioranza avrebbe potuto, per una intera legislatura, fare e disfare leggi e regolamenti a suo piacimento, così come è avvenuto puntualmente con certe leggi ad personam volute da qualche leader o lobby economico-finanziaria.
In ogni caso, il numero ridotto di deputati e senatori dovrebbe indurre i partiti a una maggiore responsabilità istituzionale, proponendo come candidati uomini e donne seri, qualificati e competenti, evitando di mandare a occupare inutilmente seggi in Parlamento a sodali, amici, amanti e, dio non voglia, compagni di merende.
Il funzionamento delle Camere
L’altro problema che le due Camere dovranno affrontare saranno i regolamenti, lo snellimento delle procedure e la riorganizzazione delle varie Commissioni parlamentari, altrimenti tutto il meccanismo democratico rischia di incepparsi a causa della contrazione numerica dei deputati e ancor più dei senatori, dei veti, delle uscite strategiche dalle aule, delle ripicche e dei cambi di partito di alcuni parlamentari.
Ad ogni modo, sia per il risultato del referendum, sia per la sostanziale parità tra maggioranza e opposizione nelle elezioni regionali (3 a 3), il Governo potrà respirare e presumere anche di poter arrivare alla fine della legislatura. Quello che era stato annunciato dai sondaggi e dai media come un diluvio per il Governo e i partiti che lo sostengono, si è rivelato infondato. Probabilmente l’elettorato è saggio e libero dai partiti e dai vari influencer, più di quanto si pensi.