La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....
Santità: una via ancora praticabile
Forse, una certa formazione spirituale ricevuta, ci ha portati a ritenere la santità qualcosa di riservato a pochi eletti, capaci di percorrere sentieri impervi difficilmente praticabili da noi comuni mortali. Eppure la santità si raggiunge percorrendo qualunque via nella quale il Signore ci ha posti a vivere.
La celebrazione di tutti i santi ci ricorda che la vocazione di ogni cristiano è la santità, ossia la via della perfezione evangelica attraverso la carità. In quanto battezzati noi siamo già costituiti per grazia “santi”, ma questo dono assolutamente gratuito di Dio dobbiamo custodirlo e accrescerlo ogni giorno attraverso il buon esercizio delle virtù e la fedeltà al vangelo. In questo senso tutta la vita cristiana è “risposta” ad una chiamata e ad un dono. Senza tale risposta, fatta tante volte di sacrificio e determinazione, il dono può rimanere inoperoso, persino essere vanificato e noi possiamo ricadere e rimanere nei nostri peccati. A dire il vero, assieme alla volontà e al sacrificio, la risposta al dono di grazia ha bisogno sempre di essere accompagnata dall’amore per Dio e per il prossimo, perché senza amore tutto diventa freddo, difficile e persino impraticabile.
San Paolo esprime questa chiamata alla santità con parole molto forti, facendola rientrare nel grande progetto di Dio: “In lui (Cristo) Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). Addirittura chiama i cristiani di Efeso “santi”: “Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo”.
Di fronte a queste parole si può rimanere smarriti perché, seppur coscienti che nel battesimo siamo rivestiti della santità di Dio, tuttavia siamo altrettanto coscienti che restiamo abitati dal peccato e da mille fragilità e debolezze che ci portano tante volte a sentirci lontani mille miglia dallo stato di santità.
Una via ordinaria
Forse, una certa formazione spirituale ricevuta, ci ha portati a ritenere la santità qualcosa di riservato a pochi eletti, capaci di percorrere sentieri impervi difficilmente praticabili da noi comuni mortali. Eppure la santità si raggiunge percorrendo qualunque via nella quale il Signore ci ha posti a vivere: quella del lavoro, del matrimonio, del tempo libero, quella soprattutto della sofferenza e della croce. Qualche giorno fa abbiamo ricordato santa Maria Bertilla la quale, cosciente della sua pochezza, scriveva: “Certe anime sono privilegiate, ma io vado per la via dei carri”, aggiungendo che si impegnava ad amare Dio e le consorelle sopra ogni cosa e stimando chiunque più importante di se stessa. Ecco, per molti di noi, che non si sentono certo privilegiati spiritualmente, molto poveri di volontà e troppo inclini al peccato, è possibile diventare santi percorrendo la nostra personale “via dei carri”. Alcune canonizzazioni fatte in questi ultimi anni ci propongono all’imitazione persone semplici, di ogni età e razza, che proprio nelle ordinarie condizioni di vita hanno saputo vivere il mistero della carità e per questo sono diventate sante.
Non perdere un patrimonio
La imminente festa di Tutti i santi ci ripropone ancora una volta quale strada è più conveniente e produttivo percorrere nella vita. A noi che oggi, come ieri, siamo tentati dal successo, dall’essere riconosciuti e considerati dagli altri e che su questo investiamo tempo ed energie, viene ricordato che tutto, seppur importante, è anche al tempo stesso vanità, e che l’unica cosa che alla fine di una vita conta davvero è l’aver cercato di vivere la perfezione e la riuscita attraverso la carità e la misericordia.
Purtroppo, la mentalità e la cultura non ci sono di grande aiuto. Non solo perché ci indicano altre strade per “riuscire” nella vita, ma anche perché lentamente svuotano le nostre feste rimpiazzandole con culti e ricorrenze che non c’entrano niente con la tradizione cristiana, come avviene in questi giorni. Se si chiede ai nostri ragazzi perché martedì 1° novembre è festa e si rimane a casa da scuola, molti ormai rispondono perché c’è halloween.
Forse bisognerà, come educatori e comunità cristiane, imparare di nuovo a non cedere alle mode e a non lasciarci espropriare delle nostre feste e tradizioni. Non dobbiamo perdere un patrimonio così alto di fede che è anche una vera scuola di vita.