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Editoriale: Con mons. Marangon la sapienza ha trovato una casa

Non è esagerato dire che nel cuore e nell’intelligenza di don Antonio, la sapienza ha trovato una dimora e la parola di Dio ali vigorose per volare e diffondersi

15/06/2023

Non è esagerato dire che nel cuore e nell’intelligenza di don Antonio Marangon, la sapienza ha trovato una dimora e la parola di Dio ali vigorose per volare e diffondersi.
Sappiamo che quello della sapienza è un dono dello Spirito che ognuno deve cercare e invocare. Come ebbe a dire papa Francesco in una sua catechesi, non si tratta semplicemente della saggezza umana, che è frutto della conoscenza e dell’esperienza. La sapienza è la grazia di poter vedere ogni cosa, il mondo, le situazioni, le congiunture, i problemi, con gli occhi di Dio. Nella Bibbia si racconta che Salomone, nel momento della sua incoronazione a re d’Israele, non abbia chiesto a Dio né ricchezze né di vivere a lungo, né la vittoria sui nemici, ma solamente il dono della sapienza o del discernimento, in modo da poter guidare con saggezza e giustizia il popolo.
Per questo la sapienza va sempre cercata e invocata, certi che, come scrive l’apostolo Giacomo: “Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data” (1,5).
A me sembra che questa sapienza, che don Antonio ha sempre cercato, si sia inverata tanto nelle relazioni che egli intratteneva con le persone, quanto nel suo insegnamento delle Scritture.

Relazioni fraterne
Anzitutto gli ha consentito di coltivare e ampliare relazioni fraterne e profonde, soprattutto verso tanti confratelli che stavano vivendo una qualche difficoltà o avevano lasciato il ministero o stavano pagando un alto prezzo per il vangelo e che, pertanto, avevano bisogno non di parole di circostanza o di puro incoraggiamento, ma di vicinanza e di consigli saggi e sapienti, in grado di penetrare nel cuore e ristorarlo. Proprio per questo suo dono, molte generazioni di preti e di laici, si sono sentiti da lui interpretati, sostenuti e, soprattutto, amati da un padre.
Personalmente gli sono debitore per avermi intercettato, quasi per caso, a Santa Maria in Colle, mentre girovagavo in cerca di una qualche soluzione al mio desiderio di diventare prete. Pur senza conoscermi, mi ha introdotto in seminario e accompagnato per qualche anno. Da allora è andato crescendo tra noi un rapporto fraterno di stima e di affetto, spesso reciprocamente cercato. Negli anni più recenti, in cui mi ero trasferito in Seminario, mi avvicinava spesso per scambiare, magari sommessamente, parole di condivisione e di valutazione, su alcuni temi cari a entrambi come quelli del divenire della fede oggi, della laicità, del rapporto Chiesa - mondo, ecc.

Scrutare con sapienza le Scritture
Don Antonio, però, come ha evidenziato il vescovo nell’omelia tenuta al funerale, è stato anche e soprattutto, l’uomo che ha insegnato a generazioni di seminaristi, di presbiteri, di religiosi e di laici a scrutare e leggere le Scritture con uno sguardo sapienziale. Ha cercato di far capire l’importanza di leggere, meditare e pregare con frequenza la Bibbia perché, come affermava san Gregorio Magno, essa “cum legentibus crescit”, ossia cresce con coloro che la leggono, nel senso che esprime significati sempre nuovi a seconda delle domande che l’uomo porta in cuore nel leggerla, delle mutevoli situazioni cui è sottoposta la sua vita e delle provocazioni che gli provengono dalla società e dalla cultura in cui vive.
Nel suo insegnamento e nelle sue tante meditazioni, don Antonio aveva come riferimento alcune chiavi di lettura che non lesinava mai nell’indicare agli ascoltatori: il tema del primato di Dio, quello della dimensione testimoniale e sacrificale della fede, quello della storicità di Cristo e, infine, quello della teologia e della Scrittura come luoghi per crescere non solo nelle conoscenze, ma soprattutto nella vita teologale.

I segni dei tempi
Mi permetto, però, di segnalare un ultimo aspetto, forse meno evidente ed esplicitato dei precedenti, ma molto congeniale alla sensibilità spirituale e “politica” di don Antonio. Una lettura continua e sapienziale delle Scritture aiuta a cogliere anche i segni dei tempi, ossia quei fatti, quegli avvenimenti della storia, quelle aspirazioni e aneliti degli uomini attraverso i quali Dio intende rivolgerci un qualche appello e invitarci ad assumere una qualche responsabilità. Ci aiuta a non estraniarci mai dalla storia, per rinchiuderci in uno spiritualismo e in un “biblicismo” disincarnati, a volte impenetrabili, non solo alla voce degli uomini, ma anche alla stessa voce di Dio. Papa Giovanni XXIII scriveva che il Signore non ha mai abbandonato gli uomini da lui redenti e che “Seguendo gli ammonimenti di Cristo che ci esorta ad interpretare i segni dei tempi (Mt 16,3), fra tanta tenebrosa caligine noi scorgiamo non pochi indizi che sembrano offrire auspici di un’epoca migliore per la Chiesa e per l’umanità”.
E’ questa coscienza magnanima e sapiente che ci consente di vedere ogni cosa con gli occhi e la benevolenza di Dio e, quindi, a maturare atteggiamenti di speranza e di simpatia verso il mondo e la storia degli uomini.

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