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Revisione delle rendite catastali: tutti in ordine sparso

Si parla da molti anni di mettere mano al Catasto, ma nessuno si mette all’opera, nonostante le anomalie e i diversi approcci tra gli Enti.. Tecnicamente, l’operazione è però possibile. La casa torna al centro del dibattito politico, dopo le dichiarazioni del ministro Giorgetti

Alla fine del confronto televisivo con Romano Prodi, prima delle elezioni del 2006, Silvio Berlusconi promise di eliminare la tassa sulla prima casa, allora chiamata Ici. Lo fece all’ultimo secondo, senza dar possibilità di replica. Prodi vinse al fotofinish quelle elezioni, caratterizzate, però, da un’imprevista rimonta del centrodestra. Da quel momento, in tutti i politici resta radicata la convinzione che chi tocca la tassa sulla casa muore, muore politicamente. Alla fine, l’Imu - così ora si chiama - sulla prima casa venne eliminata, tra le lacrime disperate dei Comuni.

La lunga storia della tassazione sulla casa non finì allora, perché resta sempre aperto il capitolo della rendita catastale degli immobili, che entra in gioco quando si deve fare la dichiarazione dei redditi, quando l’immobile passa di mano, quando si deve calcolare l’Imu o la Tasi, quando si deve versare l’imposta di registro, oppure nelle successioni e nelle donazioni.

In Veneto, il 77,7 per cento delle famiglie vive in una casa di proprietà, rispetto all’80,4 in Italia.

Tuttavia, dal 2012 si osserva un trend decrescente e una contestuale crescita di quelle in affitto: negli ultimi 15 anni, le famiglie in affitto sono aumentate del 53,5 per cento, mentre quelle in proprietà solo dello 0,5 (in Italia, rispettivamente +15,8 e +7,1 per cento).

In Veneto e in Italia, però, non sappiamo quante case esistano, come siano fatte esattamente e, soprattutto, quanto valgano. Gli Enti che si occupano di stabilire dove sono le case, di chi sono e quanto valgono, non riescono ad allearsi. Il risultato è che la rendita catastale, ovvero quel numero che moltiplicato per un preciso coefficiente stabilito per legge dà il valore della casa e, quindi, diventa base per ogni possibile intervento di tassazione, non è corretto, non è aggiornato e lontanissimo dalla realtà del mercato. E’ distante in entrambe le direzioni: molte rendite sono ben al di sotto del valore di mercato, altre, meno frequenti, sono ben al di sopra. Può tranquillamente accadere che una casa in centro storico a Venezia, ristrutturata e utilizzabile come affitto breve o transitorio, che comporta ottimi guadagni, abbia una rendita inferiore alla rendita di una casa in periferia, con pochi servizi e difficile da affittare.

Catasto e Comune, spesso, non hanno la medesima planimetria delle abitazioni, o meglio, non si capisce quale sia quella esatta: se quella depositata in Comune o quella in Catasto. Se, poi, andiamo indietro nel tempo, con gli immobili storici, la ricerca si fa complessa e si intreccia con lo studio di documenti antichi, di fine secolo scorso, o ancora più antichi.

Alla fine di questo labirinto di documenti e di responsabilità, mancano all’appello in Italia circa 2 milioni di edifici. Se, però, si includono anche gli immobili strumentali e quelli posseduti da società, il totale sale quasi a 4 milioni di unità.

La richiesta dell’Europa

Fra le riforme chieste ripetutamente all’Italia dall’Europa, c’è, appunto, la riforma degli estimi catastali, e dobbiamo ricordare che la liquidazione dei fondi Pnrr è legata al piano di riforme. Anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha rilanciato la revisione delle rendite catastali per gli immobili ristrutturati con il Superbonus e la caccia alle case fantasma.

La volontà del governo Meloni, però, resta, in generale, quella di Maurizio Leo, viceministro per l’Economia: “Se guardiamo ai Paesi Ue, in quasi nessun Paese c’è stato un aggiornamento dei valori immobiliari. I nostri valori catastali non meritano un’accelerazione nell’aggiornamento. In Austria, dal 1973 non sono stati fatti aggiornamenti dei valori catastali, in Belgio dal 1975 e in Francia dal 1970. Gli aggiornamenti dei nostri valori catastali risalgono al 1988-89. Non possiamo dire di essere la Cenerentola”.

La contropartita è un’evasione fiscale che ogni anno si traduce in una perdita di 5 miliardi di euro di Imu, un quinto della Finanziaria 2025, e per quanto riguarda le case fantasma si parla di 494 miliardi di valore non registrato.

Spulciando, poi, gli estimi e le statistiche, si colgono stranezze non indifferenti. Ad esempio, la città capoluogo dove l’abitazione di lusso ha l’Imu più alta è Grosseto, con 6.800 euro; Venezia arriva solo quarta, con un costo annuo di 5.700 euro, contro la media nazionale di 2.500 euro. Tra i capoluoghi meno cari troviamo Belluno, ma anche Trento e Bolzano. A sorpresa, troviamo Padova al terzo posto tra le città più care per quanto riguarda l’Imu della seconda casa, e al quinto Verona, con 1.400 euro. Un dato significativo è quello del rapporto Imu/Pil della regione. Qui il Veneto, con un rapporto al 6 per cento, si colloca all’ottavo posto, prima fra le regioni del Nord, mentre al 14° troviamo l’Emilia con il 5 per cento, e la Lombardia al 18°, con il 4.

Scendendo a livello provinciale, il costo dell’Imu della seconda casa a Treviso ha una media di 1.055 euro annui contro la media nazionale di 1.021; Venezia 1.186, Padova 1.769, Belluno 802, Verona 1.497, Vicenza 962, Rovigo 809. E’ evidente il rapporto tra demografia, peso economico della provincia e valore dell’Imu.

Presentando questa indagine, nel giugno 2024, Vera Buonomo, segretaria confederale Uil, ha dichiarato: “Il nostro rapporto sull’Imu per il 2024 mette in luce la necessità urgente di una riforma strutturale del Catasto, per garantire una tassazione più equa sugli immobili in Italia. La riforma deve essere realizzata con attenzione, tenendo conto delle specificità economiche delle diverse regioni, correggendo le disparità esistenti”.

La scelta è politica

A monte, però, ci sono delle scelte politiche. La prima e più importante è quella di fare la riforma, con i rischi connessi a un possibile aumento della tassazione. La seconda è decidere se far leva sui metri quadri di un immobile o sui vani dell’immobile. Infine, quale deve essere la valutazione rispetto al territorio in cui si trova l’immobile e chi deve decidere questo peso: i Comuni o lo Stato?

Dal punto di vista tecnico, poi, sembra che non ci sia niente di difficile nell’individuare le case fantasma. Il semplice utilizzo di Google Earth potrebbe portare alla loro individuazione. C’è anche uno strumento raffinatissimo, si chiama “Catasto 3D”. Fornisce una rappresentazione dinamica e multidimensionale del territorio. E’ un potente strumento di controllo, perché permette una verifica diretta tra ciò che risulta dagli archivi (fiscali, catastali, anagrafici, ecc.) e ciò che viene rilevato dall’osservazione della realtà. In questo spazio virtuale, gli uffici tecnici possono navigare in un ambiente simulato della città, analizzando in tempo reale le variazioni del paesaggio urbano. Semplice dunque; come sempre tocca ai politici decidere di aprire gli occhi e controllare fino in fondo.

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