Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Umberto Eco e l'amicizia con i trevigiani della Gioventù di Azione cattolica
Il presidente della Fondazione Cassamarca Dino De Poli visse con il grande scrittore morto nei giorni scorsi un’esaltante esperienza nella Gioventù Cattolica (Giac), a livello centrale. Ne sono testimonianza molte lettere.
Saggista e scrittore polivalente, semiologo e romanziere, Umberto Eco è stato sepolto martedì 23 febbraio a Milano, con funerale civile. Anche se poco nota ai media e soprattutto all’opinione pubblica, è invece conosciuta ai protagonisti del tempo e agli storici l’origine del suo impegno intellettuale tra le fila dell’Azione cattolica italiana.
In particolare, Mario Da Milano ha dedicato a quella vicenda un intero capitolo, «Eco e i suoi fratelli», nel volume “Democristiani immaginari. Tutto quello che c’è da sapere sulla Balena bianca”, uscito con la prefazione di Giampaolo Pansa (Vallecchi, Firenze 2006).
Alcuni Trevigiani conoscono meglio di altri le origini cattoliche dell’intellettuale Eco. Tra di loro vi è un testimone diretto, Dino De Poli, il presidente della Fondazione Cassamarca; altri che vissero quella stagione sono già trapassati.
De Poli visse con Umberto Eco un’esaltante esperienza nella Gioventù Cattolica (Giac), a livello centrale. Quando alla fine del 1952 il giovane trevigiano fu chiamato a Roma, a ricoprire l’incarico di vice Delegato e poi di Delegato Centrale Studenti, ebbe come suo stretto collaboratore e come suo vice proprio Umberto Eco. Con lui ha avuto per un anno e mezzo una stretta comunanza di vita, al punto da condividere la stanza di abitazione e tante cene in una trattoria vicino a piazza Colonna.
La Gioventù cattolica italiana visse fino alla metà degli anni ’50 una stagione spirituale e culturale di forte rinnovamento, improntata dal nuovo presidente Mario Rossi, sulla scia dell’impostazione di pensiero già delineata dal grande e sant’uomo Carlo Carretto, il quale aveva dovuto però dimettersi, per forti contrasti con il presidente generale Luigi Gedda e con i cardinali preposti all’Ac Ottaviani, Pizzardo e Piazza.
Mario Rossi aveva individuato le migliori energie esistenti nelle varie diocesi e le portò al Centro nazionale. I protagonisti di quella stagione di apertura preconciliare, in anni ancora lontani dal Concilio, furono in gran parte dei giovani che diventarono poi celebri nel Paese e nel mondo, come appunto Umberto Eco, il docente e politico Toni Negri, il filosofo Armando Rigobello, il veneziano Wladimiro Dorigo, l’illustre farmacologo Silvio Garattini, il medico Pietro Pfanner, il filosofo Gianni Vattimo, il giornalista Rai Furio Colombo, il futuro capo del Governo Emilio Colombo, il ministro Enzo Scotti, oltre a personalità dalla speciale dimensione spirituale e umana come Enrico Dossi, Aldo Notorio, Michele Lacalamita, Gian Franco Martini, Luciano Tavazza, Gianni Zanini, Vittorio Incisa, Emmanuele Milano, Giacomo Cesaro, Ernesto Talentino, Giorgio Grigolli, Spartaco Mazzieri, Gian Carlo Zizola e molti altri.
Anche se ora diversi dei nomi qui ricordati potranno dire poco ai contemporanei, tranne alcune personalità entrate nella storia d’Italia e altre ancora viventi (pensiamo ad esempio a Vattimo, Rigobello, Negri, Garattini o Furio Colombo), tutti rientrano in quella compagine di anime e di teste che, con profondità di pensiero e qualità esistenziali, sono stati nella loro vita adulta dei protagonisti nella vita sociale, politica, intellettuale, diventando delle personalità riconosciute nella vita del Paese.
Delle vicende della Giac degli anni ’50 furono coprotagonisti a livello diocesano e veneto, ma in contatto con i vertici romani e con lo stesso Umberto Eco, anche i trevigiani Antonio Mazzarolli e Bepi Marton, entrambi già scomparsi. Nei loro archivi personali, ora disponibili alla consultazione presso gli Archivi Contemporanei di Storia Politica (Fondazione Cassamarca, a Ca’ Tron di Roncade), rimangono importanti tracce documentarie di quelle relazioni.
Nell’ottica dei rapporti di Umberto Eco con i Trevigiani, è stata pubblicata anni fa una lettera che Antonio Mazzarolli scrisse il 10 maggio 1954 a Piero Ferrero, a commento di un messaggio molto critico inviatogli dall’Assistente mons. Federico Sargolini; in essa Mazzarolli suggeriva di avere cura d’evitare le speculazioni della stampa e di raccomandarlo esplicitamente anche a Umberto Eco. Ne conosceva la straripante personalità.
Ricordando e ricostruendo analiticamente quei tempi, Giuseppe Marton nel suo volume di storia e memorie intitolato “Scribovobis”, evidenziava come nel gruppo dirigente romano non vi fosse omogeneità, se non di tendenza e soprattutto per la comune battaglia contro la politica di Gedda e della destra cattolica, portando a supporto della sua valutazione una frase detta da Umberto Eco a Enzo Scotti, in occasione di un seminario organizzato a Bologna nel marzo del 2003 per iniziativa dello stesso Eco e di Toni Negri: «Ti rendi conto che un terzo di noi [ex Giac] è al governo, un terzo è fatto di cani sciolti ed un terzo è finito in galera?». Eco voleva dire che l’eterogeneità di quel gruppo si era poi ulteriormente divaricata in percorsi esistenziali ancor di più diversificati.
Ciò non significa che tra i protagonisti della gioventù cattolica dei tempi di papa Pacelli si siano poi interrotte del tutto le relazioni. Uno degli ultimi contatti tra De Poli ed Eco si registra in una corrispondenza epistolare dell’agosto 1988, quando De Poli inviò allo scrittore una foto scattata al Passo della Mendola, che li ritraeva assieme; nel ringraziare, il 26 settembre Eco scrisse al presidente di Cassamarca che «Di tutta la banda di quei tempi sei quello di cui ho il ricordo più caro e più intimo» (la corrispondenza si trova nel fondo De Poli presso gli Archivi Contemporanei di Storia Politica). I rapporti tra i due non si esaurirono, tuttavia, al livello epistolare e sono documentati anche con il reciproco dono di pubblicazioni.
Se si vuole, sono dei piccoli frammenti, dei documenti episodici, che però evocano una storia grande sul percorso evolutivo della Chiesa italiana verso le aperture conciliari, nel quale Umberto Eco e molte altre personalità della gioventù del tempo hanno dato un apporto di rilievo.