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Ulderico Bernardi analizzò i cambiamenti del Veneto

Il noto sociologo, a lungo collaboratore della Vita del Popolo, è morto a 84 anni. "Il Veneto, cioè le persone che lo abitano, è stato l'oggetto del lungo percorso di riflessione del prof. Bernardi, che ne ha fatto materia di indagini sociologiche"

16/04/2021

I veneti che amano la loro terra usando l’intelletto, non seguendo le sciocchezze venetiste zeppe di luoghi comuni e frivolezze passatiste, conoscono bene l’opera letteraria di Ulderico Bernardi, scomparso pochi giorni fa a Treviso, perché i suoi numerosissimi libri, saggi e relazioni convegnistiche offrono la possibilità di capire l’identità di questo popolo multiforme e contraddittorio che popola la regione del Veneto.

Il Veneto non in senso generico, ma nel suo soggettario principale, cioè le persone che lo abitano, è stato l’oggetto del lungo percorso di riflessione intellettuale condotto dal professore Bernardi in un arco di tempo lungo, facendone materia di indagini sociologiche destinate nella maggior parte inizialmente agli studenti dei corsi universitari a Ca’ Foscari dal 1979 al 2007, per poi essere divulgate a una vasta platea di uditori e lettori.

Quel mondo veneto visto nei vari passaggi dalla ruralità alla post-industrializzazione, Ulderico Bernardi l’ha incontrato anche concretamente, praticando lui stesso nel suo podere opitergino l’esperienza della sapienza contadina, da agricoltore capace di coltivare la vite e produrre il vino, ma soprattutto l’ha compreso attraverso i suoi lavori di sociologia, nei quali egli ha sempre percorso un filone fondamentale: lo studio della cultura orale veneta, anche attraverso il fascino della parlata popolare.

La vastità della sua opera pubblicistica

La vita del professore Bernardi è stata certamente interessante in ogni sua estensione cronologica, a iniziare dal durissimo periodo dell’infanzia e dalla tragedia della sua famiglia colpita dalla morte, vicende che hanno costituito l’imprinting per la sua vita; a questo proposito, consigliamo di rileggere il volume scritto da Ulderico “Un’infanzia nel ’45 nel Veneto della guerra civile”. Non è il caso d’indugiare ulteriormente in questa sede sugli aspetti biografici, dato che se n’è occupata ampiamente la cronaca giornalistica dei giorni passati. In sintesi, è sufficiente qui citare il testo riepilogativo pubblicato da Ulderico Bernardi stesso nella sua homepage, dove il profilo autobiografico così si esprime: “I suoi studi riguardano la persistenza culturale nel mutamento sociale, che ha indagato nell’ambito delle minoranze etniche, nelle comunità contadine investite dalla industrializzazione, nelle colonie dell’emigrazione italiana in America latina, nell’America del nord e in Australia”.

Un grande interesse è piuttosto costituito soprattutto dalla vastità della sua attività pubblicistica. Basti considerare che la ricerca sull’Opac del catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale dà come risultato sul suo nome ben 222 voci. I suoi ultimi titoli sono del 2019: si può dire che l’impegno non è mai venuto meno, praticamente fino alla fine.

Sul piano formale, inoltre, va sottolineato un altro aspetto, per nulla minore nella produzione letteraria di Bernardi: le sue qualità di ottimo scrittore, originalissimo e straordinario anche come capacità narrativa, capace di un linguaggio innovativo che si traduce in piacevolezza di lettura.

Da studioso, il trevigiano-opitergino Bernardi ha definito e poi ci ha trasmesso il concetto di tradizione, almeno per la realtà che ci riguarda: una tradizione intesa come la coscienza viva dei valori praticati dalle generazioni che ci hanno preceduto. D’obbligo rileggere, su questo argomento, il suo “Abecedario dei villani”.

Il suo continuo impegno pedagogico

Bernardi non ha tenuto per sé o soltanto per l’attività professionale dell’insegnamento, la ricchezza del proprio pensiero, ma l’ha costantemente finalizzata alla divulgazione più ampia. Uno degli aspetti meno sottolineati in questi giorni, ma che ritengo sia forse quello preminente, è stato il continuo suo impegno pedagogico, anche oltre le aule dei corsi universitari; sono a migliaia le persone, giovani e non più giovani, che negli anni sono venute a contatto con l’elaborazione culturale di Ulderico Bernardi, partecipando alle lezioni da lui svolte in convegni, seminari di studi, incontri culturali, eventi di vario tipo, nei quali il sociologo veniva frequentemente invitato a portare il proprio contributo d’idee. A Treviso, nel Veneto, in varie regioni d’Italia, in numerosi Paesi stranieri come in Brasile e in Australia.

Nella riflessione sui cambiamenti in atto nella società del Novecento, di per sé difficili da analizzare data la loro complessità, molte persone semplici, ormai adulte, ma che ancora si ritrovavano a essere impegnate nella gestione della società a vari livelli, dai partiti ai sindacati, dalle comunità locali alla Chiesa, si sono giovate dell’accompagnamento di Ulderico Bernardi nell’approfondimento promosso a beneficio dei partecipanti. Soprattutto dagli anni Ottanta non c’era convegno nel Veneto che non vedesse coinvolte – in particolare quelli della Regione del Veneto – due personalità trevigiane del calibro di Ulderico Bernardi e Ferruccio Bresolin. Anche chi scrive si ritiene un beneficiario di questi grandi intellettuali trevigiani, poi diventati amici e consoci nell’Ateneo di Treviso.

Un grazie a Ulderico Bernardi lo dobbiamo tutti, individualmente e come comunità, per averci aiutato a sviluppare anche le nostre persone, nei nostri lunghi percorsi di formazione umana e sociale.

Alla moglie e ai figli giungano le condoglianze della direzione e redazione della Vita del popolo, con cui il professor Ulderico Bernardi ha a lungo collaborato.

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