Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Riscoprire Mantiero
Presentato il volume di mons. Lino Cusinato dedicato al vescovo Mantiero, defensor civitatis durante la guerra, pastor bonus di sconcertante amabilità, di eroica carità, di sapiente prudenza e pazienza nel difficile dopoguerra, educatore della gioventù cattolica di fronte alle tensioni ideologiche

La presentazione del libro Antonio Mantiero: L’erede”, scritto da monsignor Lino Cusinato, edito dalla San Liberale, è coincisa, martedì 28 giugno, con la celebrazione della memoria liturgica del beato Andrea Giacinto Longhin e dei vent’anni della beatificazione che ricorrono in ottobre.
Presenti, nel salone dell’Episcopio di Treviso, autorità civili e religiose, tra cui il vescovo emerito mons. Paolo Magnani, rappresentanti del Comune di Campodarsego, il sindaco di Treviso Mario Conte.
Il vescovo di Treviso mons. Michele Tomasi, nel ringraziare l’autore e la casa editrice per l’impegno a mettere in luce figure importanti nella storia della diocesi, a cui guardare, in tempi difficili, i nostri attuali come quelli vissuti durante la guerra e il dopoguerra da Mantiero, “alla ricerca del bene comune. C’è bisogno di una Chiesa sempre più fedele al Vangelo di Cristo, profetica nella sua semplicità, ma nella sua dirittura nel proclamare la parola di Dio e soprattutto nel dar voce a coloro che non hanno voce. Questa è l’occasione per continuare insieme questa nostra missione che il Signore ci convoca a compiere insieme. Grazie a tutti per ricercare un mondo più giusto e più dignitoso, più vivibile che vogliamo trasmettere anche alle future generazioni”.
Una figura importante, quella del vescovo Mantiero, anche per la città di Treviso, “defensor civitatis” durante la guerra. E a questo ha fatto riferimento il sindaco di Treviso Mario Conte nel suo indirizzo di saluto: “E’ una figura straordinaria quella di Mantiero, nel servizio alla comunità, punto di riferimento per la città. Ma mi sono soffermato in particolare a quel 7 aprile 1944 quando la figura del vescovo Mantiero è stata il verbo della ricostruzione, accanto ai cittadini, sempre, aiutando, coordinando le opere di soccorso, mettendo a rischio la propria vita, senza dimenticare le opere sociali che ha messo in piedi, a cominciare dalla casa, dallo sviluppo dei quartieri. Ancora oggi Mantiero può insegnare davvero tanto a chi serve con amore la comunità”.
La presentazione del libro è stata curata da mons. Stefano Chioatto, studioso e storico della chiesa diocesana, in quale ha sottolineato come finora mancasse “una biografia completa di Mantiero: ciò è dovuto all'interagire di diversi fattori, evidenziati da don Lino Cusinato nell’introduzione: «Le maggiori difficoltà, a nostro parere, venivano dal fatto che la vita del Mantiero si era snodata in tre tempi successivi dentro contesti sociali ed ecclesiali assai diversi; per cui anche gli studi avevano risentito di queste determinazioni spazio-temporali». Differenti ambienti: Vicenza, Schio, Patti, Treviso, differenti epoche storiche: primo ‘900, Prima guerra mondiale, fascismo, Seconda guerra mondiale, dopoguerra. Il primo profilo biografico del vescovo Mantiero fu quello stilato da Gustavo Selva (1926-2015), dal 1949 al 1956 corrispondente per il nostro territorio dell’«Avvenire d'Italia». Il testo fu redatto in poco più di una settimana nei giorni successivi al funerale del vescovo defunto. L'autore, che conosceva direttamente Mantiero, con il quale per ragioni di lavoro aveva una frequentazione quasi quotidiana, si sofferma sul ventennio dell'episcopato trevigiano, non avendo avuto il tempo di raccogliere sufficiente materiale del periodo precedente. L'autore mette in luce alcuni tratti della persona e del ministero di Mantiero: la sua bontà d'animo, la sua grande attenzione ai poveri, ai bisognosi, all’aspetto sociale, ai lavoratori, ai preti, ai seminaristi, la sua azione nel corso e alla fine della Seconda Guerra mondiale. Questa prima opera delinea i lineamenti del vescovo che rimarranno fissati a lungo nel ricordo dei trevigiani”.
A questo immediato interesse succede un lungo oblio - continua Chioatto -. Tale mancata attenzione a livello ecclesiale, per Cusinato, probabilmente è dovuta al fatto che la sua figura è stata, per così dire, oscurata da quelle di altri due vescovi, il beato Longhin e mons. Giuseppe Carraro, particolarmente significativi per la storia della diocesi nel secolo trascorso, su cui si è concentrata l’attenzione ecclesiale e la ricostruzione storica, grazie alla fama e ai processi di canonizzazione avviati. Oltre a questo, va considerato il silenzio o l'irrilevanza negli immediati decenni post-conciliari, per tutto ciò che riguardava il periodo precedente al Concilio, cui Mantiero era accomunato, mentre invece aveva contribuito alla sua preparazione”.
A porre luce sulla figura di questo vescovo, fu, invece, una serie di studi riguardanti la Marca Trevigiana nel corso della Seconda guerra mondiale, soprattutto dopo l’8 settembre 1943, in cui emersero la sua autorevolezza, il suo coraggio, la sua pacata fermezza, la sua capacità di mediazione di fronte alle autorità, e la sua vicinanza e la sua carità nei confronti della popolazione colpita, come evidenzia Cusinato nell’introduzione: “Va riconosciuto tuttavia che gli studi trevigiani sul ventennio che ha preceduto il Concilio hanno avvertito presto il ruolo protagonista del vescovo Mantiero. Era stato il defensor civitatis durante la guerra, il pastor bonus di sconcertante amabilità, di straordinaria ed eroica carità, poi di sapiente prudenza e pazienza nel difficile dopoguerra, educatore della gioventù cattolica che affrontava l’esperienza democratica nelle tensioni ideologiche”.
“Il 50° anniversario della morte - ricorda ancora mons. Chioatto - offre l’opportunità per una ripresa della ricerca storica su Mantiero. A stenderne un profilo biografico più esteso è il sacerdote trevigiano Luigi Mario Facchinello, che, giovane prete, il vescovo aveva chiamato come segretario della giunta di Azione cattolica e come assistente delle Acli. L'autore recupera nella sua pubblicazione la prima parte della vita del presule trevigiano, soffermandosi sull'ambiente familiare e sociale delle sue origini, sugli anni del suo parrocato a Schio e del suo breve ma significativo episcopato a Patti. Il lavoro si avvale di una maggiore documentazione, arricchita dai ricordi personali ed è corredata da un buon apparato fotografico. Su iniziativa del vescovo Mazzocato e anche su sollecitazione dell’allora sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, il 18 novembre 2006 si svolge nel salone dell'episcopio di Treviso un convegno di studi, con interventi su vari aspetti della vita e del ministero di Mantiero, a esclusione dell'episcopato di Patti, e che costituiscono un vero e proprio approfondimento della sua figura”.
Gli Atti del convegno non sono mai stati pubblicati, ma contengono studi qualificati volti a una effettiva “riscoperta” organica del vescovo Mantiero, protagonista in un periodo importante della storia trevigiana.
“A questo punto - ribadisce Chioatto - il tempo diventava opportuno per una nuova biografia del vescovo trevigiano. Consapevole di addossarsi l'onere di un tale lavoro, don Lino Cusinato lo ha sentito in continuità con la sintesi maturatasi durante il tempo delle sue ricerche precedenti, che vedono nell’episcopato del beato Longhin una svolta importante nelle vicende della Chiesa diocesana, che ha inciso a lungo sul suo impianto pastorale e spirituale, e che si è espressa in figure significative, ma anche meno note, del clero e del laicato.
“L’idea che ci ha guidati in questa ricerca - scrive don Cusinato nell’introduzione - è di conoscere la Chiesa di Treviso dopo la morte del vescovo Longhin, guidata dal suo successore il vescovo Antonio Mantiero fino alla vigilia del Concilio Vaticano II”. E Chioatto sottolinea che “per certi aspetti si potrebbe anche pensare che questo lavoro costituisca un seguito della precedente notevole racconto biografico sul beato Andrea Giacinto Longhin, pubblicato cinque anni fa. Per delineare la relazione di continuità tra l’episcopato di Longhin e quello di Mantiero il nostro autore sceglie la categoria di «eredità». Cusinato intitola la sua introduzione: «Mantiero erede della Chiesa di Treviso». E questa esplicitazione è quanto mai opportuna, perché Mantiero non è erede della persona o della figura di Longhin, ma più ampiamente del patrimonio di tradizione e di identità che anche Longhin ha trovato al suo arrivo e ha notevolmente arricchito con la sua opera. «L’idea di eredità nella chiesa viene da quella di tradizione: dal patrimonio di fede elaborato dai padri lungo i secoli e trasmesso di generazione in generazione. Questo patrimonio, in una chiesa particolare, è trasmesso dall’intera comunità con i suoi pastori, vescovo col presbiterio, in comunione di vita con la comunità cristiana: tutti i battezzati concorrono a costruire la storia della chiesa, destinatari e autori della tradizione della fede», scrive Cusinato nell’introduzione”.
Mantiero riceve in eredità una Chiesa in pieno sviluppo, ben organizzata, dotata di un impianto pastorale e spirituale solido, ricca di vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata, alle missioni ad gentes, una diocesi dottrinalmente legata alla tradizione, ma innovativa pastoralmente, chiamata ad affrontare le sfide della guerra, dell’occupazione tedesca e della resistenza e della successiva ripresa e ricostruzione.
Mons. Lino Cusinato ha ricordato Mantiero come il vescovo della sua infanzia “quando a cavalcioni sulle spalle del mio papà l’ho visto a Galliera Veneta, proveniente da Vicenza e fui impressionato dalla cappa magna del suo vestito. E poi fu di casa in Seminario, durante tutto il mio tempo di seminarista. Ho ricordi tanti di lui e tutti belli”. Per questo mons. Cusinato ribadisce che: “La persona del vescovo Mantiero merita di essere meglio conosciuta, nella sua spiritualità, nella formazione e nelle sue esperienze pastorali e culturali, nelle sue convinzioni teologiche. Fu il vescovo della carità, ma non intesa solo come elemosina, ma era la fede nel Dio amore tradotta con coerenza nell’amore del prossimo secondo l’insegnamento evangelico. Carità sociale accanto ai contadini, nelle fabbriche, tra gli immigrati e una predilezioni per i giovani, dai seminaristi agli studenti che accoglieva nel refettorio allestito proprio in Vescovado. Carità ed educazione sempre uniti”.
E poi l’amore per i suoi preti e dei suoi preti a lui è singolare. “Credo che quel ventennio sia l’unico nella diocesi di Treviso che ha visto il presbiterio totalmente unito al suo vescovo. Longhin era venerato e, in parte, anche temuto. Mantiero solo è stato amato dai suoi preti. Il titolo di «primo cittadino» gli è stato dato dagli amministratori pubblici e anche questo è un unicum”.
Importante, allora, che questa eredità - ha concluso Cusinato - fruttifichi ancora nel nome di Mantiero.