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Noè Bordignon: mostra “itinerante” sul narratore delle povere genti e della campagna veneta

La monografica è corredata da sei percorsi e sarà visitabile fino al 16 gennaio 2022

Un pittore veneto, riscoperto grazie alla monografica aperta in questi mesi tra Castelfranco e San Zenone degli Ezzelini. Noè Bordignon sarebbe rimasto sconosciuto ai più se, in occasione del centenario della morte, non fosse stata allestita una mostra e sei itinerari sul territorio a lui dedicati. Frescante e pittore, vincitore di premi e riconoscimenti internazionali, eppur snobbato dalla Biennale di Venezia, è un esponente importante del realismo, espressione di questo nostro territorio a cui è stato profondamente legato. Le chiese dall’asolano fino al veneziano raccolgono i suoi affreschi; pittore di scene di vita contemporanea unisce una profonda religiosità dimostrata nell’arte sacra, in perfetta sintonia con la dottrina sociale della Chiesa avviata in quei decenni e ufficializzata nella famosa enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII, nel 1891.

Cantore degli ultimi
“Noè Bordignon (1841- 1920) fu partecipe narratore delle povere genti e del mondo della campagna veneta nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento” spiega don Paolo Barbisan, direttore dell’Ufficio Arte Sacra. Nonostante i numerosi riconoscimenti internazionali in vita, attendeva ancora una piena riscoperta in epoca moderna, al pari di quella che ha interessato altri suoi contemporanei.

La sua unicità nel contesto storico in cui è vissuto e in un mondo che si andava rapidamente laicizzando - ciò che probabilmente determinò un disinteresse postumo per la sua figura e la mancata valorizzazione in seno alle esposizioni della Biennale, che ripetutamente rifiutò sue opere poi premiate in Italia o all’estero - fu proprio il perseguire, accanto a una pittura di genere sensibile alle sperimentazioni più attuali, anche una intensa produzione ad affresco che rivelava il suo profondo radicamento al territorio e alla tradizione “senza tempo” dell’arte sacra.

“Il legame con le sue origini - lui figlio di un sarto di campagna che poté studiare all’Accademia di Belle Arti di Venezia solo grazie al sostegno del Comune di Castelfranco e di alcuni privati concittadini -, ma anche l’influenza dei suoi principali maestri, Michelangelo Grigoletti e Carl Blaas, e un profondo sentimento cristiano spinsero Bordignon a perpetuare lungo tutta la sua vita e ai massimi livelli la tradizione iconografica del racconto evangelico, realizzando i tanti cicli di affreschi che si conservano nelle chiese del territorio: composizioni di ampio respiro, ricche di figure e di movimento”.

Dal Realismo al Simbolismo
La mostra celebrativa prende dunque le mosse a Castelfranco, con un’evocativa introduzione dedicata all’universo femminile del pittore e con le prime due sezioni tematiche “La formazione artistica e il pensionamento romano” e “La pittura del vero”, che propongono alcuni dei suoi più noti capolavori. Qui anche una notevole selezione di suoi disegni e studi e - curiosità - il taccuino di appunti visivi del suo viaggio del 1878 a Parigi per l’Esposizione Universale, dove Bordignon vinse una medaglia per l’opera “Ragazze che cantano nella valle”.

Quindi la mostra prosegue a San Zenone, completando la fase pittorica del realismo legato al mondo campestre e soffermandosi su “Il ritratto” e “La svolta simbolista”. Ci sono opere esposte per la prima volta in quest’occasione, i dipinti dei familiari gelosamente conservati nella sua abitazione e quei quadri - “Inverno”, “Lieto” “Ritorno”, ma anche il bellissimo bozzetto di Matelda - con cui Noè Bordignon, pur legatissimo alla tradizione, si mostra capace di stare al passo con i tempi, di saper rileggere e interpretare le nuove istanze senza venir meno alla sua visione dell’arte: paesaggi dell’anima, atmosfere diluite, veloci tocchi e frantumazione del colore, con attenzione alla resa luministica, per narrare in modo nuovo l’avventura del quotidiano, la fatica delle povere genti.

Infine una sezione collaterale alla mostra è dedicata allo stretto rapporto professionale e di amicizia tra Noè Bordignon, i padri armeni Mechitaristi e la Congregazione di San Lazzaro degli Armeni, nella cui Abbazia si conservano ancora importanti opere del pittore. A San Zenone degli Ezzelini un possedimento della Congregazione dal 1896, villa Albrizzi, facilitò la vicinanza e la relazione umana con l’artista anche nei suoi ultimi anni di vita.

Sei itinerari che resteranno nel tempo
La mostra è corredata di 6 itinerari. Nella dolcezza della campagna che si stende tra Castelfranco Veneto e San Zenone degli Ezzelini si snoda il primo itinerario sulle tracce di Noè Bordignon, affrescatore di chiese e ville: si fa tappa alla casa natale, all’auditorium di Castello di Godego, alle Cendrole e alla parrocchiale di Loria. Il secondo porta fino ad Altivole, passando per la chiesa di San Zenone, poi Pagnano, Casella e Monfumo; il terzo a Bassano del Grappa, tutti alla scoperta dei suoi affreschi. Altri tre tragitti permettono poi di approfondire la conoscenza dell’artista. Alle pendici dell’altopiano di Asiago un’ulteriore possibilità di visita si sviluppa da Bassano del Grappa a Santorso, dove è possibile ammirare la “Moltiplicazione dei pani”, in pendant con “Le nozze di Cana” nel presbiterio; nel Trevigiano testimonianze di Bordignon si trovano a Lovadina di Spresiano, Sarmede e Montaner. Infine, una tappa imperdibile porta fino a Venezia all’Isola degli Armeni, tra le più importanti committenze di Bordignon, ove decorò la chiesa di S. Lazzaro e ritrasse alcuni monaci.
La mostra è aperta fino al 16 gennaio 2022. Info sul sito www.mostrabordignon.it.

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