giovedì, 21 novembre 2024
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L'invito di "Ritmi e danze": andare oltre le paure

Al festival interculturale di Giavera sono intervenuti Marco Paolini e Lucia Goracci, che insieme a don Bruno Baratto hanno cercato di riflettere sulla possibilità di alimentare venti di dialogo.

Il tendone installato a Villa Wasserman di Giavera per la manifestazione di “Ritmi e Danze dal mondo” domenica 14 mattina, ha fatto il pieno nonostante la “paura” per un grosso temporale in arrivo. E la paura o le paure della gente, spesso manovrate e manipolate, sono state il filo rosso che ha guidato il confronto tra Marco Paolini, notissimo regista –attore, e Lucia Goracci, giornalista “embedded” di Rainews 24 e da venti anni sui vari fronti di guerra.
Per don Bruno Baratto, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni, oggi: “I venti di dialogo corrono su un filo, ma vanno alimentati dicendo no a chi vuole aumentare le paure di fronte alle ondate migratorie, no a chi vuole la rassegnazione nella comprensione dei fenomeni, dicendo sì ad un impegno individuale e collettivo per non rinunciare alla nostra umanità”. “Siamo umani”, diceva un cartello appeso al collo di due giovani di colore, apparso in una foto giornalistica di questi giorni! Ma si può oggi camminare sui fili del dialogo? Per Marco Paolini, che risponde con una metafora “sul filo si cammina da soli, perché se ce n’è un altro cade e si copa! Chi prende il filo, è chi viaggia perché non ha nulla da perdere. Ma il problema diventa quando quei fili entrano nei nostri appartamenti, e noi, sotto a guardare, con il pensiero che non cada sul pavimento della nostra cucina e magari sporchi di sangue il pavimento stesso!”. Ma fuori metafora, oggi la maggior parte degli immigrati in Europa, secondo i dati raccolti per una trasmissione sui flussi migratori da lui effettuata per Rai Tre, o sono “turisti scaduti”, cioè coloro che vengono via aerea e poi lasciando scadere il visto turistico, si stabilizzano, o i più grossi movimenti migratori sono quelli che si effettuano dalle campagne verso le megalopoli. Critico verso le attuali democrazie, lente ed incapaci nel gestire i problemi, compreso quello migratorio, ed incalzato su cosa fare per cambiare le paure, cita esempi di “piccole pratiche virtuose” o “clandestinità virtuose” e lancia al pubblico il valore emerso nel dopo guerra italiano, quello di “godere assieme agli altri di quello che c’era e alla fine di una giornata si era non presi dalle paure perché si erano fatte azioni che legavano agli altri… non si era soli sul filo…!”.

Le responsabilità occidentali
Per Lucia Goracci, giornalista esperta da anni nelle aree di conflitto, i racconti e le esperienze negli ultimi scenari di guerra, Siria, Libia, Iraq, non mettono in dubbio ciò che già si conosce: le responsabilità occidentali (vedi Francia che oggi respinge i profughi a Ventimiglia, ma che fu molto “zelante” con i suoi caccia nel bombardare Ghedaffi in Libia o gli Usa con la destrutturazione completa dell’Iraq senza poi riuscire a ricostruire nulla in 10 anni!). Chi fugge, fugge oggi da guerre che non lasciano “venti di dialogo”, certamente non in Libia che è definita “un buco nero”, forse a lunghissimo termine, mentre una piccola breccia si potrà aprire in Iraq o Siria. Della Siria racconta con commozione il lungo tempo trascorso a Kobane, la Stalingrado del Medio Oriente, contesa tra ihadisti e curdi-siriani, ed in cui ora, rioccupata nella parte della sponda ovest del Tigri, gli abitanti stanno tentando di mettere in piedi, sulle ceneri fumanti della distruzione della Siria, una forma interessante di governo comunitario, dal basso.
Quest’anno ha trascorso la Pasqua ad Istanbul, tra i 20 mila cristiani scappati da Mosul, e con commozione racconta quanto questa minoranza stia scomparendo. Minoranze preziose, radicate da millenni nelle terra della Mesopotamia e aperte alla pluralità, persone con un’ educazione pluralista. Ecco perché l’Isis le vuole distruggere.
Per due ore il pubblico che ha riempito il tendone, ascolta in silenzio e applaude lungamente, le paure sono svanite anche quelle del temporale, e forse alcune consapevolezze in più rimangono in ciascuno: questi flussi migratori saranno fenomeni di lunga durata, sui conflitti che li provocano non c’è una soluzione chiara, finale, ma se nelle nostre costituzioni europee è scritto “no alla guerra, sì all’accoglienza”, bisognerà pur gettare la maschera dell’ipocrisia e spingere i governi a sedersi attorno ad un tavolo e aprire una finestra per far entrare anche solo un soffio “di venti di dialogo”!

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