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Giornata dei diritti delle donne: parità di genere nel 2154. Cinque ritratti dal territorio

Il Veneto è la regione del Nord con il più ampio divario tra la forza lavoro maschile e quella femminile. Ne parliamo con cinque under 30 che si sono distinte
07/03/2025

È una di quelle ricorrenze che anche il più smemorato saprebbe citare a memoria; c’è una buona probabilità che ogni uomo, almeno una volta nella vita, abbia regalato a una donna una mimosa, e le probabilità che una donna, almeno una volta nella vita, l’abbia ricevuta sono altrettanto alte. Eppure nel 2025 l’8 marzo, banalizzato nella narrazione comune come Festa della donna ma in realtà istituito nel 1999 come Giornata internazionale dei diritti delle donne, non vede ancora questi diritti realmente tutelati (anche laddove sono assicurati dalla legge), tanto nel mondo, ma anche in Italia.

Pochi giorni fa l’Inps ha pubblicato l’aggiornamento del suo rendiconto di genere e fa sapere che in Italia lavora il 52,5% delle donne, il 64,4% delle quali part time; in dieci settori su diciotto tra quelli analizzati, le donne guadagnano mediamente il 20% in meno rispetto agli uomini. In Veneto le donne che lavorano sono il 67,4% (l’Estonia, Paese europeo leader sul tema, vanta un 80,9%) e proprio qui il divario tra forza lavoro maschile e femminile è il più ampio tra le regioni del Nord (16,6%). Di dati se ne potrebbero dare molti altri (sulla violenza, dalla molestia all’omicidio, sull’istruzione, sulla rappresentanza politica...) ma tutti convergono su un’idea: la parità di genere è ben lontana dall’essere raggiunta. “Quanto” lontana lo dice il World Economic Forum: continuando a questo ritmo lo sarà nel 2154. In Europa i Paesi l’hanno mediamente raggiunta al 76,3% e l’Italia è al 79 esimo posto della classifica globale, che vede circa 200 Stati. Questo non vuol negare i passi avanti fatti, ma è necessario guardare con attenzione la strada tortuosa che si dipana dinanzi a noi, lastricata (tra le altre cose) di pregiudizi da cancellare, consapevolezze da stimolare, conoscenze da fornire e diritti da tutelare.

Di questi diritti abbiamo voluto parlare con cinque donne under 30 del nostro territorio, che si distinguono, ciascuna a modo proprio, all’interno del panorama sociale e che però incarnano moltissime donne del passato e del presente che non hanno l’occasione di particolari riflettori posati addosso, ma che ugualmente brillano di luce propria.

ANNACHIARA SARTO

Lotta quotidiana contro i crimini sui minori

Miranese di nascita e castellana di adozione, Annachiara Sarto, nata nel 1998, è di fatto una cittadina del mondo che tiene il suo perno nel nostro territorio. Fino al 2016 vede il suo futuro nella storia dell’arte, immaginandosi direttrice di un museo d’arte contemporanea, ma in quell’anno, mentre si trova in Sudafrica per un exchange program, la sua vita ha una vera e propria svolta: un giorno nella scuola frequentata dal figlio della famiglia “adottiva” vengono rapiti quattro bambini e non vengono più ritrovati. Annachiara scopre che una questione che sentiva molto distante da sé non lo era affatto, e per questo da quel momento decide che avrebbe dedicato la sua vita alla lotta contro i crimini sui minori. Da qui l’università a l’Aia, nei Paesi Bassi, dove ha studiato diritto europeo e internazionale e si è specializzata in diritto penale transnazionale umanitario. Il 2019 è stato un nuovo anno importante: l’esperienza in Nepal in un centro che aiuta donne e bambine vittime della tratta e della prostituzione forzata, un lavoro sul campo in cui si è dovuta fingere adescatrice per convincere le vittime a scappare e proteggersi nel centro. Al ritorno all’Aia ha fondato un movimento universitario antitratta e ha iniziato uno stage a distanza con il Dipartimento Antitratta di Washington DC; la presenza anche sul territorio trevigiano ha attirato l’interesse di un imprenditore, Andrea Baggio della bassanese ReputationUp, sensibile al problema della compravendita nel deep e dark web di foto di minori e anche di persone. Da questo connubio è nata Protection4Kids, una ong che si prefigge di contrastare questi fenomeni tanto online quanto offline, per esempio attraverso attività di formazione e sensibilizzazione, anche nelle scuole. “Il traffico di esseri umani è il crimine in più rapida crescita al mondo, e per il 72% le vittime sono donne e minori; un business da 98 miliardi l’anno” spiega Annachiara, che nel frattempo viene richiesta come consulente in progetti affini e da ottobre avrà un suo corso universitario all’Università di Dubai. “La violenza contro le donne per me è una battaglia quotidiana” racconta, “ma va bene che ci siano delle date per chi non ci pensa tutti i giorni. Con Protection4Kids ci stiamo impegnando molto sulla droga dello stupro, un problema che riguarda anche il nostro territorio ed è bene creare occasioni di riflessione”.

CHIARA PELLIZZARI

L’impegno in Ac per rendersi utile agli altri

Volto assai noto nella sua San Zenone e all’interno dell’Azione Cattolica trevigiana, Chiara Pellizzari è nata nel 1995 ed è l’esempio concreto di una mente aperta e il cuore grande di chi “ha sempre voluto rendersi utile in qualche modo”. Accanto agli studi al Liceo classico di Bassano, Chiara ha da sempre affiancato il violino, che è tutt’ora parte integrante della sua vita. Nel 2020 ha conseguito la laurea in Ingegneria energetica all’Università degli Studi di Padova e nel 2022 si è diplomata al Conservatorio, sempre a Padova. La sua grande passione per l’ambiente e la sua tutela l’hanno convinta a un percorso di studi non propriamente spontaneo per una diplomata al liceo classico, tanto meno una ragazza, e non manca di sottolinearlo, ma nonostante tutto “penso che ci stiamo avvicinando all’uguaglianza e al rispetto tra i generi, anche se dipende dagli ambienti. È difficile vedere donne in ruoli apicali, anche politici: è un peccato perché la loro presenza è importante per l’aspirazione delle giovani”. Oggi, oltre a cantare in un coro, suonare in un’orchestra e insegnare ai bambini il violino, tutte attività che fa nel tempo libero, Chiara lavora dal 2023 in un’azienda che si occupa di caldaie, svolgendo nello specifico l’analisi dei prodotti dal punto di vista ambientale. Da undici anni inoltre è educatrice nell’Azione Cattolica, impegnandosi tanto sul fronte della parrocchia di San Zenone quanto su quello della diocesi, al punto da essere eletta lo scorso anno vicepresidente del Settore Giovani. Quando le si chiede perché non abbia portato le sue competenze e impegno altrove, la risposta è stata semplice e diretta: “per me è fondamentale restare e cercare di portare il massimo possibile alla nostra comunità, soprattutto ai giovani che ogni tanto perdono la strada. Cerchiamo di creare una rete solida per far sentire tutti connessi e valorizzare i talenti del territorio”.

ENRICA PICCOLI

Nel mio sport, pregiudizi al contrario

Quella di Enrica Piccoli è una vita sempre immersa nell’acqua. Già a sei mesi, nel 1999, i genitori l’hanno messa a nuotare per risolvere un problema posturale: era troppo piccola per rendersene conto, ma probabilmente è stato l’inizio di un grande amore. Sportivamente parlando, la sua carriera inizia già a cinque anni, alla piscina di Montebelluna, dove in poco tempo si ritrova innamorata del nuoto artistico (all’epoca sincronizzato). Uno dei pochi sport vittima di pregiudizi, ma al contrario: “Gli uomini hanno fatto sempre molta fatica a vedersi riconosciuti nel nuoto artistico - spiega Enrica -, e credo che da questo punto di vista l’8 marzo possa ricordarci l’uguaglianza, in entrambi i versi. Sicuramente l’altra faccia della medaglia è molto più ampia e sono le donne a subire più e gravi discriminazioni, ma credo che le differenze dovrebbero essere assottigliate in tutti gli ambiti”. Mentre frequenta le elementari e le medie, e ancora mentre studia al liceo Einaudi di Montebelluna Amministrazione, finanza e marketing, la carriera sportiva comincia a travolgere Enrica: a 14 anni, nel 2013, arriva la sua prima convocazione nella nazionale giovanile, nel 2016 il suo primo mondiale in categoria giovanile, nel 2017 la convocazione in nazionale assoluta. In tempi più recenti comincia il suo percorso di studi in Scienze dell’amministrazione all’università: “Sono verso la fine della mia carriera - racconta -, quindi mi preparo per aprire delle porte nel mondo fuori dallo sport. Mi piace Roma, ma ogni tanto torno volentieri nella mia Caerano, perché il territorio mi ha sempre dato grande affetto e festeggiato i miei traguardi”. Ma, intanto, Enrica si gode questi ultimi due anni capitana della squadra nazionale, nonché le partecipazioni olimpiche: nei giochi di squadra a Parigi ha conquistato un ottavo posto, a Tokyo un quinto. Ora sta lavorando per la prima volta a una gara individuale in occasione dei mondiali di Singapore a luglio: sarà la sua sesta esperienza mondiale, contesto in cui ha ottenuto ben cinque medaglie, e altre dieci a livello europeo, in sole tre partecipazioni.

RACHELE SCARPA

Maschilismo e paternalismo in politica

Rachele Scarpa sapeva già alle scuole medie, in un periodo di subbuglio dato dalle controverse riforme scolastiche, che il suo futuro sarebbe stato segnato dall’attivismo e dalla dimensione politica nel senso più antico del termine: l’interesse e la cura per la cittadinanza. Nata nel 1997, il suo percorso comincia all’interno del liceo classico Canova, dove ha sempre cercato uno spazio di confronto e divisione tra coetanei e lo ha trovato nella Rete degli Studenti Medi, che ha frequentato per anni e della quale ha ricoperto anche ruoli apicali (coordinamento provinciale, poi regionale, infine responsabile stampa nazionale). Anche all’interno del Canova ha trovato uno spazio di espressione e di attivismo come rappresentante d’istituto e di consulta: “mi piaceva l’idea di metterci insieme per cambiare la realtà in cui vivevamo, dalla classe al mondo” racconta. Gli anni dell’università, quando frequentava Lettere classiche nell’ateneo patavino, hanno visto il prosieguo del suo impegno nell’associazionismo, fino al brusco stop causato da un’ischemia cerebrale che per fortuna non ha causato conseguenze a lungo termine, ma che l’hanno ritirata da ogni attività per mesi: aveva solo 22 anni. Durante il Covid è arrivata la decisione di partecipare nel territorio uscendo dal recinto protetto delle associazioni: quindi l’iscrizione al Pd e poco dopo la sua prima esperienza di candidatura alle elezioni regionali del 2020, che l’hanno portata in viaggio in lungo e in largo nella provincia e (oltre alla soddisfazione di raccogliere 4700 preferenze) sono state una grande occasione di arricchimento personale. L’improvvisa caduta dell’allora governo, nel 2022, ha messo velocemente in moto una serie di cose che l’hanno portata alla candidatura e poi a quell’ “inizio shock” come deputata, il 13 ottobre: era (ed è) la più giovane parlamentare di questa legislatura. “Essere in Parlamento per me non è l’ambizione di una vita, ma sono sempre stata certa che avrei fatto politica e attivismo: qui trovo una mia dimensione di senso e di realizzazione della comunità” spiega descrivendo il suo lavoro, di cui apprezza molto “la possibilità di occuparsi di cose diverse, di studiare ancora ed entrare nelle questioni, la possibilità di viaggiare tantissimo in Italia e non solo”. A proposito dell’8 marzo, nota che “il Parlamento non fa eccezione rispetto a qualsiasi altro luogo di lavoro, c’è altrettanto maschilismo e paternalismo. L’8 marzo dovrebbe rappresentare le capacità e le differenze femminili, anche in politica, dove invece sembra di dover aderire a modelli di potere e autorevolezza maschili per risultare credibili e all’altezza, e questo è un peccato”.

JENNIFER GUERRA

Vivo il femminismo 365 giorni all’anno

Classe 1995, trevigiana d’adozione, Jennifer Guerra è una persona che al femminismo e agli studi di genere sta dedicando tutta la vita.

Dopo il liceo scientifico, nel bresciano, ha studiato prima Lettere e poi Culture della Moda a Milano; oggi, invece, sta frequentando Filosofia all’Università di Padova.

Nel frattempo, scrive come giornalista e ha pubblicato quattro libri (“Il femminismo non è un brand”, “Un’altra donna”, “Il capitale amoroso” e “Il corpo elettrico”).

Si è trasferita a Roncade durante la pandemia e nel tempo ha stretto legami con l’assemblea femminista di “Non una di meno”, a Treviso, e le attività del centro sociale Django.

“Oggi come assemblea stiamo lavorando per l’apertura di una consultoria autogestita per sopperire alle mancanze dei servizi pubblici in materia di sanità e inclusione” spiega. Ha realizzato diversi progetti di formazione ed educazione legati ai temi del femminismo, della diversità e inclusione, e della lotta alla violenza di genere, sia per le scuole che per le aziende.

Scrittura e attivismo, cultura e azione nel suo caso vanno di pari passo, motivo per cui vorrebbe un giorno creare un centro culturale femminista: “Faccio quello che faccio perché credo profondamente nella giustizia, e la giustizia inizia con la consapevolezza”.

Si augura di poter continuare a fare della scrittura e della formazione su femminismo e Dei (Diversità, equità e inclusione) la sua professione, cosa che sa di non poter dare per scontata.

Così come non si può dare per scontato il significato dell’8 marzo: “Occupandomi di femminismo 365 giorni l’anno, questa è una data che vivo sempre con sentimenti contrastanti. Il mio auspicio è che come società italiana si riesca a uscire dalla mentalità della «Festa della donna» e si cominci a pensare all’8 marzo come la «Giornata internazionale dei diritti delle donne» e a riflettere davvero su cosa manca nella nostra società e nelle nostre vite”.

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