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11 febbraio: se le Stem fanno ancora paura...

Nella giornata internazionale delle donne e ragazze nella Scienza, riscontriamo ancora un significativo il divario con gli uomini. Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica vedono una partecipazione femminile minoritaria. Ma non sempre è così. Ecco l’esperienza della ricercatrice trevigiana Silvia Barbon

Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica, ovvero le discipline Stem che vedono una partecipazione femminile decisamente minoritaria. Un fatto culturale, ma non solo. Per cercare di diminuire il divario in queste discipline è stata promossa una Giornata internazionale delle donne e ragazze nella Scienza, che si celebra l’11 febbraio.

I dati sono evidenziati dall’Onu: “A livello internazionale, le donne e le ragazze costituiscono solo il 28% dei laureati in ingegneria e il 40 di quelli laureati in informatica e computer science. Passando invece al campo della ricerca, è interessante notare come alla percentuale femminile di ricercatori, stimata intorno al 33,3%, siano garantite di solito borse significativamente inferiori a quelle dei colleghi maschi, tendendo ad avere una vita lavorativa più corta e peggio pagata. Oggi, solo una ogni tre ricercatori d’ingegneria al mondo è una donna. Barriere strutturali e sociali impediscono alle donne e alle ragazze di entrare e progredire nella scienza. La pandemia da Covid-19 ha ulteriormente aggravato le ineguaglianze di genere, dalla chiusura delle scuole a un aumento di violenza e a un sempre maggior carico di cure in casa. Questa ineguaglianza sta privando il nostro mondo di un enorme talento e forza di innovazione inespresse. Abbiamo bisogno delle prospettive femminili per assicurarci che la scienza e la tecnologia funzionino per tutti”, sono le parole di António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite.

Esempi di donne impegnate in queste materie, destinatarie di borse di ricerca, ce ne sono anche nel nostro territorio. È il caso di Silvia Barbon, originaria di Roncade, diplomata al liceo scientifico Da Vinci di Treviso, laureata in Biologia Evoluzionistica all’Università di Padova, città dove ora risiede. Dopo il dottorato di ricerca in Biologia e Medicina della rigenerazione, che consegue nell’aprile 2013, ottiene una borsa di studio post-doc alla Fondazione Tes onlus di Padova. La sua attività di ricerca si focalizza sulla popolazione di cellule staminali isolate da sangue periferico umano e animale, per applicazioni di ingegneria tessutale. “La mia professoressa delle superiori mi ha fatto appassionare alla Biologia - spiega la dottoressa Silvia Barbon -. Ero convinta da subito di proseguire quegli studi. Dopo la laurea triennale e la tesi specialistica, mi sono inserita in un progetto di ricerca, ho creduto in una mia vita professionale in laboratorio”.

Nel suo percorso professionale hanno contato anche gli incontri fortunati, come quello con il professor Pier Paolo Parnigotto, presidente della Fondazione Tes (Tissue Engineering and Signaling), fondazione per la Biologia e la Medicina della Rigenerazione, che promuove la ricerca nel campo della biologia, della medicina rigenerativa e delle cellule staminali. “Non è così scontato - dice Barbon - trovare delle persone che credono in te. Tes ha come principale partner Avis, regionale, provinciale e anche in alcuni Comuni, e promuove la sua ricerca sulla medicina rigenerativa e le cellule staminali in collaborazione con gruppi di ricerca di varie Università”.

Per le attività di ricerca si appoggia all’Università di Padova, all’interno dei laboratori dell’Istituto di Anatomia e del Dipartimento di Scienza del Farmaco dell’Università di Padova, dei Servizi di Medicina trasfusionale dell’Ospedale di Belluno, di Treviso e di Castelfranco. Nel corso di questi anni, dal 2006, sono stati prodotti 50 lavori scientifici, finanziate 12 borse di studio-assegni di ricerca, co-finanziati 10 progetti di ricerca, donati 500.000 euro in attrezzature e materiali.

Sul tema “borse di studio meno consistenti per le donne”, come evidenziato dall’Onu, la dottoressa Barbon sottolinea che in Italia non è così: “Assegni o borse di ricerca vengono decisi a livello di Ateneo, che non fa differenze di genere”. E, se proprio deve dirlo, Biologia e Biotecnologie sono campi di ricerca molto al femminile, “le donne qui sono la schiacciante maggioranza”, mentre nel campo dell’Ingegneria sono presenti più maschi. “Anche ora che come docente seguo molte tesi di laurea, le studentesse sono la maggioranza”.

Silvia Barbon, che è riuscita a realizzarsi, oltre che dal punto di vista professionale, anche privato, è moglie e madre di due figli, ha un consiglio da dare alle ragazze: “Occorre un po’ buttarsi. Se si aspetta il posto fisso in Università, il figlio non lo fai mai. Il lavoro di ricerca permette una certa flessibilità, te lo porti anche a casa, e continui quando i bambini dormono. Io ho avuto la fortuna di incontrare mio marito in laboratorio, mi supporta anche ora che lui lavora nel privato, è presente quando io non ci sono, per qualche trasferta o convegno”. Perseveranza, tenacia e passioneaggiunge: “Perché il percorso non è facile e non è breve. Ora, infatti, ci sono difficoltà a trovare persone che continuino dopo il Dottorato, perché cercano qualcosa di più sicuro. Io, sinceramente, non farei altro, non so se sono stata particolarmente fortunata, ma con un po’ di spirito di sacrificio si possono inseguire i propri sogni”.

L’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è incentrato sulla parità di genere e l’emancipazione femminile, che non è solo un diritto fondamentale, ma anche un fondamento per un mondo più prospero e sostenibile.

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