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Quaresima in Vaticano: Padre Cantalamessa “Passi concreti verso l'unità"

Riflettere sulla Chiesa, mettendosi alla scuola di sant’Agostino. Questo è stato l’obiettivo della seconda predica di Quaresima tenuta stamattina da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, in Vaticano

Riflettere sulla Chiesa, mettendosi alla scuola di sant’Agostino. Questo è stato l’obiettivo della seconda predica di Quaresima tenuta stamattina da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, in Vaticano. Ricordando che si avvicina il quinto centenario della Riforma protestante, il predicatore ha posto l’attenzione “sull’importanza dell’ecclesiologia di Agostino per il dialogo ecumenico”. Innanzitutto, “i due aspetti della Chiesa - quello visibile e istituzionale e quello invisibile e spirituale - non possono essere separati”, ma “finché essi, a causa di separazioni storiche e del peccato degli uomini, purtroppo non coincidono, non si può dare maggiore importanza alla comunione istituzionale che a quella spirituale”. “Un giorno, sono convinto, ci si stupirà, o altri si stupiranno - ha ammesso Cantalamessa -, di non esserci accorti prima di quello che lo Spirito Santo stava operando tra i cristiani nel nostro tempo al riparo dall’ufficialità. Fuori della Chiesa cattolica vi sono tantissimi cristiani che guardano ad essa con occhi nuovi e cominciano a riconoscere in essa le proprie radici”. L’intuizione più nuova e più feconda di Agostino circa la Chiesa è stata “d’individuare il principio essenziale della sua unità nello Spirito, anziché nella comunione orizzontale dei vescovi tra di loro e dei vescovi con il Papa di Roma”.
L’unità del corpo di Cristo “è un fatto mistico, prima ancora che una realtà che si esprime socialmente e visibilmente all’esterno. L’unità essenziale nella dottrina e nella disciplina sarà il frutto di questa unità mistica e spirituale, non potrà mai esserne la causa”. Per padre Cantalamessa, “i passi più concreti verso l’unità non sono perciò quelli che si fanno intorno a un tavolo o nelle dichiarazioni congiunte”; sono “quelli che si fanno quando credenti di diverse confessioni si trovano a proclamare insieme, in fraterno accordo, Gesù Signore, condividendo ognuno il proprio carisma e riconoscendosi fratelli in Cristo”. L’immagine della Chiesa corpo di Cristo non è nuova di Agostino. “Quello che è nuovo in lui - ha spiegato il predicatore della Casa Pontificia - sono le conclusioni pratiche che ne deduce per la vita dei credenti. Una è che non abbiamo più ragione di guardarci con invidia e gelosia gli uni gli altri. Quello che io non ho e gli altri invece hanno, è anche mio”. Infatti, ammonisce Agostino: “Se tu ami, quello che possiedi non è poco. Se infatti tu ami l’unità, tutto quello che in essa è posseduto da qualcuno, lo possiedi anche tu! Bandisci l’invidia e sarà tuo ciò che è mio, e se io bandisco l’invidia, è mio ciò che possiedi tu”.
“Ecco svelato il segreto per cui la carità è ‘la via migliore di tutte’ - ha sottolineato padre Cantalamessa -: essa mi fa amare la Chiesa, o la comunità in cui vivo, e nell’unità tutti i carismi, non solo alcuni, sono miei”. Anzi, c’è di più: “Se tu ami l’unità più di quanto la amo io, il carisma che io possiedo è più tuo che mio. Supponiamo che io abbia il carisma di evangelizzare; io posso compiacermene o vantarmene, e allora divento ‘un cembalo squillante’; il mio carisma ‘a nulla mi giova’, mentre a chi ascolta, esso non cessa di giovare, nonostante il mio peccato”. Dunque, “la carità moltiplica davvero i carismi; fa del carisma di uno il carisma di tutti. Fai parte dell’unico corpo di Cristo? Ami l’unità della Chiesa?, chiedeva Agostino ai suoi fedeli. Allora se un pagano ti domanda perché non parli tutte le lingue, dal momento che è scritto che quelli che ricevettero lo Spirito Santo parlavano tutte le lingue, rispondi pure senza esitare: ‘Certo che parlo tutte le lingue! Appartengo infatti a quel corpo, la Chiesa, che parla tutte le lingue e in tutte le lingue annunzia le grandi opere di Dio’”. “Quando saremo capaci di applicare questa verità non solo ai rapporti interni alla comunità in cui viviamo e alla nostra Chiesa, ma anche ai rapporti tra una Chiesa cristiana e un’altra - ha concluso -, quel giorno l’unità dei cristiani sarà praticamente un fatto compiuto”.

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