Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
La settimana santa: torneremo “pellegrini di speranza” a percorrere ogni strada della vita

Qualcuno ha osservato che l’ampio spazio dato da ogni evangelista al racconto della Passione, Morte, Resurrezione di Cristo, fa dei Vangeli una lunga introduzione alla narrazione degli eventi ultimi di Gesù.
A sua volta san Paolo, quando vuole condurre i cristiani di Corinto al centro della loro fede, condensa così il cuore dell’annuncio cristiano: “Cristo è morto per i nostri peccati secondo le scritture, è stato sepolto, ed è risorto il terzo giorno secondo le scritture” (1 Cor. 15,3-4). E’ quanto viene proclamato ogni anno, nel giorno di Epifania, dando l’annuncio della data di Pasqua: “Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto”.
Gesù stesso, più volte, ricorda che il grande evento del Calvario costituisce la sua “ora”. “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora. Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora” (Gv 12,27).
“La grande settimana”, che inizia con la Domenica delle Palme e giunge al suo vertice nella Domenica di Pasqua, rappresenta un tempo incandescente per la nostra vita di fede. Se sapremo entrarvi “con tutto il cuore, l’anima e la mente” non ne usciremo... indenni. I giorni della settimana santa sono gli “esercizi spirituali” di una comunità cristiana.
Nel 1938 Simone Weil, intellettuale ebrea alla ricerca di Dio, trascorse dieci giorni nel monastero benedettino di Solesmes, dalla Domenica delle Palme, al martedì di Pasqua, seguendo tutte le celebrazioni. Nella sua autobiografia scrisse di aver trovato “una gioia pura e perfetta nella inaudita bellezza del canto e delle parole”. Durante quelle funzioni l’afferrò “una volta per tutte il pensiero della Passione di Cristo”.
I primi giorni della settimana
Non si entra che in modo umile in questi giorni santi, anche noi a dorso di quell’asino che Gesù volle per il suo ingresso a Gerusalemme. Forse quell’asino potremmo essere noi stessi, che Gesù unisce a sé perché sappiamo condurlo lungo le vie della nostra vita, piene di clamore, dissensi e consensi, anche noi, come quell’asino, umili portatori della sua presenza di pace. Se ci sarà un’accoglienza, una risposta positiva, magari degli applausi e gli “osanna”, questi saranno solo per Gesù e non per noi. A ricordarcelo, ne guadagnerà la nostra pace interiore.
Poi, tra lunedì, martedì, e mercoledì, sembra che i testi evangelici ci diano un unico appuntamento con Gesù: stare a tavola con lui. Tra la cena di Betania e quella del Cenacolo, ci siederemo accanto a persone e storie che riflettono tanti tratti della nostra vita. Lunedì, Maria, sorella di Marta e Lazzaro, scandalizza tutti, e in particolare Giuda, per lo spreco enorme del costosissimo profumo versato sui piedi di Gesù, profezia di quel vero spreco d’amore che Gesù compirà di lì a poco sulla croce. Martedì, incontreremo Giovanni, il discepolo amato che pone il suo capo sul petto di Gesù, come a carpire i segreti di un cuore che ben conosce ciò che ciascuno di noi porta dentro. Staremo con Pietro, che pieno di presunzione dichiara d’esser pronto a dare la vita per Gesù, quando poi di lì a poco lo rinnegherà. Infine, mercoledì ci troveremo interpellati dal mistero tenebroso del nostro “povero fratello Giuda” (Mazzolari).
Giovedì santo
E’ proprio con questa nostra povera umanità, amata “fino alla fine”, che Gesù desidera ardentemente sedersi a cena la sera del giovedì. Quel giovedì, per i discepoli, come per noi, affamati di vita, Lui spezzerà il pane della sua Vita. Così per loro, come per noi, bisognosi di pulizia, si chinerà, poi, a lavare i piedi. Con la messa “in Coena Domini” si conclude la Quaresima e si entra nel Triduo santo. Scriveva mons. Tonino Bello: “Cenere in testa e acqua sui piedi. Tra questi due riti di snoda la Quaresima... pentimento e servizio”. Inizia così la celebrazione di un unico grande mistero d’amore: il mistero del Cristo Crocifisso, sepolto, risorto. Non è altro che la stessa Pasqua celebrata in tre giorni, dal venerdì alla domenica.
Venerdì santo
Lui l’aveva detto: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,33). Tutto in questo venerdì guarda all’uomo della croce. Non è un giorno di lutto, ma di amorosa contemplazione della passione e morte del Signore; tempo di grazia per sentire rivolto anche a noi ciò che un giorno Cristo, apparso tutto piagato, disse ad Angela da Foligno: “Ricordati che non ti ho amato per scherzo!”. L’ascolto della Passione secondo Giovanni ci condurrà, nella “preghiera universale”, ad attirare tutta l’umanità a quella sorgente d’amore che è la croce di Gesù, e ad adorarla.
Sabato santo
Per molti il sabato santo si riduce a un tempo vuoto, non essendoci nessuna celebrazione liturgica. C’è chi prepara la chiesa per la grande messa della Resurrezione. Eppure mai come nel nostro tempo questo giorno è veramente il giorno più nostro. La morte e sepoltura di Gesù ci dice che umanamente tutto è finito. Anche oggi Dio sembra non solo morto, ma definitamente sepolto. Eppure è proprio dentro questo buco nero che “l’amore folle di Dio” (Cabasila) scende andando a cercarci negli inferi della nostra estrema solitudine. Ormai non possiamo più cadere così in basso da non cadere tra le braccia del Signore.
Domenica di Pasqua
Come è nel cuore dell’inverno che inizia a sbocciare la primavera, così è dall’inverno della morte che Gesù risorge. E’ quanto la Chiesa canta nella solenne celebrazione notturna della Resurrezione: “Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro... La notte splenderà come il giorno, sarà fonte di luce...”. E’ la notte santa del passaggio del Signore dalla morte alla vita gloriosa. “E’ uno sconvolgimento che si compie di dentro, è la pasqua con Gesù, un passaggio continuo dalla morte alla vita” (R. Schutz). Tutti i sensi sono toccati: dal fuoco e dall’acqua, dall’incenso e dalle campane, dal pane e dal vino. “Tutto canta e grida di gioia” (Salmo 65,14). Questa è la notte in cui torniamo a sperare. Da questa “grande settimana” non possiamo che tornare “pellegrini di speranza” a percorrere ogni strada della vita.