L’Indo-Pacifico e la Cina
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“Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rm 10, 9-10). La vita cristiana è semplice, ma non è facile. Vivere da cristiani non è cosa complicata, ma impegnativa. Credere con il cuore e professare con la bocca... la fede cristiana “è tutta qui”. Risuona così il messaggio che il vescovo Michele ha proposto nell’omelia della messa della prima domenica di Quaresima, durante la quale otto catecumeni giovani-adulti della nostra Diocesi hanno celebrato il rito di Elezione.
Questo rito segna l’inizio dell’ultimo tempo del cammino del catecumenato, dando avvio al tempo della purificazione o dell’illuminazione, che culminerà nella solenne veglia pasquale, il 19 aprile prossimo. In questa celebrazione Elona, David, Nayane Makele, Boakye Ansan, Stephen, Hilda, Emelia e Patience saranno immersi nella Pasqua di Cristo Signore, celebrando congiuntamente i sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Dalle parole del Vescovo possiamo rilevare ciò che c’è in gioco, in un itinerario iniziatico: la vita cristiana. È, infatti, impoverente pensare e vivere il catecumenato alla stregua di un “corso di preparazione al Battesimo”. Questo per molteplici ragioni. In primo luogo, perché non si tratta di celebrare il solo battesimo, ma di vivere un’esperienza sacramentale intensa che immerge nella Pasqua di Cristo attraverso i tre sacramenti iniziatici: il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia. Tutti e tre insieme, questi sacramenti costituiscono il nucleo della fede cristiana, perché attualizzano ed esprimono l’amore fedele del Signore. Ne costituiscono il nucleo e non il traguardo. Il Battesimo manifesta il dono gratuito di Grazia che il Signore offre a coloro che a Lui si affidano; la Confermazione imprime il “sigillo”, l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, l’Eucaristia nutre della logica pasquale i passi che, da quel momento in poi, il neofita cristiano compie. Accoglienza del dono di Dio, assenso libero del fedele, sostegno della Chiesa e alimento per la vita di ogni giorno: questo è il nucleo della fede che i catecumeni assaporano e che i cristiani “di lunga data” sarebbero chiamati a vivere e testimoniare.
In secondo luogo, perché il catecumenato è un itinerario integrale e integrante di vita cristiana. I catecumeni non sono stati semplicemente istruiti sulla dottrina del Battesimo. Più in profondità hanno fatto un cammino di catechesi, facendo risuonare in loro l’annuncio del Vangelo, hanno pregato e celebrato la liturgia della Chiesa, hanno dialogato e si sono confrontati con i catechisti e con i presbiteri, hanno provato a sperimentarsi in scelte di vita cristiana in ordine ai costumi e alla morale, hanno condiviso la vita delle loro comunità di riferimento, sono andati in crisi, hanno ripreso il cammino. Tutta la loro vita, la loro storia, presente, passata e futura, è stata ed è tuttora raggiunta dallo Spirito del Signore che consola, provoca, illumina, consiglia. In altre parole, il catecumenato mostra che essere cristiani e vivere da cristiani non si riduce a una “parentesi religiosa” della propria esistenza. La “sfida” è, invece, quella di integrare il Vangelo nel cuore della propria vita, come ricorda l’apostolo Paolo, e farlo vivere nelle scelte di ogni giorno, in modo che la vita cristiana sia “semplicemente” la vita, vissuta alla luce del Vangelo. Ce lo ricorda anche papa Francesco, nella recente enciclica Dilexit nos: “Solo il cuore è capace di mettere le altre facoltà e passioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di riverenza e di obbedienza amorosa al Signore” (DN n. 27).
In terzo luogo, perché il catecumenato non è questione dei “soli” catecumeni. Si tratta di un itinerario ecclesiale, in cui la comunità dei credenti, proprio mentre nutre e accompagna i catecumeni, è da loro nutrita ed è rinforzata nella sua identità materna. Attraverso l’esperienza del catecumenato, tutta la comunità trae beneficio e ritrova il motivo del suo esistere. Fa così alleanza con il mandato missionario del Signore risorto che invita i suoi a “fare” discepoli tutti i popoli battezzandoli - immergendoli, dunque, e non solo celebrando sacramenti - nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Mt 28, 19-20), cioè nella comunione trinitaria.
Il catecumenato è, quindi, ben di più che un corso che alcuni seguono per preparare il Battesimo. È un itinerario personale ed ecclesiale che abilita a vivere da cristiani e che permette di ripensare la Chiesa in prospettiva sinodale e missionaria. In questo senso la catechesi, e più in generale di tutta la pastorale, trarrebbe un beneficio notevole se prendesse seriamente l’ispirazione catecumenale invocata dal Direttorio per la Catechesi (nn. 61 e ss.) e dai Vescovi italiani (IG, nn. 52 e ss.). Il che significa comprendere il significato di questa ispirazione, volerla sinceramente attuare e lavorare con una progettualità ecclesiale e diocesana condivisa, in vista della sua realizzazione.
La Chiesa diocesana è provocata ogni anno dall’itinerario dei “nostri” catecumeni, ma continuamente le nostre parrocchie accompagnano tanti bambini e ragazzi a diventare cristiani. Siamo forse vittime di una sterile apatia missionaria o siamo succubi di una più o meno cosciente fossilizzazione nei “nostri programmi” per non iniziare convintamente a convertirci e a lasciarci “ispirare” dal Signore nell’essere sempre più discepoli-missionari?
*responsabile del Servizio diocesano per il Catecumenato