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"Dio piange su queste vite spezzate": Treviso si stringe a Lampedusa nel ricordo del naufragio del 3 ottobre 2013

La veglia di preghiera di venerdì 3 ottobre nel piazzale della Casa della Carità di Treviso sul tema “Una speranza, un unico popolo. La forza della speranza permette di attraversare ogni difficoltà" è stata un momento di grande intensità. Il viaggio di Abramp come filo conduttore della rifleessione

Numerose persone, tra cui il vescovo mons. Gardin e diversi sacerdoti, hanno partecipato alla veglia di preghiera organizzata venerdì 3 ottobre dalle Caritas di Treviso e Vittorio Veneto per ricordare la tragedia di Lampedusa di un anno fa in cui morirono 368 persone.

Don Davide Schiavon, direttore della Caritas tarvisina, inizialmente ha precisato che l’incontro aveva lo scopo non di dare giudizi o di polemizzare, ma di invocare il Signore perché gli uomini ritrovino la fiducia nel domani, illuminato dalla carità.

Dopo la lettura del brano della Genesi in cui si narra della chiamata di Abramo, il vescovo ha sottolineato che «La vita di ognuno di noi può essere ben raffigurata da un viaggio, un viaggio carico di speranza. Senza speranza, o senza speranze, il cammino della vita si fa arduo, perde il suo senso. Senza speranza vengono meno le energie, si rallenta il passo, fino ad arrestarsi; oppure il viaggio si trasforma in uno smarrimento, un vagare incerto senza meta. La speranza consente di guardare al futuro, di desiderarlo, di interpretarlo come il tempo di una gioia o di una felicità perseguibile, vitale». Ed ha proseguito: «E si è disposti ad andare lasciando qualcosa, anche se questo comporta dei distacchi dolorosi, il recidere dei legami preziosi… Tra l’altro, gli studiosi della Bibbia ci dicono che quel «vattene» non indica solo un movimento fisico o geografico: è un verbo che si potrebbe tradurre anche con «va’ per te; va’ verso di te; va’ in te». Come dire: va’ per il tuo bene (va’ per te), lascia alle spalle il tuo passato, entra in te stesso, nell’intimo della tua coscienza (va’ in te, verso di te): ritrova te stesso, la tua vocazione più autentica». Si è quindi augurato che tutti i viaggiatori siano felici, ma di fronte alle tragedie, come quella di Lampedusa che ci lasciano senza parole, non dobbiamo restare indifferenti, dobbiamo recuperare, come suggerisce papa Franesco, l’esperienza della compassione. Ed ha concluso: «Chiediamo, questa sera, di non perdere la capacità di piangere. Convinti che Dio ha pianto e piange su queste vite derelitte, su queste speranze spezzate, su questa umanità segnata da così grandi ferite».

La veglia è proseguita con l’accensione delle candele e la lettura di una serie di brani del Nuovo Testamento sulla carità, ma anche di alcuni versetti del Corano sulla speranza del credente di essere esaudito da Allah.

Suggestiva la conclusione della veglia: ogni partecipante è stato invitato a lasciare la sua impronta digitale su un pannello bianco, quale segno per “affermare che ci stiamo nella lotta per un mondo migliore, per un mondo capace di riconoscere in ogni persona un fratello e non un problema da risolvere”.

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