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Tra promesse e politica: ma chi pensa al lavoro?

Tra una campagna elettorale fatta contro gli avversari e promesse fatte alla pancia della gente, sarebbe ora che i politici pensassero davvero all’Italia. Non in senso protezionistico, la globalizzazione è inarrestabile, ma imparando a non svendere o depauperare il lavoro in Italia.

Siamo in campagna elettorale e i nostri politici si sentono in dovere di riempirci quotidianamente di promesse. Se un tempo le fiabe iniziavano con “C’era una volta …”, oggi tutti i giorni iniziano con “Se sarò eletto …”. Così, durante una campagna elettorale, l’aria è piena di discorsi, e viceversa.

Per non far torto a nessuno evitiamo di citare le promesse di qualcuno, siamo in par condicio. Perciò sceglietene una a caso, tanto vanno bene tutte come esempi di politica fatta contro gli avversari e di promesse fatte alla pancia della gente (non alla loro intelligenza o saggezza).

Molti attribuiscono una frase ad Alcide De Gasperi (certo egli la realizzò in modo elevato), tuttavia essa appartiene a James Freeman Clarke, un predicatore statunitense dell’800. Egli sosteneva che “un politico pensa alle prossime elezioni, un uomo di Stato alle prossime generazioni”. Ovviamente, tutti sono d’accordo, ma quasi nessuno lo fa.

Non occorre essere dei geni per capire che nei prossimi decenni uno dei grossi problemi sarà il lavoro. Non perché gli emigrati ce lo porteranno via, visto che molto spesso sono impiegati in lavori  che noi italiani non facciamo più. Il lavoro diventa sempre più raro, perché è portato via dal commercio via internet, dai robot che automatizzano le fabbriche, dall’intelligenza artificiale che fa sparire alcune occupazioni.

Ad esempio, vi sarete accorti che molte realtà vogliono farvi usare le loro app sui vostri telefonini intelligenti. E’ per eliminare costi, cioè posti di lavoro. Le banche vogliono ridurre al minimo il contatto con il pubblico facendoci fare tutto dal computer a casa o dal cellulare. Già lo stipendio si riceve in banca, si possono pagare le utenze in automatico, prelevare i soldi dal bancomat, pagare ciò che acquistiamo con le varie carte… l’unico problema sono gli assegni, ma ci arriveranno. E’ comodo per noi ma anche per la banca che elimina personale. In futuro la banca servirà solo per venderci i loro prodotti finanziari.

Attenti al capitale straniero

Ma il lavoro scompare dall’Italia anche perché alcune aziende straniere (non certo i clandestini) hanno rilevato aziende italiane in buone condizioni e poi le hanno portate alla chiusura, eliminando così la concorrenza italiana.

E’ ormai compromesso il comparto degli elettrodomestici, uno di quelli che trainavano la nostra economia. Ora è diventato un settore problematico, in seguito alle varie acquisizioni straniere.

La svedese Electrolux che ha comprato la friulana Zanussi (Pordenone) e la veneta Zoppas (Conegliano) ha poi ridotto al minimo le aziende fino alla loro chiusura. In questi giorni si parla della crisi dell’Embraco, azienda di motori per frigoriferi controllata dall’americana Whirlpool, è una nuova ferita nell’industria italiana. Whirlpool si è già presa Indesit, Merloni, Ignis e poi pian piano ha iniziato a chiudere a Trento, Cornero e negli stabilimenti marchigiani.

Anche l’alimentare è preda di stranieri (ma non stiamo parlando dei profughi). La multinazionale francese Lactalis (proprio quella della salmonella nel latte in polvere per bambini) ha acquistato, nel 2011, la Parmalat. Allora l’azienda italiana era in crisi finanziaria, ma in ottima salute industriale.

Questo passaggio di proprietà fu salutato in Italia come la fine della crisi di Parmalat di Tanzi, si giurò che non sarebbe stata la fine di Parmalat, che si sarebbe conservata la territorialità del marchio italiano al punto di costruire a Collecchio, vicino a Parma, un centro di produzione e distribuzione di latte fresco per l’Europa. Ebbene, tutto questo non è accaduto. Invece, l’obiettivo è stato quello di abbattere il prezzo del latte italiano per costringere gli allevatori a chiudere; sono state chiuse 4.000 stalle, il 10% del totale. Lo dice la Coldiretti, la quale segnala che sono finiti in mani straniere tre marchi su quattro, la situazione futura è molto preoccupante. Potremmo ricordare anche il caso Alitalia, ma è come sparare sulla Croce Rossa.

Buona politica

Sarebbe ora che i politici pensassero davvero all’Italia. Non in senso protezionistico, la globalizzazione è inarrestabile, ma imparando a non svendere o depauperare il lavoro in Italia. I francesi hanno fatto il diavolo a quattro per difendere quello che stavano per vendere agli italiani: i cantieri navali di Stx di Saint-Nazaire. Hanno nazionalizzato i cantieri per venderli alle loro condizioni. Hanno messo sul piatto collaborazioni in altri ambiti. Hanno impegnato il nuovo governo in modo sfacciato. Tutto ciò anche con l’obiettivo di conservare i posti di lavoro di quei cantieri. Certo in Francia tutto sembra di interesse nazionale e forse non è un modello da imitare. Tuttavia l’attaccamento al lavoro deve farci pensare.

Con vicende completamente diverse anche in Germania si è fatto molto per mantenere il lavoro. I sindacati tedeschi prima difendono il lavoro e poi il lavoratore. Questo ha portato dei vantaggi anche agli occupati.

Alcuni teorizzano che la politica non possa far molto contro i poteri finanziari o economici. Francia e Germania ci dicono il contrario; cioè loro hanno politici che pensano anche al lavoro dei loro cittadini.

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