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Prosecco e candidatura Unesco. La soluzione migliore? Restringere l'area

Plaude alla scelta della Commissione Unesco Tiziano Tempesta, docente al Dipartimento territorio e sistemi agroforestali dell’Università di Padova. “Questa è una buona notizia, vuol dire che le osservazioni che da tempo abbiamo fatto sui limiti e le incongruenze del dossier di candidatura erano fondate". Il Consiglio? Comprendere nella zona interessata solo le ripide colline più a nord, dove la coltivazione della vita è radicata e antic.

Plaude alla scelta della Commissione Unesco Tiziano Tempesta, docente al Dipartimento territorio e sistemi agroforestali dell’Università di Padova. “Questa è una buona notizia, vuol dire che le osservazioni che da tempo abbiamo fatto sui limiti e le incongruenze del dossier di candidatura erano fondate e che l’Unesco non si è piegata a logiche politiche che ne avrebbero screditato l’operato”.
Scusi professore, ma cosa c’è di inautentico nelle colline del Prosecco?
In realtà abbiamo due sistemi paesaggistici. Anzitutto ci sono le colline poste più a nord, circa 9mila ettari, caratterizzate da pendenze molto forti, dove ci sono ciglioni. Qui ancora adesso, come in passato, forse da più di duecento anni, si può coltivare solo la vite. L’attuale diffusione del Prosecco però è un fenomeno degli ultimi anni. Il catasto vinicolo del 1967 indicava nella provincia di Treviso 4mila ettari a Prosecco in tutto, ora sono 7mila solo gli ettari della docg. Di questa trasformazione sono protagoniste le colline più a sud, quelle più morbide, l’altro sistema paesaggistico, dove si è intervenuti con nuove piantumazioni e si è sradicato il paesaggio più tradizionale: che qui si sia sempre prodotto il Prosecco, non lo dice nessuna fonte storica. Il Prosecco nella zona più impervia, sull’asse Campea Rolle, ha impedito l’abbandono della collina e dell’agricoltura. Invece, nelle altre colline hanno sbancato di tutto e di più, una modifica radicale.
Cosa consiglierebbe alla Commissione Unesco per il riesame che farà il prossimo anno?
Ho condiviso il parere della Commissione tecnica Unesco, e poi nella sede più politica mi è sembrato di assistere a una specie di mercato delle vacche. Io restringerei il campo ai 9mila ettari che corrono a nord sulla strada del Prosecco, all’agricoltura eroica, quest’area meriterebbe di far parte del patrimoni Unesco, una serie di tre colline con due valli intermedie.
Il Prosecco è un fenomeno mondiale, difficile essere sereni in queste decisioni.
E’ stata un’operazione di marketing che ha raggiunto un successo strepitoso. Ma alla lunga i consumatori non distinguono più tra “denominazione di origine controllata” e “denominazione di origine controllata e garantita” e questo sta creando problemi per la docg, che ha costi di produzione molto più alti. Non si può però risolvere questo problema dando alla docg il “contentino” del patrimonio Unesco. (Mariano Montagnin)

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