lunedì, 16 settembre 2024
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Violenza di genere, proponiamo il racconto di una giovane donna

La violenza non è solo fisica, ma può essere anche psicologica e non sempre è facile riconoscerla fin da subito: “Io sono stata fortunata”

Io sono stata fortunata. Nel momento in cui ho deciso di riaffermare la mia dignità e il mio valore, quell’omuncolo che tanto potere aveva avuto su di me è svanito come una bolla di sapone. Quello che rimane, ancora oggi, a distanza di tanti anni, è l’amarezza, la vergogna e l’umiliazione di avergli permesso di svilirmi e mortificarmi come persona.

All’inizio non è mai facile comprenderlo, sì, c’è qualche sbavatura, qualche cosa che non torna, ma in fondo nessuno è perfetto. Ci sono gli amici che esprimono perplessità, ma che ne sanno loro, non capiscono.

Poi, però, le cose hanno iniziato a cambiare. Parlare con lui era come camminare sulle uova, era necessario essere concilianti, sempre, per non arrivare allo scontro. Io non avevo ragione, mai, e dato che sbagliavo, dovevo chiedere scusa, sempre. Le domande più innocenti potevano diventare motivo d’ira. Il suo atteggiamento è divenuto ricattatorio, la sua considerazione per me, minima.

Un giorno mi capitò di voler festeggiare un importante traguardo professionale raggiunto, durante la serata discutemmo per qualcosa, avevo espresso in maniera troppo arrogante un’opinione. Non mi rivolse più la parola per tutta la sera. Una volta tornati a casa sua, mi misi a letto e mi girai di spalle, triste per non aver ricevuto alcuna gratificazione per una cosa che per me era tanto importante e nemmeno un piccolo augurio, visto che a mezzanotte era iniziato il giorno del mio compleanno. Non lo avessi mai fatto. Quel mio gesto suscitò la sua ira: “Come mi ero permessa di voltargli le spalle e mancargli così di rispetto? Non avrei mai più dovuto permettermi”.

A quel punto volevo solo andarmene, a ogni costo, ma ero lontana da casa e senza macchina, nel cuore della notte. Mi stavo preparando per uscire comunque, quando mi scoppiò a ridere in faccia. “D’altronde quanto stupida ero se volevo andarmene nel cuore della notte? Dove volevo andare?”. Aveva la capacità di farmi sempre sentire inadatta, ingenua, sbagliata.

I miei sogni? Sciocchezze inutili. I miei sforzi per conciliare due lavori, il tentativo di realizzarmi come professionista e allo stesso tempo gestire la mia casa e le mie cose? Mai abbastanza. Nulla di ciò che facevo io era importante. Eppure, avevo studiato più di lui, avevo più opportunità di carriera di lui, ero solo più giovane e quindi dovevo lavorare sulla realizzazione del mio futuro. Ma tutto questo per lui era una ridicola e ingenua perdita di tempo, come se io non valessi nulla.

Quando esci da una cosa così, comunque dentro ti rimane il senso di colpa per aver permesso che accadesse. Però questa volta, almeno, ho vinto io. Ho ripreso in mano la mia vita e ho realizzato i miei sogni.

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