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Violenza giovanile: cresciamo tutti come educatori

L’intervento della psicopedagogista Lucia Boranga sul ruolo di genitori e famiglie: sicurezza nella relazione, controllo e capacità di essere guida per i figli adolescenti
24/01/2025

Scrivere qualcosa dopo che è avvenuto un tragico fatto di cronaca che ha causato la morte di una persona, in questo caso giovane e figlio del nostro capoluogo, è sempre molto difficile.

Anche se questo giovane ormai non c’è più - e non doveva succedere - vale però la pena ritornare sulla vicenda perché altri come lui sono in pericolo.

Il figlio di mamma Monica è morto a 22 anni, picchiato e accoltellato da coetanei nel contesto di una vendita di stupefacenti.

Gli autori materiali dell’omicidio, ripresi da una telecamera di sicurezza, sono attualmente in carcere.

Partendo dal fondo, è chiaro che è necessaria la certezza della pena. Una pena che dia anche opportunità di recuperare il recuperabile.

Eloquente il commento della dottoressa Alessandra Simone, questora di Treviso, che ha parlato di “giovani che stanno andando alla deriva”, con un appello alle istituzioni perché facciano rete per affrontare la questione della violenza giovanile e della diffusione delle droghe.

“Diciamo che quando non si può intervenire con la prevenzione - ha spiegato Simone - la repressione deve essere immediata e questo abbiamo fatto... Noi interveniamo con risposte tempestive ed efficaci, ma il problema di questa deriva giovanile ce lo dobbiamo porre tutti, in rete, perché i giovani vanno recuperati”.

Dunque un recupero, o un fallimento, che ci riguarda tutti, ciascuno nel suo specifico.

Questi tragici e frequenti episodi, infatti, non hanno mai una sola causa, ma molte, e sono cause che si incrociano e si sommano sin dalla più tenera età dei giovani coinvolti: le vulnerabilità personali, la famiglia con le sue fragilità, il contesto sociale con le diverse forme di degrado, anche sottili, la scuola dell’istruzione senza educazione, la mancanza di adulti che diano l’esempio e siano punti di riferimento, l’assenza di speranza e progettualità, il denaro senza l’impegno, la competenza e la fatica, l’essere immersi nella violenza virtuale di ogni tipo, entità e sfumatura...

Quali sono i principali fattori di protezione per adolescenti e giovani contro i comportamenti antisociali e violenti, agiti e subiti, perché per loro non finisca male?

Il primo fattore di protezione è certamente la costituzione di un legame di attaccamento sicuro con i genitori e gli adulti di riferimento.

Ci riferiamo alla dimensione sollecitudine/ostilità, che si riferisce alla percezione di ricevere affetto, ascolto e sostegno in quanto significativi per il proprio genitore.

Conti per i tuoi genitori per il solo fatto che esisti e puoi contare su di loro.

Il secondo fattore di protezione è il così detto “parental monitoring”, che altro non è che quell’insieme di necessari comportamenti messi in atto dall’adulto per conoscere e guidare le esperienze, soprattutto fuori casa, dei figli quando iniziano a uscire in autonomia.

Ci riferiamo alla dimensione permissività/severità, che include il controllo e la richiesta di disciplina ai figli, autorizzata dalla coerenza dell’educatore in riferimento alla sua auto-disciplina.

La capacità del genitore di monitorare il figlio guidandolo, senza coercizione o abbandono, diventa cruciale soprattutto in due situazioni: quando è inevitabilmente influenzato dal gruppo di pari, e sempre di più quando è il web più oscuro a fargli da babysitter sin dalle elementari.

Soprattutto quest’ultimo, il web oscuro, è in grado di vanificare il genitore più amorevole del mondo, ma sprovveduto o distratto o disimpegnato o oberato, poiché la sua energia è tutta assorbita dall’essere solo lavoratore e consumatore. Con la denatalità non è avvenuto l’auspicato: che, cioè, il minor numero di figli significasse automaticamente figli meglio seguiti.

Non c’è mai stata un’epoca d’oro della famiglia, se intesa come luogo di relazioni idilliache, e l’attuale è realmente complessa.

Crescere tutti come educatori è un enorme, ma cruciale sforzo in grado di obbligare un’intera società a ripensare il futuro.

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