Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
XXXIII Domenica del Tempo ordinario: Tribolazioni devastanti e teneri germogli
Ormai siamo a conclusione del cammino di quest’anno liturgico, dietro a Gesù, Parola fattasi carne nella storia. Il brano riprende un breve passaggio del suo ultimo discorso, che si colloca «di fronte al Tempio» (Mc 13,3), il centro focale del rapporto del popolo di Israele con Dio. Viene proclamato che il Tempio verrà distrutto, non garantirà l’Alleanza proposta da Dio al suo popolo fin dal Sinai.
Alla fine dei tempi
In quest’ampia esposizione emerge un annuncio che lancia lo sguardo oltre il presente e gli avvenimenti che avrebbero segnato definitivamente la relazione di Gesù con i discepoli, cioè la sua passione, morte in croce, sepoltura, risurrezione. E questo annuncio dichiara apertamente la dimensione divina di Gesù, visto il ruolo che egli afferma essere suo al compimento della storia. Ma è anche discorso fitto di avvertimenti ai discepoli (e a noi), affinché non considerino immediata quella “venuta” conclusiva, chiamandoli a «vegliare» per riconoscere nel quotidiano l’appello a conversione e salvezza. Una venuta, quindi, che si compie di generazione in generazione (v. 30).
Nella “grande tribolazione”, un “piccolo segno”
Il “frat-tempo” tra il presente e l’ultima venuta di Gesù come Figlio dell’Uomo «in potenza e gloria» è tormentato da una «tribolazione» grande. È manifestazione della potenza di morte che Gesù stesso sperimenterà entro pochi giorni, morte che tende a lacerare lo stesso rapporto con Dio, il Padre della vita. Una potenza che «sconvolgerà» lo stesso ordine creato all’inizio (Gen 1,14-18). A fronte di tanta forza di distruzione, e nell’annunciare la sua venuta «nella gloria», Gesù propone una «parabola», il «ramo di fico» che «diventa tenero» nel germogliare delle foglie, e così annuncia il venire dell’estate. È come proporre a segno di vita nuova un lieve respiro nell’imperversare di una immane tempesta.
Le «grandi tribolazioni» attuali
Oggi, in «questa generazione» nostra, si moltiplicano gli eventi di «tribolazione», i morsi di morte che tendono a demolire e neppure far cogliere ogni realizzazione di bene fatta crescere con fatica in anni e generazioni precedenti. La speranza di un mondo più pacifico e in grado di generare benessere per tutti, grazie allo sforzo di “uomini e donne di buona volontà”, sembra essersi infranta sul ritorno spudorato e trionfante di visioni di forza e violenza, di guerra e ingiustizia, di repressione del dissenso e limitazione della libertà. La promessa non mantenuta al crollo del muro-simbolo a Berlino, la promessa di libertà e benessere che l’Occidente si illudeva di rendere accessibile a tutti i popoli, si è frantumata nella competizione sempre più accesa sulle risorse altrui per arricchire i già ricchi. E il sogno e la realizzazione di governi democratici, più giusti e capaci di far crescere benessere materiale e relazionale si è dimostrato incapace di governare la complessità e la crescente fragilità di un mondo sempre più globale. L’espressione di populismi che contrappongono interessi di gruppi limitati al bene comune dell’umanità e del pianeta stesso sta dimostrandosi così potente da ammaliare sia l’Europa che l’America. Russia e Cina sempre più si propongono come alternative fondate sulla forza, gli altri “Paesi emergenti” stanno cercando vie autonome, e il resto del mondo rischia di esser preda del predatore più forte di turno. Mentre le guerre si moltiplicano, mentre le ingiustizie si ingigantiscono, la crisi climatica imperversa senza che la mai così necessaria cooperazione internazionale sappia imporsi come urgenza senza dilazioni. Una «grande tribolazione», appunto.
Noi, chiamati a intravedere germogli
Noi cristiani siamo stati preavvertiti: non saremo risparmiati dalla «tribolazione» di turno, come non lo è stato Gesù. Piuttosto, siamo chiamati a riconoscerne le ferite che si allargano nel cuore dell’umanità e del pianeta, a non far finta di nulla, credendoci immuni, “preservati”.
Ma ancor più, a riconoscere i segni della perenne presenza di Dio perfino nella «tribolazione», al modo di una fragilissima e tenacissima capacità di amare, e quindi di rigenerare vita. Che mai sarà, in catastrofi così violente e diffuse, in sconvolgimenti di mentalità così profondi, «un ramo di fico che si intenerisce a germogliare»? Eppure, il Signore Gesù ci impegna a «vegliare» (Mc 13,33-37). Essere capaci di distinguere processi di solidarietà che reggono l’impeto che spezza relazioni e comunità, capaci di alimentare sguardi di attenzione, orecchi di ascolto in ogni situazione di fragilità, mani che sanno sostenere dignità, a partire da coloro che più ne sono privati, cuori che si “inteneriscono” per germogliare vita... Insieme, non da soli. La comunità che ascoltava il racconto del Vangelo ha scelto di accogliere e rispondere all’amore di Dio in lei riversato dalla Pasqua di Gesù crocifisso e risorto, e dall’azione creatrice e creativa del suo Spirito. E reggere così nella «tribolazione» del suo tempo. Una comunità che ha saputo consegnare alla generazione successiva una testimonianza di fede e di amore sufficiente a convertire altri passi. E noi, oggi come ieri, ne siamo capaci?