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XXIII domenica Tempo ordinario: Una salvezza che ci apre al mondo

È’ il corpo intero dell’uomo sordo e muto a essere reintegrato nella sua capacità di relazione

Il brano di questa domenica presenta Gesù al rientro dalla «regione di Tiro», oltre i confini di Israele, luogo in cui si reca con il piccolo gruppo dei discepoli per ripensare la propria missione dopo la “crisi galilaica”, dopo la presa di coscienza che la sua azione in Galilea non stava producendo i frutti sperati di conversione e di accoglienza del suo messaggio (Gv 6,66).

Mani che toccano, gesti che guariscono. Le azioni di salvezza compiute durante il cammino si compiono in terra pagana, a Tiro (Mc 7,24-30) e in quella Decapoli, territorio della Transgiordania (Mc 7,31-8,10) nella quale aveva già liberato un uomo posseduto da migliaia di demoni (Mc 5,1-13), ma dalla quale era stato anche invitato ad andarsene (Mc 5,14-17). L’intervento di guarigione narrato è messo in atto su un uomo sordo e muto. Gli viene chiesto di «imporgli la mano», un gesto terapeutico che si ritrova in altri episodi evangelici (Mc 3,10; 5,23): richiama la potenza della mano di Dio che salva chi si affida a lui (Sal 138,7).

Ma il racconto, stavolta, propone una serie particolarmente articolata di azioni e di parole: Gesù conduce quell’uomo in disparte, quasi in un ambiente protetto per un incontro personale, e mette in atto una forma di comunicazione adatta a lui, isolato nella sua sordità, impedito dal «nodo della sua lingua», cioè lo tocca. Le dita negli orecchi, la saliva sulla lingua sono gesti di cura già presenti nella tradizione taumaturgica del tempo, e così il rivolgersi «verso il cielo». Ciò che gli ordina, a quel punto, è «Apriti!». Apri il tuo essere al mondo, agli altri, a Dio stesso. E tutti gli impedimenti cadono, dagli orecchi che lasciano entrare parole, alla lingua che ora le lascia uscire. Il comando di non parlarne è vano, la folla loda Dio per quanto Gesù ha fatto, citando testi che alludono all’opera di Dio che compie il bene (Gen 1,31) e all’opera del Messia verso i sordi e i muti (Is 35,5-6), cioè coloro che non riescono ad ascoltare la Parola di Dio e ad annunciarne le opere di salvezza.

In terra pagana, salvezza che apre al mondo. Notiamo due particolari. Il primo coinvolge tutti e tre i segni di salvezza presenti nella sezione di Mc 7,24-8,10: sono compiuti fuori dalla terra d’Israele e hanno come destinatari chi non era erede della promessa fatta al popolo di Dio, ma che beneficiava comunque della “benedizione di Abramo” donata attraverso di lui a tutte le genti (Gn 12,3). Benedizione rinnovata da Gesù, colui che apre quel Regno di Dio che in lui a tutti si avvicina. E’ uno snodo importante nella missione di Gesù, che grazie all’incontro con la donna pagana comprende meglio il mandato del Padre (Mc 7,24-30) e lo mette in atto con coerenza, con questi gesti, in terra straniera.

Il secondo particolare è l’ordine delle azioni compiute per guarire il sordo-muto: inizia dagli orecchi e, poi, interviene sulla lingua. A indicare che solo aprendosi all’ascolto quell’uomo potrà aprirsi anche al parlare. Senza ascolto non c’è possibilità di “uscire da se stessi” consegnando ad altri le proprie parole, perché l’atto di comunicare è prima di tutto risposta a un mondo che chiede di essere ascoltato. Aggiungo: i gesti compiuti rimettono in grado la persona di “vivere con tutti i sensi”: l’udito è liberato dal tatto, la lingua riprende sensibilità e scioltezza... E’ il corpo intero a essere reintegrato nella sua capacità di entrare in relazione con il mondo, gli altri, con Dio stesso.

Rimessi in grado di “vivere con tutti i sensi”. Oggi, per noi, spesso chiusi in noi stessi, incapaci di aprirci al mondo, agli altri, a Dio, e quindi incapaci di comunicare con gli altri, con noi stessi, con lui, incapaci di annunciare quanto lui continua a compiere nella travagliata nostra storia... Oggi, per noi, spesso succubi delle paure di ciò che sta fuori, ingarbugliati dalle nostre ansie nel comunicare chi siamo, e per questo incapaci di accogliere e donare tutto il bene che Dio continua a fare, appena fuori di noi, quel bene che lui continua a far germogliare alla nostra porta... Oggi, per noi, comunità tante volte intristite e demotivate rispetto all’incontro con chi non conosciamo, con chi viene “da fuori”, non solo da lontano, ma anche dalla parrocchia vicina... Oggi, a noi, è annunciata questa salvezza: lasciamoci aprire gli orecchi, sciogliere la lingua, lasciamo che il Signore Gesù, con la forza del suo Spirito, ci rimetta in grado di “vivere con tutti i sensi” aperti al mondo in cui lui ci ha posti e nel quale ci viene a incontrare. Ascoltare con passione la sua Parola, che ci aiuta a decifrare quanto avviene nei nostri giorni, celebrare con tutti noi stessi la salvezza che ci viene donata nei sacramenti, riuscire finalmente a sperimentare relazioni e incontri come occasione di vita piena... Accogliamo con gratitudine queste azioni di Gesù su di noi, personalmente e comunitariamente, e torniamo a cantare il bene che lui fa, e ad esserne parte con tutto ciò che siamo.

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