Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Green pass, il filosofo Goisis ammonisce: "Libertà non va disgiunta dalla responsabilità"
"Non sono d'accordo con chi parla di totalitarismo e dittatura sanitaria - afferma l'intellettuale in merito alle polemiche, sollevate non solo dalle piazze ma anche da Agamben e Cacciari -. Va detto che un documento, ogni documento, introduce un elemento di diritto. Nei regimi totalitari i documenti vengono tolti, non introdotti, e le persone sono ridotte a un numero. E mi permetto di dire che, comunque, è un po’ ingenuo affermare che il passaporto verde apra le porte all’avvento della tecnocrazia. In realtà, essa è già ampiamente presente nella democrazia, i sintomi vanno cercati altrove".

Libertà: è più che mai, dopo un anno e mezzo di limitazione, l’aspirazione di tutti. Ed ecco che, nel momento in cui un documento, il cosiddetto green pass, diventa la condizione per poterci muovere con una “certa” libertà, le piazze si riempiono di persone no vax e contro il green pass, in nome, naturalmente, della libertà. Non solo: due tra i maggiori filosofi italiani, Giorgio Agamben e il veneziano Massimo Cacciari, scrivono sul sito dell’Istituto di studi filosofici un breve ma dirompente articolo, nel quale prendono le distanze dallo stesso green pass, evocando, addirittura, il rischio del totalitarismo e facendo qualche richiamo ai periodi più bui del ventesimo secolo. Ci siamo rivolti a un altro filosofo veneziano, che di Cacciari è stato pure compagno di banco, per provare a dipanare la matassa.
Professore, importanti filosofi vanno contro il green pass e le scelte del Governo Draghi. Cosa ne pensa?
Ritengo, innanzitutto, che il dibattito abbia una funzione positiva e sia sempre importante. Non assimilo la posizione dei due filosofi a quella delle piazze, anche se bisogna poi vedere come le loro parole vengono interpretate, su questo occorre vigilare. Si afferma, in ogni caso, di non essere contro il vaccino, ma contro l’uso politico che se ne fa; anche se, leggendo i recenti interventi di Agamben, dei dubbi rimangono. Quanto a Cacciari, lo conosco da quando avevamo entrambi i calzoni corti. Lo stimo molto come persona, spesso sono stato d’accordo con lui su singole cose, devo anche dire con franchezza, che stimo meno il personaggio, sempre un po’ corrucciato, che i media gli hanno cucito addosso. Nel merito, ritengo come detto che i contributi al dibattito siano comunque positivi, e che la persuasione sia sempre preferibile alla coercizione. Tuttavia, devo anche dire che la gestione di Draghi mi pare equilibrata e saggia e che il termine “dittatura sanitaria”, usato da Agamben non è poi così diverso da “tirannia sanitaria”, usato dal leader di Forza Nova Castellino.
Tutto ruota attorno al concetto di libertà. Che significato dare a questa parola?
E’ vero, la libertà è la grande aspirazione dell’uomo, in tutti i tempi e la sua importanza si è acuita con la modernità. Ma non mancano equivoci. Mounier afferma che la libertà è sempre sotto condizione, è sempre limitata da qualcosa. E Bernanos si chiede: “Libertà per che fare?”. Che uso ne facciamo? Il tema sarebbe ampio, ma mi pare che la libertà passi attraverso le condizioni della vita, i bivi della coscienza, e alla fine sia permeata di responsabilità. Il mio pugno arriva fino a un millimetro dal naso dell’altro, altrimenti io ledo l’altro. Questo principio del non danneggiare l’altro mi pare sia centrale, anche se c’è sempre qualcuno che, come accade in questi giorni, usa la libertà come parola magica. Eppure, alla radice dell’attuale costrizione c’è il virus, e i diritti non vanno mai dissociati dai doveri e dalla responsabilità. Va anche detto che una società non può tollerare comportamenti distruttivi, sempre la società garantisce ma anche limita la libertà, altrimenti si disintegra, si sfascia.
Qui però viene tirata in ballo la stagione dei totalitarismi europei, viene evocata una china pericolosa nel momento in cui si “discriminano” i non vaccinati...
Non sono d’accordo con quanto si afferma. Va detto che un documento, ogni documento, introduce un elemento di diritto. Nei regimi totalitari i documenti vengono tolti, non introdotti, e le persone sono ridotte a un numero, magari marchiato sul corpo. Un documento introduce elementi di legalità, in un quadro di garanzia. Certo, la domanda centrale è: “Fino a quando?”. Qui c’è un forte ammonimento. Ma mi permetto di dire che, comunque, è un po’ ingenuo affermare che il passaporto verde apra le porte all’avvento della tecnocrazia. In realtà, essa è già ampiamente presente nella democrazia, che si presenta debole. In alcuni Paesi, come Ungheria e Polonia, si parla apertamente di “democrature”. Insomma, il richiamo a vigilare è condivisibile, ma a mio avviso i sintomi sono altrove.
Un altro tema chiave è il valore da dare alla scienza: si può considerare il vaccino come un assoluto? Come valutare i dubbi che vengono avanzati in riferimento alla rapida sperimentazione dei sieri?
Qualcosa di vero c’è, il tempo per sperimentare è stato poco, ma nel frattempo la sperimentazione prosegue e si corregge il tiro. La logica, mi pare, è quella dei costi-benefici. Tuttavia, per maneggiare alcune questioni, i dati, le statistiche, bisogna essere specialisti. A volte, invece, c’è un fondo di amaro complottismo. E’ legittimo che i filosofi facciano delle considerazioni generali, ma mi pare che in qualche caso siano stati superati i limiti. Piuttosto, sul rapporto con la scienza servirebbe una sorta di carità intellettuale, per far capire che la scienza, pur centrale nelle nostre vite, da Galileo a Popper ha poco a che fare con gli assoluti, si procede per tentativi ed errori. Questa cosa l’opinione pubblica l’ha capita poco, prima si è affidata acriticamente ai vari Burioni, Galli e Crisanti... poi è subentrato un senso di delusione profonda.
In tutto questo dibattito si sente poco il richiamo al bene comune, caposaldo della Dottrina sociale. Invece, non sarebbe questo l’orizzonte a cui tendere?
Sì, credo che sia il vero orizzonte, la “pars construens” del nostro discorso. Di questo va nutrita la nostra democrazia, che soffre non di spallate, ma di consunzione interna. E’ decisivo superare una mentalità individualista, come avverte papa Francesco nella “Fratelli tutti”. Di fronte alle ingiustizie del mondo, c’è bisogno della “buona politica”.