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Paese: il "mal d'Africa" del dottore

Un mese in Africa con il Cuamm. Giuseppe Mardegan, già medico di famiglia e già sindaco di Paese, in quiescenza da circa un anno, è stato recentemente per un mese in Tanzania, da volontario sanitario in un ospedale, a Tosamaganga, in un altopiano a 1.500 metri d’altitudine. Tanto è bastato per programmare la ripartenza.

23/12/2019

Un mese in Africa con il Cuamm. Giuseppe Mardegan, già medico di famiglia e già sindaco di Paese, in quiescenza da circa un anno, è stato recentemente per un mese in Tanzania, da volontario sanitario in un ospedale, a Tosamaganga, in un altopiano a 1.500 metri d’altitudine. Tanto è bastato per fargli prendere il “mal d’Africa” e così ha già progettato la ripartenza.

Mal d’Africa, per Mardegan, equivale a quel sentimento umano che ti sprona a mettere a disposizione degli altri le tue competenze in un ambiente in cui basta poco, una banale malattia per lasciarci la pelle se non curata in tempo.

Ospite in un alloggio spartano ma dignitoso, con altri medici e specializzandi di varie università italiane, ogni giorno Mardegan si recava a servizio nell’ospedale diocesano di circa 200 posti letto, sorto per favorire principalmente la maternità e le cure pediatriche legate alla malnutrizione infantile.

Il medico di Paese, però, operava nel reparto di Medicina, dove le patologie prevalenti erano date da malattie infettive e respiratorie. Al pomeriggio, poi, riceveva i pazienti in un ambulatorio esterno, dove conveniva gente dai villaggi vicini.

Ma ciò che lo ha particolarmente colpito è stato constatare che solo pochi hanno accesso alle cure, ossia chi può permetterselo, gli altri devono rassegnarsi, e sono la vasta maggioranza. In sostanza, la sanità è per i pochi privilegiati che possono pagarsela non esistendo un sistema sanitario nazionale strutturato.

“In questo modo - afferma Mardegan - l’anello più debole della società, l’ammalato, diventa ancora più debole, dovendosi privare di quel poco che ha per curarsi. Una vera ingiustizia!”. Molta gente vende qualsiasi cosa, quel poco che ha o s’indebita fortemente per pagarsi le cure.

Ancora più selettiva è la sorte in caso di necessità chirurgica. Mediamente un’operazione di appendicite, un’ernia strozzata, un taglio cesareo costa l’equivalente di 100 euro, ma per i più è una spesa insostenibile. Per fortuna che c’è il Cuamm che interviene con il programma “Prima le donne e i bambini - Mille di questi giorni”, assicurando assistenza e cure gratuite per i primi due anni di vita, facendosi carico di visite, parto, vaccini e quant’altro sia necessario. Ciò ha ridotto drasticamente la mortalità infantile.

S’illumina Mardegan, pensando ai sorrisi dei bambini con cui è venuto in contatto: “Sono i ricordi più belli... la miglior ricompensa”. E poi la riconoscenza delle persone che ha potuto curare, consapevoli che il volontario è lì per camminare con loro, per condividere le fatiche, il desiderio di un futuro migliore, più equo. E’ gente che ama la vita ed esprime un’allegria sconvolgente, contagiosa pur possedendo poco o niente. Magari sono partiti al mattino presto per arrivare all’ambulatorio e il medico riesce a visitarli soltanto il tardo pomeriggio, ma non protestano mai, ringraziano e basta. Questo è il presepio vivente, che non ha nulla di teatrale, ma è quello del Vangelo, reale e attuale, che lascia il segno nelle persone di cuore che si recano ad aiutare i poveri a casa loro, un presepe che stride con tanti inversi atteggiamenti.

A gennaio Mardegan riprenderà l’aereo perché il richiamo è irresistibile, lo percepisce come obbligo: “Laggiù, a Tosamaganga - dice - mi stanno aspettando”.

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