martedì, 11 marzo 2025
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Malghe del grappa: sos cinghiali, lupi e costi alti

A maggio riprendono l’attività, non senza problemi

Amaggio si ricomincia. Tempo permettendo, le malghe del Grappa e del resto della Pedemontana veneta riprenderanno l’attività. Ogni anno le incognite della stagione precedente si ripresentano. Oltre ai margini ridotti della produzione casearia in montagna, permangono criticità che non si sono risolte nel tempo: il costo dell’energia elettrica, la convivenza con la fauna selvatica – in particolare cinghiali e lupi – la peste suina, che impone restrizioni per il bestiame.

“La scorsa stagione, la presenza dei cinghiali è stata devastante - racconta Isidoro Andretta, che anche quest’anno salirà con le sue vacche a Malga Coston, sul Grappa -. Distruggono interi pascoli, mettendo a rischio la disponibilità di foraggio”. Riguardo ai lupi, sottolinea che negli ultimi anni la loro presenza è stata meno intensa e solo in passato ha subito un attacco. Tuttavia, il problema non è solo il danno economico per gli animali predati, ma la perdita di capi selezionati nel tempo. “Una vacca o un vitello non hanno solo un valore monetario, che può essere rimborsato dalla Regione Veneto, ma rappresentano anni di selezione per il miglioramento della mandria”.

Le malghe offrono un ambiente ideale per gli animali: le statistiche dimostrano che il ricorso alle cure veterinarie si riduce del 30 per cento quando le vacche vivono all’aperto. “Le lasciamo fuori tutto il giorno – spiega Andretta – al massimo, se piove forte, si riparano sotto gli alberi. Corriamo il rischio per garantire il loro benessere”.

C’è, però, chi non ne può più. È il caso della famiglia Lora, che fino allo scorso anno gestiva Malga Paù, sull’altopiano di Asiago. “Una mattina ho trovato tutte le mucche strette le une alle altre, impaurite - racconta Isabella Lora, veterinaria con un contratto di collaborazione con l’Università di Padova -. Da quel giorno, di notte si ammassavano vicino alla strada. Non era la condizione ideale”.

La sua famiglia, che per anni ha gestito la malga con l’azienda agricola Ai Capitani – un modello con oltre 200 capi – ha deciso di abbandonare la montagna con due anni di anticipo rispetto alla scadenza del contratto d’affitto. “Abbiamo provato di tutto: reti di protezione, riduzione del numero di animali al pascolo, selezione di capi più abituati ai predatori. Ma non siamo più riusciti a garantire il benessere del bestiame. Non ha senso portare le vacche in alpeggio se poi devono restare chiuse in stalla”. La dottoressa Lora lamenta le difficoltà burocratiche: “La Regione Veneto richiede documentazioni sempre più complesse, mentre i costi di affitto delle malghe, di proprietà comunale nel Vicentino, continuano a salire. Lo scorso anno poi, nei dintorni, sono stati avvistati sei lupi”.

Nel Vicentino su 80 malghe, 20 rischiano di restare senza gestore.

Le Polizia provinciale di Treviso e Belluno ha avviato progetti di sorveglianza e prevenzione, come il monitoraggio dei lupi tramite radiocollari. Intanto, nonostante gli abbattimenti selettivi, la situazione dei cinghiali resta critica, anche a causa della peste suina. Per il futuro delle malghe sarà necessario trovare un nuovo equilibrio: garantire la sicurezza degli allevatori, mantenere il loro ruolo di custodi del paesaggio montano e preservare produzioni tipiche come il Morlacco e il Bastardo del Grappa. Solo così potranno continuare a essere un punto di riferimento per il turismo e la tutela dell’ambiente alpino.

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