Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
25 anni con il Centro Bordignon
Castelfranco Veneto festeggia con due appuntamenti l'anniversario della struttura, una risorsa nel cuore della città.
Venticinque anni di vita di quartiere. Li festeggia la prossima settimana il centro don Ernesto Bordignon di Castelfranco e per l’occasione organizza due importanti appuntamenti: domenica 9 ottobre alle 11 è celebrata la santa messa presieduta dal vescovo emerito Gianfranco Agostino Gardin, cui seguirà il pranzo comunitario, mentre sabato 15 ottobre alle ore 16 si tiene la tavola rotonda, cui parteciperanno anche mons. Lino Cusinato, suor Nazarena Fantuz delle Discepole del Vangelo e il sindaco Stefano Marcon.
“Un uomo coraggioso, generoso e povero, prete fuori delle righe, don Ernesto Bordignon, 25 anni fa è tornato a far parlare di sè a Castelfranco dando il nome a un centro ricreativo, formativo, aperto soprattutto ai ragazzi, ai giovani e anziani con attività per bambini anche sfortunati - commenta mons. Dionisio Salvadori, parroco del Duomo -. Mons. Lino Cusinato, allora pastore di questa comunità, ha ideato l’opera con l’aiuto di un fondo lasciato dalle attività del «santo» sacerdote. Così ancora oggi porta il suo nome. Perché lì? È al centro di un grande quartiere cittadino e promuove attività per le famiglie della contrada, per la parrocchia e per la città intera. Un comitato attivo ed efficiente ne programma vita e servizi. Una piccola comunità di Discepole del Vangelo, ivi residente, funge da centro di animazione e formazione umana e spirituale”.
Del resto, abitare un luogo è prima di tutto una occasione per scegliere: come si desidera caratterizzarlo, con quale stile si decide di definirne l’anima, perché sia riconoscibile e porti anche la firma di chi ha saputo macinarci dentro vita. Il centro Bordignon è niente di più, ma anche niente di meno, di questo. “E’ stata una ferrea volontà guidata dallo Spirito, una allegra semplicità contagiosa nei legami, un costante pensiero aderente alla realtà che cambia - spiegano i volontari che lo animano tutti i giorni -. Non sono mancate le difficoltà, come in ogni storia, “gli alti e i bassi”, le fatiche, le incomprensioni. E’ inevitabile”.
Ma va riconosciuto che questa esperienza ha fatto “scuola”, ha contagiato tanti, ha permesso di toccare con mano come la prossimità e le reti si costruiscono a partire dalle vie su cui ogni giorno camminiamo, dai luoghi che quotidianamente frequentiamo. Ed è stata poi volàno anche per nuove esperienze, che non per forza si devono realizzare negli stessi spazi. Questa è fecondità.
Di questa, nelle nostre città così fragili, dove oggi nel post pandemia verifichiamo il “ritiro sociale”, continua ad esserci bisogno. Di essere prima che di fare, ed è questa la scommessa vincente.
“Lo dimostrano i progetti che cerchiamo di realizzare, lo studio assistito pomeridiano per bambini e ragazzi, le attività della “Rete che cura” con gli anziani, le collaborazioni con L’Incontro, gli altri centri di quartiere - racconta Antonino Lupo, presidente del Comitato di gestione del centro -. Sentiamo però, sempre più forte, l’esigenza di aprirci ai giovani; abbiamo bisogno di confrontarci, di ascoltare le loro idee, di condividere nuovi progetti, affinché l’esperienza acquisita e la nuova energia si uniscano alla ricerca di iniziative che rendano il Centro sempre più luogo d’incontro, di amicizia, di solidarietà. Qualche nuovo passo in questa direzione è compiuto; accompagnati dalla forza dello Spirito potremo davvero continuare ad essere presenza concreta, semplice, accogliente per quanti arriveranno qui”.