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Ecuador: all’ultimo voto

Dopo il primo turno delle presidenziali del 9 febbraio, il prossimo 13 aprile si sfideranno due candidati all’opposto: il presidente uscente di destra Daniel Noboa e Luisa González, leader della sinistra. Sullo sfondo, la criminalità dilagante e i forti squilibri
13/02/2025

Due visioni di Paese che non potrebbero essere più diverse. Sarà il ballottaggio, tra due candidati quasi appaiati, il prossimo 13 aprile, a stabilire chi sarà il presidente dell’Ecuador: se il conservatore e imprenditore “bananero” Daniel Noboa si confermerà alla guida del Paese, o se Luisa González, dopo otto anni, tornerà a far rivincere la sinistra, che continua ad avere, come riferimento, l’ex presidente Rafael Correa. Un esito atteso, quello del ballottaggio, ma tutti pensavano a un vantaggio più consistente da parte di Noboa, che al primo turno di domenica 9 febbraio ha ottenuto il 44%, distanziando González solo di mezzo punto percentuale. Numeri che dicono, al di là di ogni altra considerazione, che il ballottaggio di aprile sarà il più incerto e, probabilmente, equilibrato della storia recente del Paese, anche se, spiega il missionario fidei donum don Giuliano Vallotto, “il Paese, con Noboa, sta scivolando verso forme di autoritarismo che non trovano freni legali e costituzionali e gran parte dei mezzi di comunicazione lo sostiene”. Il presidente uscente è forte soprattutto nelle province andine della “sierra”, e quindi nella capitale Quito, e in quelle amazzoniche della “selva”, la sfidante vince a Guayaquil e nelle zone costiere.

Nessun altro dei sedici candidati ha ottenuto risultati significativi, con la parziale eccezione di Leonidas Iza, presidente della Conaie, la maggiore organizzazione indigena del Paese, alla guida del partito Pachakutik, che ha superato il 5%.

Damiano Scotton, originario di Camposampiero, docente di Relazioni internazionali all’Università dell’Azuay, commenta così il risultato, alla luce della campagna elettorale: “González, rispetto alle previsioni e alle più recenti elezioni, ha ottenuto un’affermazione inattesa. Anche se i numeri sono molto lontani da quelli ottenuti nel 2021 da Yaku Pérez, la proposta indigenista mantiene una sua consistenza e Iza ottiene il duplice obiettivo di restare alla guida della Conaie e di poter incidere sulla politica nazionale”. Quello di Noboa è stato un mandato breve ma intenso, noto soprattutto per l’ondata di violenza di circa un anno fa e la forte risposta, a colpi di stato d’emergenza, del presidente. “Va detto, però, che il pugno di ferro è stato usato, in questi mesi, soprattutto con i «pesci piccoli», mentre nessun capo dei principali gruppi criminali è finito in manette. In ogni caso, la questione sicurezza non ha connotato la campagna elettorale, durante la quale sono stati sottolineati, piuttosto, i molti «apagones», i blackout elettrici, e la situazione economica del Paese”.

In ogni caso, Noboa “ha fatto valere la sua vicinanza al leader salvadoregno Najib Bukele e, soprattutto, a Donald Trump, avendo assistito al suo recente insediamento. Non sono, appunto, mancate alcune «forzature», a partire dalla destituzione della vicepresidente, María Verónica Abad, che avrebbe dovuto, secondo la Costituzione, guidare ad interim il Paese, durante la campagna elettorale. Il Presidente l’ha, invece, sostituita, e la Corte costituzionale gli ha dato torto, quando, però, ormai la campagna elettorale volgeva al termine”. Quanto alla candidata della sinistra, “in questa campagna elettorale si è sentita di meno l’ombra dell’ex presidente Correa, che resta, però ancora un punto di riferimento”.

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