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L'Annunciazione di Tiziano torna a brillare nel duomo di Treviso dopo il restauro

I lavori, iniziati lo scorso giugno, hanno permesso di svelare l’iscrizione con la firma del Tiziano e la data di realizzazione, certificando l’attribuzione all’artista cadorino. Straordinaria la luminosità, ricca di colori brillanti e sfumature che ne hanno “modificato” la spazialità

Fin dai primi mesi di restauro, a chi se ne stava prendendo cura è apparso il primo “dono”: l’iscrizione a caratteri umanistici rimasta nascosta per secoli, “Titianus pinxit MDXX” (la firma e la data di consegna dell’opera), ben leggibile in basso a destra. E giovedì 28 aprile, l’Annunciazione di Tiziano, patrimonio prezioso della cattedrale di Treviso, è stata svelata in tutta la sua bellezza ritrovata.

Molte persone, appassionati d’arte, cittadini trevigiani, e non solo, autorità civili e militari, si sono regalati uno “spazio di bellezza che rigenera”, come ha definito l’evento don Paolo Barbisan, direttore dell’ufficio diocesano dei Beni culturali. A presentare l’intervento di restauro Luca Majoli, storico dell’arte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, i restauratori Francesca Faleschini e Roberto Saccuman, e Alberto Nardi, vicepresidente di “Save Venice”, che ha finanziato l’opera.

Majoli, portando i saluti del soprintendente Fabrizio Magani, ha ringraziato la Diocesi e “Save Venice” e ha sottolineato che “è stato un restauro necessario, che ha portato a una revisione sostanziale dell’ultimo intervento - pur corretto - realizzato 40 anni fa. I timori erano molti perché si interveniva su un’immagine consolidata, presente in tutti i manuali di storia dell’arte. I risultati importanti consentiranno una rilettura critica di una delle più importanti opere di Tiziano. Ringrazio tutti gli attori di questa vicenda, si tratta di un atto di cultura estremamente virtuoso”.
I lavori, iniziati l’anno scorso, il 3 giugno, e durati quasi un anno con alcuni momenti di rallentamento, dovuto anche alla pandemia, hanno impegnato una squadra di quattro restauratori e sono stati sostenuti da “Save Venice”, e in particolare dal generoso contributo di Christopher Todd Page, per un totale di 69.000 euro. “Save Venice” è un’organizzazione statunitense non profit, dedita da più di 50 anni ad attività di conservazione e restauro di opere d’arte e di architetture della città di Venezia, che dallo scorso anno ha volto il proprio sguardo e il proprio impegno anche in Terraferma, e in particolare a Treviso. Nata in risposta alla tragica alluvione del 1966, “Save Venice Inc.” conta oggi oltre 1.700 beni artistici restaurati.
L’opera del 1520 è conservata nella cappella Malchiostro della cattedrale di Treviso, dove si è svolto il lavoro di restauro, così che in quest’anno i visitatori hanno potuto osservare il lavoro dei professionisti da una “finestra” aperta sul cantiere.

“Questo intervento, grazie al generoso contributo di Save Venice - ha ricordato don Paolo Barbisan -, reca grandi novità alla conoscenza dell’opera e segna l’inizio di una necessaria valorizzazione della Cappella Malchiostro della Cattedrale, nella quale l’armonico dialogo tra l’architettura lombardesca e l’arte di Tiziano e Pordenone dà origine a uno dei luoghi più suggestivi della città”. E proprio il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha ringraziato quanti hanno lavorato per il restauro e quanti si impegnano a valorizzare e a far conoscere i tesori della città, come i volontari di “Chiese aperte”, ricordando l’importanza di condividere un percorso e un obiettivo.

Nardi ha ricordato i numerosi interventi di “Save Venice” in corso, tra cui l’Assunta, sempre di Tiziano, alla basilica dei Frari a Venezia, e altri alla scuola Grande di San Rocco o alla basilica di Torcello, e l’impegno a valorizzare le pittrici che hanno operato nella città veneziana, come Giulia Lama e Rosalba Carriera.
Francesca Faleschini, che ha condotto il restauro per la parte pittorica, e Roberto Saccuman per il supporto ligneo, hanno poi illustrato la situazione al momento della presa in carico del lavoro e i successivi passaggi, dalla rimozione della ridipintura fatta nei secoli, alla rimozione della vernice alterata, al recupero delle parti lacerate, delle fessurazioni, fino ai lavori sulla struttura di contenimento.

Oggi la pala si presenta con una straordinaria luminosità, ricca di colori brillanti e sfumature che ne hanno “modificato” la spazialità. Le moderne tecniche hanno permesso, inoltre, di “leggere” il disegno, che “è tutto di Tiziano” - ha detto Faleschini - e di attribuire l’opera con certezza al cadorino. Si pensava, infatti, che l’Annunciazione potesse essere solo in parte della mano del maestro e in molto frutto di aiuti, tra cui quello dell’allievo, il trevigiano Paris Bordon.
Al termine degli interventi lo svelamento dell’opera e la preghiera di benedizione del vescovo, Michele Tomasi, preceduta da una riflessione sull’Annunciazione. Citando il celebre canto XXXIII del Paradiso di Dante, in cui il poeta si rivolge a Maria, il Vescovo ha sottolineato che la scena dipinta è “il momento in cui origina tutto ciò, quello che possiamo contemplare attraverso lo sguardo di Tiziano: il momento centrale in tutte le scritture, il centro della storia della salvezza, in cui la Figlia di Sion, la Vergine, diviene madre del Salvatore, madre del suo Dio. E’ la contemplazione di uno squarcio divino di inesauribile profondità e novità nella storia degli uomini, il modello di ogni speranza nei confronti di una vita sempre rinnovata, malgrado le sue difficoltà e pesantezze.

La vita nella sua quotidiana e spesso angusta concretezza si apre sempre di nuovo a un orizzonte di cielo, e la luce irrompe a darle un orientamento nuovo - ha ricordato il Vescovo -. Nella prospettiva della fede dei discepoli di Cristo, in coloro che si professano Figli di Dio e hanno ricevuto in dono Maria come Madre, la proposta dell’angelo a Maria è la stessa che la Parola fa a ciascuno di loro, e questo momento rappresenta ciò che ogni volta viene celebrato nella liturgia, in questa e in tutte le chiese, ciò che viene vissuto quando l’esistenza viene letta come il «sì» rispetto a una chiamata di senso e di pienezza. Anche noi, quando diciamo di sì «concepiamo l’inconcepibile, e ogni racconto del Vangelo attende di farsi carne in noi” (S. Fausti)»”

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