sabato, 14 settembre 2024
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Giornata contro la tratta: in Italia nodi irrisolti

Le associazioni lanciano l'allarme, dalle vie "legali" dello sfruttamento al problema dei minori stranieri soli. Chiedendo all'Italia di fare leggi per contrastare il fenomeno e di creare un sistema di accoglienza ad hoc.

Ragazze sempre più giovani trafficate per il mercato del sesso, alcune delle quali arrivano sulla strada, attraverso la via “legale” indicata dagli stessi trafficanti, e cioè dopo aver chiesto la protezione internazionale nel nostro paese. Oltre 10 mila minori non accompagnati “scomparsi” nel 2015 dopo l’arrivo in Europa, di cui cinquemila dispersi in Italia e possibili vittime di traffici illeciti. Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta, ma nelle ultime settimane sono stati molti gli allarmi lanciati da diverse associazioni sulla recrudescenza del fenomeno e sui nodi ancora irrisolti nel nostro paese per arginare una pratica che papa Francesco, ieri all’Angelus, ha definito “un’intollerabile vergogna”. A mancare, in particolare, sono un sistema di accoglienza ad hoc e leggi che tutelino le vittime.

Il piano criminale che passa per le “vie legali”

Una pratica che gli sfruttatori hanno affinato negli anni è quella di assicurarsi una via il più possibile “legale” per poter disporre senza intoppi delle vittime. Come ha spiegato Palma Felina , responsabile per la Caritas Ambrosiana degli operatori che ogni sera escono sulle strade di Milano per assistere le prostitute: "le schiave del sesso arrivano sui barconi e quando giungono in Italia hanno già imparato a memoria la storia da raccontare alle autorità per chiedere asilo.Una storia fotocopia preparata da chi le traffica -racconta al mensile di Scarp de' Tenis-. Un passaggio obbligato per poter iniziare a lavorare, anche se nessuno dice a queste donne quale lavoro dovranno in realtà fare e a quali condizioni". Secondo Claudio Donadel, responsabile del numero nazionale antitratta, la tecnica è diventata prassi dal 2011 (dal periodo cioè dell’Emergenza Nord Africa), quando le reti criminali hanno capito, cioè, che la richiesta di protezione internazionale dava accesso anche all’accoglienza. “Prima di questa data le persone venivano fatte arrivare in Italia, stavano poco tempo nei centri di accoglienza per raggiungere quasi subito la “madame” (la persona che sfrutta, ndr) – ha spiegato a Redattore sociale a margine di un recente convegno a Roma - Era quest’ultima che faceva fare la richiesta d’asilo e metteva a disposizione un avvocato in caso di diniego. Dal 2011, invece, è stata adottata una nuova strategia: l’allontanamento dai centri non è immediato, le persone rimangono all’interno dei circuiti di assistenza, che nella maggior parte dei casi non sono controllati. Nel frattempo ricevono già dalla madame tutte le indicazioni per iniziare a prostituirsi”.

Il sistema di accoglienza che aiuta le reti criminali

Ad agevolare il piano criminale degli sfruttatori è anche il sistema di accoglienza, basato in larga parte sul sistema dei Cas (Centri prefettizi per l’accoglienza straordinaria), che rappresentano il 70 per cento delle strutture in cui oggi vengono ospitati i richiedenti asilo e protezione internazionale. Ne è convinto Vincenzo Castelli, presidente dell’associazione On the road, che da anni porta avanti una battaglia contro la tratta degli esseri umani. “Bisogna porre sempre più attenzione al fatto che moltissime persone sfruttano il canale della protezione internazionale per i traffici illeciti – spiega – In questo il proliferare dei Cas, dove la persona è totalmente libera, e dove c’è solo una minima accoglienza, e poco controllo, ci sta creando molti problemi”. Secondo Castelli senza un monitoraggio attento e una presa in carico reale delle singole situazioni, accade spesso che le vittime, anche in accoglienza, continuino a essere gestite da reti criminali. “La microcriminalità nigeriana è presente e radicata su tutto il territorio nazionale e di fatto governa le persone anche dentro i centri di accoglienza – aggiunge – questo è un problema grave. Così come è un problema che molte persone, una volta uscite o espulse dal circuito dell’accoglienza, finiscano sulla strada e diventino facile preda degli sfruttatori.Oggi c’è un vagabondaggio sociale di cui non abbiamo bene conoscenza,e che si concentra nelle stazioni, nei luoghi di flusso e di passaggio dei migranti. Se le istituzioni non se ne occupano questo aiuterà la criminalità organizzata a reclutare sempre più soggetti vulnerabili da sfruttare.”. Proprio per far fronte al fenomeno, l’associazione On the road, insieme a Cittalia, Sprar e Gruppo Abele ha presentano un position paper per sviluppare nuove metodologie di intervento nel nostro paese. Tra le richieste: modificare la normativa vigente, introducendo il principio della non punibilità delle vittime e la protezione contro la rivittimizzazione; più attenzione all’accoglienza, l’ introduzione del cosiddetto periodo di riflessione per sottrarre le vittime agli sfruttatori e un osservatorio europeo sul fenomeno. “Abbiamo realizzato un documento che mette in evidenza come costruire un modello per fare in modo che le persone individuate come vittime siano riconducibili articolo 18 -aggiunge Castelli – Vanno creati poli sperimentali a livello nazionale dove accogliere queste persone Bisogna costruire un modello di accoglienza adeguato, diverso dal modello aperto attuale che dà alla criminalità la possibilità di entrare in questi mondi. Serve un accompagnamento preciso e un controllo chiaro”.

Quei minori scomparsi nel nulla, possibili vittime di traffici illeciti

A essere vittime di tratta sono soprattutto i soggetti più vulnerabili: le donne, che secondo gli ultimi dati di Caritas ambrosiana arrivano sulla strada aun’età sempre più giovane, e i minori non accompagnati, cioè i ragazzi stranieri che arrivano da soli. Solo negli ultimi 18-24 mesi, sono oltre diecimila i bambini migranti che, dopo essere arrivati in Europa, sono letteralmente scomparsi nel nulla. Finiti, almeno in parte, nelle mani di trafficanti e ora vittime di sfruttamento, soprattutto sessuale. A lanciare l’allarme è stata nelle scorse settimane l’agenzia di intelligence europea Europol, secondo cui5 mila bambini sono spariti solo in Italia e altri mille in Svezia. Anche in questo caso la criminalità organizzata può contare su un sistema di protezione deficitario: manca un sistema di accoglienza ad hoc, così come una legge specifica. Solo recentemente, infatti, il sistema di accoglienza per i minori è stato fatto rientrare nello Sprar (Servizio di protezione rifugiati e richiedenti asilo) ma i posti a disposizione sono pochi (750 a fronte di 12mila arrivi solo nel 2015), per questo il ministero ha attivato un primo bando da mille posti con l’obiettivo di arrivare in futuro a diecimila. Sul fronte legislativo, invece, giace da due anni in Parlamento la proposta di legge che porta la firma dell’onorevole Sandra Zampa, e che è stata redatta insieme a Save the children.

I numeri del fenomeno

Secono i dati di Unodc e dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) sono circa 21 milioni le persone nel mondo vittime di tratta prevalentemente a scopo di sfruttamento sessuale (53%) o lavoro forzato (40%), ma anche per espianto di organi, accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato, adozione illegale. Non solo: in ogni momento, nel mondo, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù: il 70 per cento sono donne (49 per cento) e bambine (21 per cento). Gli uomini sono il 18 per cento, mentre i bambini il 12 per cento. Le cifre sono contenute nel volume "Mercanti di schiavi. Tratta e sfruttamento nel XXI secolo" di Anna Pozzi. Per quanto riguarda l’Italia, secondo l’Oim, nel 2015 sono arrivate in Italia 5.633 nigeriane, oltre il triplo di quelle giunte l'anno precedente (1.454), molte delle quali destinate allo sfruttamento sessuale.

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