Di per sé, l’idea di una “conversione missionaria” della parrocchia non è una novità, perché essa agita...
La disabilità invisibile
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Fare sport, si sa, è cosa buona e giusta, fa bene al fisico e fa bene all’umore. E cosa c’è di meglio di una bella nuotata a fine giornata per lasciarsi alle spalle stress e tensioni?
Se lo sport è fondamentale per tutti noi, lo è ancora di più per le persone con disabilità, per le quali non significa solo benessere fisico, ma anche socializzazione e inclusione.
Dallo sport di base alle Paralimpiadi, negli anni l’attività fisica è diventata sempre più accessibile anche per le persone con disabilità, ma non per tutte.
Tra le persone con autismo, infatti, le difficoltà sono ancora molte, e i servizi scarsi o inadeguati.
Ne abbiamo parlato con Mario Paganessi, tra i fondatori della onlus Oltre il labirinto, fondazione che garantisce aiuto, assistenza, salvaguardia, trattamenti, servizi e quanto necessario nella fase di crescita, di età adulta, nel durante e “dopo di noi” per i soggetti con autismo.
Partiamo dall’inizio, che relazione c’è tra le persone con autismo e lo sport?
Prima di tutto dobbiamo metterci d’accordo su cosa intendiamo per autismo, perché i disturbi dello spettro autistico sono tanti e diversi, una persona ad alto funzionamento può fare qualsiasi sport, ma per l’80% dei casi parliamo di persone con deficit cognitivi e comportamentali importanti, non verbali, magari sensibili a rumori e luce. Detto questo, lo sport ha un ruolo importante nelle loro vite.
Cioè?
La maggior parte dei ragazzi con autismo sono iperattivi, per cui fare sport aiuta a scaricare la tensione, riduce l’aggressività e li fa dormire meglio la notte, noi riusciamo a portare i ragazzi in piscina una volta alla settimana, in una struttura attrezzata a Pordenone.
Perché il nuoto?
Sempre per quello che dicevo prima, quando i deficit cognitivi e comportamentali sono importanti dobbiamo guardare in faccia la realtà, è difficile che si possa proporre uno sport di squadra o una disciplina rigida, invece in piscina ognuno fa quello che si sente, accompagnato dal personale formato della struttura e dagli educatori, inoltre, lo sport è inserito in un progetto di vita individuale, portare i ragazzi in piscina significa proporre un progetto di autonomia, devono spogliarsi in spogliatoio e lavarsi dopo il corso. Non possono arrivare a bordo vasca e lanciarsi, così gli insegniamo ad attendere e avere pazienza. Per i nostri 12 ragazzi del centro diurno, il giorno della piscina è di gran lunga il preferito, qualcuno nuota benissimo, qualcuno sta solo a galla, ma ognuno di essi ci va con un suo particolare progetto, ed è uno dei progetti più belli che abbiamo. C’è anche una “terapia” che si può fare in acqua.
Di cosa si tratta?
La Tma, Terapia multisistemica in acqua, anche se non mi piace il termine terapia, perché una terapia implica una guarigione, mentre dall’autismo non si guarisce. Comunque il metodo proposto da Giovanni Caputo e Giovanni Ippolito, psicologi che fanno parte del nostro team scientifico, utilizza l’acqua come attivatore emozionale, sensoriale e motorio. Funziona soprattutto con i bambini più piccoli, nell’acqua dove non toccano sono spinti ad aggrapparsi all’adulto di riferimento e questo aiuta a instaurare una relazione.
Quindi piscina per tutti.
La faccenda naturalmente è più complicata. Anche lì, come a scuola, serve un percorso con un analista del comportamento, specialisti formati, educatori e luoghi attrezzati per le esigenze. Anche se alcuni istruttori, per passione, si sono formati, alle volte le strutture propongono per le attività una corsia all’interno di una piscina piena di gente, ma le persone con autismo spesso sono sensibili a luci e rumori forti, impensabile portarli in una piscina affollata, così, luoghi sulla carta adatti ad accogliere persone con disabilità, non lo sono per chi è affetto da autismo. La mancanza di strutture è devastante, in più le attività costano. Noi andiamo fino a Pordenone, lì troviamo gli specialisti e un luogo tutto per noi. Ci sono altre possibilità a Motta di Livenza o a Montebelluna, ma l’offerta è effettivamente scarsa.
Scarsa anche rispetto alle proposte per altre persone con disabilità.
Le persone con autismo sono da sempre tra le più dimenticate, se a basso funzionamento sono invisibili. Disturbano, i ragazzi vengono allontanati perché urlano, viviamo in un mondo in cui sono un fastidio. Per i bambini ancora qualcosa si fa, ma a un certo punto nemmeno la scuola è più inclusiva, i genitori sono costretti a ritirarli dalle lezioni e man mano che crescono, la forbice si allarga. Per l’inclusione servirebbe più formazione e informazione.