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Europa, fai in fretta o sei morta: intervista al politologo Parsi

Trump, secondo il docente, tratta tutti come “clientes”; come facevano gli imperatori dell’antica Roma. Non dobbiamo seguirlo, e agire di conseguenza
27/02/2025

“L’Unione europea è la più grande invenzione istituzionale che si è dato il nostro Continente dai tempi di Montesquieu e della sua celebre tripartizione dei poteri. Vogliamo buttarla via?”. Non difettano sincerità e chiarezza al politologo Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università cattolica del Sacro Cuore. Parla volentieri con un giornale trevigiano, dato che, proprio nell’ospedale di Treviso, poco più di un anno fa, è stato operato d’urgenza all’apparato cardiocircolatorio, dopo una dissezione dell’aorta. “Mi hanno salvato la vita - confida - ho un’enorme gratitudine verso il sistema sanitario pubblico del Veneto”. In modo “ruvido” e diretto, lancia un appello per “salvare” l’Unione europea e, insieme, le libertà dell’Occidente dalla “minaccia” di Donald Trump. Un invito, il suo, al dibattito, ma anche a fare in fretta.

Trump ha iniziato a dialogare con Mosca e ha insultato e minacciato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Che ne pensa?

Penso che sono parole vergognose e inaccettabili. Siamo nel quadro di una menzogna sistematica come tecnica di comunicazione, abbiamo ascoltato falsità che non avremmo pensato di sentire neppure nei peggiori incubi, abbiamo visto gli Stati Uniti dare il proprio sostegno alla Russia, che ha aggredito un Paese, e ai filonazisti. In pratica, in pochi giorni è stato rottamato il concetto di Occidente, visto come un mondo capace di incarnare la democrazia, la società aperta. Chiaramente, l’Europa è in difficoltà, perché è successo l’inaudito, ma non può rinunciare a essere quello che è, altrimenti muore.

Come ci siamo caduti? Eppure, la vittoria di Trump era per molti versi annunciata...

Ci siamo caduti, molto banalmente, perché è difficile muoversi dalla “confort zone”. Per esempio, sappiamo anche che la morte è l’unica certezza, eppure tendiamo a rimuoverlo. È umano rimuovere i brutti pensieri. Ora, però, dobbiamo muoverci per difendere i nostri valori e principi, altrimenti l’Europa che abbiamo conosciuto smetterà di esistere. C’è poco da girarci intorno, questo è il rischio che stiamo correndo. L’Europa è stata messa nel mirino dalla Russia, proprio perché il “modello” dell’Unione europea si avvicinava ai suoi confini. E nel Continente c’è un subdolo nemico interno.

E c’è, appunto, Donald Trump e quelle che sembrano delle mire imperiali, anche verso l’Europa.

La parola Impero, in questo caso, va intesa non tanto in senso generico, ma nella sua originale accezione latina. Gli uomini che oggi sono al potere negli Usa vedono il Campidoglio di Washington come quello di Roma. Vedono negli altri Paesi solo dei “clientes”, come dicevano gli antichi Romani, e imitano Roma nella volontà di assoggettare gli altri popoli.

L’egemonia degli Usa, però, anche in rapporto all’Europa, non nasce oggi...

Ma per 75 anni la Nato ha rappresentato altro, rispetto alla visione che si sta affermando oggi. Si è trattato di un’alleanza vera, con i suoi limiti e difficoltà, si è trattato di un rapporto tra Stati sovrani. Ora, invece, Trump tratta tutti come servi, si comporta da monopolista, usa la minaccia come mezzo per regolare i rapporti. Di fatto, ci sta lanciando un avvertimento: cara Europa, o obbedisci, oppure arrangiati con Putin. Del resto, questo è il riflesso della sua politica interna, lui si comporta così. Prima ce ne rendiamo conto, e meglio è.

Ma l’Europa è in grado di svegliarsi e di rispondere in fretta? Le prime risposte di questi giorni non inducono all’ottimismo.

Io dico che fino a che non si è morti, bisogna cercare di vivere e di guardare al futuro. L’Unione europea è la più grande invenzione istituzionale dai tempi di Montesquieu. Il nostro, per millenni, è stato il Continente più bellicoso del mondo, dobbiamo ammettere che neppure il cristianesimo è riuscito a debellare il virus della guerra. Vogliamo buttare via l’unica realtà che per decenni ci ha dato la pace, ci ha dato una speranza?

In questo scenario, l’Italia è un Paese più debole, e con una più forte presenza di forze “filo-putiniane”.

Nel nostro Paese, più della metà delle forze politiche è, trasversalmente, vicina a idee sovraniste e populiste. Scontiamo anche una debolezza culturale, dato il grande numero, certificato da varie ricerche, di “analfabeti funzionali”, non in grado di capire un testo complesso. La diffusione dei giornali è ridicola, leggiamo in media un libro all’anno, il nostro sistema di istruzione è un fallimento, rischia di essere ridotto solo all’apprendistato professionale. Il risultato è la situazione di oggi, siamo più esposti. Alla fine, però, sono le circostanze che creano i leader.

Una di questi leader può essere Giorgia Meloni?

Se lo pensa, lo dica in modo tempestivo. È questo il momento per cogliere un’opportunità, con tutti i rischi che ciò comporta, se si vuole essere all’altezza.

In questi giorni, ricordiamo il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina. Proprio perché si poteva prevedere la tempesta che stava arrivando, l’Europa non avrebbe potuto osare di più nel tentare una proposta di pace?

Personalmente, ritengo che la vera responsabilità dell’Europa sia stata quella di non essere abbastanza coerenti e tempestivi. Non mi pare che ci siano state delle effettive opportunità per cercare la pace. Se ci si arriverà con Trump, lo si farà a condizione indegne, in base a un patto scellerato e neo-coloniale, perfettamente coerente, peraltro, con la proposta del resort a Gaza, dell’annessione del Canada e della Groenlandia, del possesso del canale di Panama.

Qualcuno afferma che il vero obiettivo di Trump, perseguito magari in modo non convenzionale, è quello di separare la Russia dalla Cina...

Mah, intanto, in pochi giorni ha distrutto quello che era stato costruito in 75 anni. In realtà, la Russia è e resta legatissima alla Cina, per quale motivo Putin dovrebbe cambiare linea?

E l’Europa, dunque, cosa deve fare, a questo punto?

Perché l’Europa dovrebbe seguire Trump? Abbiamo paura di restare da soli? Partiamo da un fatto, anche se lo dico piano, senza farmi illusioni. L’Unione europea produce il 16% del pil mondiale, tutto il Continente il 24%. Sono numeri vicini alla Cina. Abbiamo, però, un deficit di unità politica, che influisce soprattutto su Difesa ed Energia. L’integrazione politica ve perseguita come una priorità, con chi ci sta fin da subito, per decreti esecutivi, mi verrebbe da dire paradossalmente, parafrasando Trump. Dobbiamo produrre quello che serve alla nostra difesa, pensare a un’autonomia energetica, che comprenda, oltre alle rinnovabili, inevitabilmente, anche il nucleare di nuova generazione. Altrimenti, saremo sempre sotto ricatto.

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