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La Carta Onu compie 75 anni. Parole che ancora risuonano come "nuove"

Il preambolo della Carta rimane tuttora unico nella storia degli accordi giuridici stipulati fra Stati, sia per la tensione morale e civile che ispira le sue enunciazioni sia, soprattutto, per il fatto che i soggetti che le esprimono sono i “popoli” e non gli “Stati”. Sono i popoli che danno mandato ai governi di stipulare la Carta delle Nazioni Unite.

“Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra (...), a riaffermare la fede nei diritti fondamentali della persona (...), a promuovere il progresso sociale (...), abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini”.

Questa solenne affermazione è contenuta nel preambolo della Carta delle Nazioni Unite, sottoscritta il 26 giugno 1945. 75 anni sono passati dalla fine del secondo conflitto mondiale e da quando, per la prima volta nella storia delle relazioni internazionali, un accordo giuridico tra Stati invoca a proprio fondamento la sovranità delle comunità che compongono la famiglia umana universale.

Il dilagare delle guerre e di altre forme di violenza, l’emergenza sanitaria mondiale, la desertificazione del pianeta impediscono che la celebrazione di questo importante anniversario avvenga in un’atmosfera di festa. Questa circostanza non deve, però, indebolire la volontà di discernere e la speranza di trovare soluzioni adeguate a circoscrivere il drammatico disordine in atto. Papa Francesco più volte ha invitato, non solo i governanti, a una maggiore attenzione per il bene comune rispetto agli interessi personali.

 

Un nuovo patto

Il 26 giugno 1945, a San Francisco, i “Popoli delle Nazioni Unite” hanno posto le basi di un patto sociale planetario per la pace, lo sviluppo e la protezione dei diritti umani, affidando all’Onu il compito di assicurarne l’attuazione. Ma la logica del nuovo colonialismo, con la ripartizione del mondo in aree di differente influenza politico - economica da parte delle principali potenze militari (Usa, Russia e Cina) e la persistente non-volontà  degli Stati più forti di riconoscere una sovraordinata autorità pacificatrice, hanno finora impedito all’Onu di realizzarsi nella pienezza della sua vocazione. Firmata 75 anni fa, la Carta delle Nazioni Unite promise di salvare le future generazioni dalle devastazioni della guerra, non sempre riuscendoci: se alla fine dello scorso secolo erano attivi 35 conflitti ad alta intensità, oggi, 20 anni dopo se ne contano almeno 28. Nonostante questo, il preambolo della Carta mantiene intatta la sua attualità.

Ma prima domandiamoci: se l’Onu non ci fosse, chi sarebbe in grado di inventarla oggi? Quali uomini di governo oggi sarebbero in grado di scrivere quella Carta? Quanti sarebbero pronti a sottoscriverla? Potremmo farne a meno?

 

Attualità della Carta

Il preambolo della Carta rimane tuttora unico nella storia degli accordi giuridici stipulati fra Stati, sia per la tensione morale e civile che ispira le sue enunciazioni sia, soprattutto, per il fatto che i soggetti che le esprimono sono i “popoli” e non gli “Stati”. Sono i popoli che danno mandato ai governi di stipulare la Carta delle Nazioni Unite.

Il “mondo”, con le sfide dell’ambiente, delle migrazioni, del mercato globale, della povertà, delle reti informatiche 5G, è entrato nel vivere quotidiano, ma lo Stato nazionale non è più in grado, dentro i propri confini, di rispondere validamente alle sfide della mondializzazione. L’esperienza pandemica ci ha fatto sentire per qualche momento parte di questo “mondo”, però di fronte alla situazione sono state date risposte pratiche diverse.

 

Frutti maturi

Tre generazioni fa un gruppo di politici di diversi Paesi scrisse questa Carta con un linguaggio nuovo. Avevano visto la guerra, il nazismo, il fascismo e si riunirono per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra”. In quella stessa occasione, decisero anche di “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. E si impegnarono a “promuovere il progresso sociale e un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà”.

Da allora, l’Onu ha generato la Dichiarazione universale dei diritti umani e le varie Convenzioni giuridiche internazionali, con cui si riconoscono i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani e si stabiliscono obblighi e forme di controllo sopranazionale a carico degli Stati: è il diritto della famiglia umana universale, alla base anche dell’impegno comune che si sono presi gli Stati per realizzare 17 obiettivi universali nei prossimi 10 anni, impegno conosciuto come Agenda 2030.

 

Verso una nuova democrazia

Nel mondo globalizzato e interdipendente, c’è infatti bisogno di governance democratica multilivello, rispettosa del principio di sussidiarietà, il cui polo territoriale in basso è costituito dagli enti di governo locale e il polo terminale in alto è quello delle Nazioni Unite.

La sovranità degli Stati dovrebbe cedere da un lato al primato dei diritti umani, quindi alla centralità della persona umana, dall’altro all’autorità sopranazionale delle Nazioni Unite e di altre legittime istituzioni di governance regionale. Oggi le prospettive di ciò che potrebbe essere una guerra nucleare, un virus tra la popolazione, la desertificazione di vaste aree del pianeta, ci obbligano ancor più a costruire un futuro diverso in cui le soluzioni del diritto e della giustizia sociale abbiano il sopravvento sulla legge del più forte e del più ricco.

Buon anniversario, Carta. 

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