martedì, 29 aprile 2025
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Filippine, padre Peter Geremia scrive al presidente Duterte: anche la violenza è una droga!

Scrive il missionario del Pime: "Il presidente Duterte ha lanciato una guerra a tutto campo contro la droga. Ma la guerra alla droga deve stare in guardia dagli omicidi, specialmente quelli dei vigilantes o anche della polizia che si comporta da vigilantes. Possono diventare loro stessi dipendenti dalla violenza”.

Di fronte alla campagna di giustizia sommaria e di esecuzioni extragiudiziali contro trafficanti e spacciatori di droga che da mesi imperversa nelle Filippine, e che ha fatto circa 3500 vittime, si deve dire con chiarezza che “anche uccidere può diventare una droga”. “Uccidere persone malate può risultare facile, i killer possono sentirsi onnipotenti, ma possono anche sperimentare un profondo senso di colpa, spesso inconscio, che può causare disturbi della personalità, portando a varie forme di violenza, compresi l’alcolismo e la stessa tossicodipendenza. I killer sono pericolosi per le loro stesse famiglie”. Lo afferma il missionario trevigiano (originario di Castello di Godego) padre Peter Geremia, del Pontificio Istituto Missioni Estere, che opera nelle Filippine a fianco di poveri, tribali, emarginati sull’isola di Mindanao.
In una lettera aperta rivolta al presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, pervenuta all’Agenzia Fides, padre Geremia osserva: “Il presidente Duterte ha lanciato una guerra a tutto campo contro la droga. La polizia adesso sostiene che coloro che non si arrenderanno potranno essere uccisi e i vigilantes sono già assetati di sangue. Ma la guerra alla droga deve stare in guardia dagli omicidi, specialmente quelli dei vigilantes o anche della polizia che si comporta da vigilantes. Possono diventare loro stessi dipendenti dalla violenza”.
“Il presidente Duterte – prosegue – ci sfida a rialzarci dalla nostra accondiscendenza. Vorrei che il nostro presidente, però, portasse avanti la guerra alla droga evitando la ‘droga degli omicidi’. Vorrei che fosse in grado di convincere più persone a sostenere una lotta pulita, non una guerra sporca contro le droghe e la corruzione”.
Il testo conclude con un appello alla nazione: “Molti tossicodipendenti si sono decisi a liberarsi dalla dipendenza dalla droga. Hanno bisogno di riabilitazione, il che è un problema sanitario: sono in grado il governo, le Chiese e la società civile di mettere in campo uno sforzo a tutto campo per la riabilitazione pari a quello per la guerra alla droga?”
Il missionario auspica che la nazione filippina possa “liberarsi dalla schiavitù della droga e della corruzione”, evitando però di diventare “dipendente dalla droga della violenza”.

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