Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Comuni: l’Irpef va su e giù
L’addizionale Irpef comunale non si tocca. La profonda riforma degli scaglioni dell’Irpef, che passano da quattro a tre, non sarà valida per tutto il 2024, per i Comuni. Non solo, sarà possibile variare l’aliquota fino ad aprile 2024. La richiesta è partita direttamente dall’Anci nazionale, perché non si volevano sovraccaricare i Comuni di incombenze complicate, in questi mesi di Pnrr e di intasamenti burocratici, a cui i Comuni si stanno riabituando. Nei mesi della post pandemia si era assistito a una riduzione delle code agli sportelli, ora si ricomincia, segno dell’allergia dello Stato italiano e delle Istituzioni pubbliche alla digitalizzazione.
Il Governo è stato accondiscendente, anche perché il prelievo fiscale è meglio se lo fanno i Comuni. Lo Stato ha tagliato, ora “aiutiamo” i Comuni a ritrovare il gettito perduto.
L’Irpef è una tassa che colpisce qualsiasi forma di reddito, a essa si sottraggono solo i contribuenti della cosiddetta “no tax area”, insomma cittadini con redditi bassi, in genere al di sotto dei 5 mila euro annui, che di certo fanno già fatica a far tornare i conti alla fine del mese. Per i Comuni si parla di “addizionale”, perché si aggiunge all’Irpef che già paghiamo allo Stato con la dichiarazione dei redditi.
Negli ultimi anni, questa tassa per i Comuni è andata a gonfie vele, tra il 2007 e il 2021 gli incassi sono raddoppiati. I Comuni italiani ricavano dalle tasse circa il 23,5 per cento delle loro entrate.
Sono i soldi che servono al funzionamento efficiente della macchina amministrativa, e che permettono poi di avere dei servizi capillari su tutto il territorio. Con questi soldi, si garantiscono servizi sociali, asili, scuole materne, assistenza domiciliare e tanto altro. L’addizionale Irpef, assieme all’imposta municipale unica (Imu) e alla tassa sui rifiuti (Tari), rappresenta una delle principali imposte versate dai contribuenti alle Amministrazioni comunali.
Alla fine degli anni novanta, quando fu istituita, si mise un limite dell’ 0,8 per cento. I Comuni possono anche introdurre una soglia di esenzione subordinata a specifici requisiti reddituali, in genere al di sotto dei 10 mila euro.
I Comuni hanno cercato di essere il più prudenti possibile, ma poi, soprattutto dopo la crisi energetica, ogni argine è saltato e ora quasi tutti applicano l’aliquota massima. Così nel 2012 si sono raggiunti i 5,35 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2007 (2,98 miliardi). Attenzione, siccome si tratta di un’imposta a persona fisica, meno abitanti ha un Comune, meno si può incassare e meno si può redistribuire in servizi.
Quando si parla di crisi demografica, si tende a trascurare questo aspetto. Comuni la cui popolazione diminuisce drasticamente, sono destinati a fare bancarotta. Comuni che, per converso, attirano migrazione interna o esterna, invece, hanno possibilità di rinnovarsi e di aumentare i servizi, sviluppando un circolo virtuoso che attira sempre più popolazione.
In Italia, oggi, ci sono 41,5 milioni di contribuenti Irpef: in media, a livello nazionale, si tratta dell’80,2 per cento dei residenti con età superiore ai 16 anni. Per alcuni Comuni, concentrati principalmente nell’area del Sud Tirolo, la percentuale arriva al 100 per cento.
Le statistiche sono impietose nell’evidenziare il rapporto tra contribuenti Irpef ed efficienza dei Comuni. L’area con la quota maggiore di contribuenti è il Trentino-Alto Adige (94,05 per cento) seguito da Valle d’Aosta (89,8) e Friuli-Venezia Giulia (88,19). Agli ultimi posti le aree del meridione, con i valori più bassi registrati in Calabria (71,38), Sicilia (68,54) e Campania (66,37). Compulsando le statistiche si scopre che Caivano, nell’hinterland di Napoli e tristemente famoso, ha solo il 53,72 per cento di contribuenti sulla popolazione totale.
La città che incassa di più è Venezia (993 euro a persona), la media dei Comuni italiani è di 496 euro a persona. Tra le prime dieci città per entrate pro capite dovute a imposte e tasse troviamo, oltre Venezia, Padova e Verona. Sotto la media nazionale Treviso (412 euro), Castelfranco (286), Montebelluna (372), San Donà (279), Camposampiero (359), Spinea (338), Mogliano (397), Silea (312). Scendendo, troviamo Trebaseleghe (260), Possagno (276), Fonte (265), Paese 211, Loreggia (269), Trevignano (211); in fondo alla classifica, Spresiano con 150 euro per abitante.