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Una teologa cresciuta in parrocchia

La professoressa Assunta Steccanella, di Mottinello Nuovo, è dallo scorso 8 gennaio la nuova vicepreside della Facoltà teologica del Triveneto. Prima volta per una donna

Convinta dalla bellezza di poter pensare la fede anche con razionalità, dentro alla concretezza della vita. È nel momento in cui è stata “travolta” da questa affascinante consapevolezza che Assunta Steccanella, da qualche giorno vicepreside della Facoltà teologica del Triveneto, ha deciso di studiare e diventare teologa. Originaria di Chiampo, Vicenza, da più di quarant’anni vive a Mottinello Nuovo, una frazione a cavallo tra le province di Padova e di Vicenza, ma nella diocesi di Treviso; tre figli, dei nipoti, una intensa attività di studio, ricerca e divulgazione.

Il gran cancelliere della Facoltà teologica del Triveneto, mons. Francesco Moraglia, l’8 gennaio scorso, ha nominato la professoressa Assunta Steccanella vicepreside della Facoltà teologica del Triveneto per il quadriennio accademico 2024/25 – 2028/29. In precedenza era direttrice del Ciclo di licenza della Facoltà.

Steccanella ha compiuto gli studi istituzionali di Teologia allo Studio teologico del Seminario di Vicenza, che si sono conclusi con il baccalaureato nel 2004 conseguito all’Istituto teologico Sant’Antonio Dottore di Padova; ha poi raggiunto la Licenza nel 2009 e il Dottorato nel 2013 alla Facoltà teologica del Triveneto. Oggi è docente stabile straordinaria per la cattedra di Teologia pastorale della Facoltà, dove insegna dal 2010, e nell’Istituto superiore di Scienze religiose “Mons. A. Onisto” di Vicenza. Nel 2020 è stata nominata pro-direttrice del ciclo di Licenza e, nel 2023, direttrice. “La nomina si inserisce nel percorso di collaborazione di questi anni – racconta – che mi ha permesso di conoscere non solo i meccanismi della Facoltà ma anche di affiancarmi al preside in diverse circostanze”.

Ma non c’è un tema di genere nel ruolo che ora ricoprirà?

Certo, il fatto che io sia una donna è una novità, che si inserisce in un contesto ecclesiale in cui si sta prendendo sempre più consapevolezza della necessità di ripensare i ruoli in maniera più inclusiva. Vorrei però sottolineare che, accanto a quella femminile, credo ci sia anche una questione urgente che riguarda i laici e la fatica a diventare professori o raggiungere ruoli direttivi per motivi legati all’organizzazione delle Facoltà teologiche e anche ad aspetti di tipo economico. La valorizzazione del laicato è un tema importante che richiede lo sforzo di ripensare le forme sostenibili del suo attivo coinvolgimento.

Come è nato in lei l’interesse e poi la passione per la teologia, che l’ha portata prima a farne un lavoro e poi a ricoprire ruoli direttivi?

Dopo il diploma di Ragioneria mi sono sposata e ho avuto i miei figli. Tenevo la contabilità di una azienda di famiglia, poi ho avviato una mia piccola attività artigiana; nel frattempo, ero impegnata come catechista in parrocchia. Ma come catechista non mi piacevo proprio. La relazione con i bambini era molto bella, significativa, ma sentivo che le mie parole non arrivavano loro, erano davvero troppo poco. I corsi vicariali e gli incontri non mi bastavano e, così, a forza di cercare, sono capitata nella scuola di Formazione teologica di Bassano. Quella è stata la mia Damasco, 4 meravigliosi anni in cui la mia esistenza è cambiata, ho trovato risposta al mio desiderio profondo, lo dico con sant’Anselmo, di “comprendere la verità che credo e che il mio cuore ama”. Lì sono cresciuta nella fede e nella consapevolezza, ho cominciato a mettere pensiero e parole a quello che vivevo. E non ho più smesso di studiare.

La sua famiglia come ha vissuto e tuttora vive la sua scelta di diventare teologa?

Questi percorsi non si possono fare se si vivono in casa situazioni di indifferenza o di opposizione, la mia famiglia mi appoggia e mi sostiene, ma la relazione con i miei sui temi della fede, della Chiesa, della teologia, è all’interno di una dinamica dialettica vivace. A volte mi provocano, mi sollecitano con le loro domande e le loro osservazioni. Tutto questo mi ha aiutata a tenere i piedi per terra e a essere sempre stimolata a rendere ragione delle mie parole, del mio credere cristiano. Troppe cose oggi si danno per scontate e un modo buono per stare accanto alla vita ordinaria delle persone è proprio impegnandoci a comprendere e a sorprendere con la forza del nostro pensiero e la testimonianza.

Quali temi, tra i tanti, sente davvero urgenti per il nostro oggi?

Le rispondo citandole alcuni gruppi di ricerca che lavorano all’interno della nostra Facoltà e di cui faccio parte. Per primo quello di riflessione sul sacramento della penitenza, anzi, sulla virtù della penitenza: si tratta di capire come aiutare le persone a scoprire la strada del buono, del bene, del bello e a riparare al male con scelte di giustizia. Senza attendere la vita eterna, ma già qui, ora, nel nostro presente, perché la salvezza va vissuta e incarnata nell’oggi. Poi c’è il gruppo sulla famiglia, in collaborazione con il Centro della Famiglia di Treviso, quello su Bibbia, antropologia e religioni in collaborazione con l’Università di Padova. Tutti fronti molto interessanti, insieme a quello della sinodalità...

Sinodalità, parola usata e forse abusata, sicuramente ancora in larga parte da concretizzare...

E’ un tema centrale a cui siamo chiamati come laici, religiosi e presbiteri: a lavorare insieme per la Chiesa di oggi e di domani. Dobbiamo imparare a stare dentro ai processi e nella vita delle nostre comunità, riscoprendo l’atteggiamento radicale dell’ascolto, di Dio e dei fratelli. Siamo allenati a trasmettere, a insegnare, meno ad ascoltare.

Non la preoccupa questa contrazione della nostra Chiesa?

Se parliamo in termini numerici è evidente che la partecipazione è drasticamente diminuita. Ma non il sentimento religioso e la ricerca di senso. Cosa le dicono quei 7 milioni di collegamenti alla santa messa del Papa ogni mattina durante il tempo della pandemia? Le persone continuano a essere in ricerca, soprattutto quando vivono situazioni di fatica. A noi spetta testimoniare che esistono risposte di senso e di spiritualità, condividere parole di vita e di speranza, di radicalità e di bellezza. Potremmo sorprenderci e soprattutto stupire chi ci sta accanto, dimostrando di saper ascoltare e raggiungere il cuore dell’uomo con la buona notizia del Vangelo. Papa Francesco ci chiede di annunciarla abbandonando le frasi fatte e le parole stereotipate, per adottare il “dialetto materno” della fede: “Questa lingua è una tonalità che trasmette coraggio, respiro, forza, impulso” (Evangelii gaudium, 139).

Lei incontra tanta gente nelle formazioni proposte dalle nostre parrocchie. Che idea si è fatta?

I catechisti, per esempio, sono un popolo meraviglioso che fatica a trovare spazi per sanare la propria sete di formazione. Non hanno altro motivo nello svolgere il loro servizio che non dare testimonianza della fede che li accompagna. Meritano proposte qualificate, accessibili, curate. Poi ci sono i genitori che accompagnano i figli ai sacramenti e che, pochi o tanti che siano, sono sempre un dono per il semplice fatto che sono lì, vengono: a loro dobbiamo tutto il nostro impegno, la cura della nostra capacità di accoglierli, coinvolgerli, farli sentire a casa. E poi tutte le persone di buona volontà che tengono vive le nostre comunità cristiane e restano un segno concreto della presenza del Signore in mezzo a noi.

Qual è, perciò, il punto su cui lavorare, come comunità cristiana?

Dobbiamo impegnarci sulla qualità delle proposte per gli adulti, oltre a quelle per i bambini. Incontri, ma anche offerte di servizi (ascolto, accompagnamento, counseling, oltre a un deciso rinforzo delle Caritas locali, per esempio) in cui si faccia percepire che la fede ha un intreccio fortissimo con la vita. Altrimenti è una vaga appartenenza religiosa. I genitori mandano i figli perché sentono che nelle parrocchie c’è qualcosa di buono e di questo dobbiamo anzitutto essere grati. Da qui ripartiamo per raccontare, con le parole e con i fatti, la bellezza della nostra fede.

Per chi desidera approfondire oltre a diversi articoli in riviste, contributi e curatele in volumi miscellanei, la teologa Assunta Steccanella ha pubblicato diversi libri, tra cui “Segni dei tempi. Dialogo tra Vangelo e storia”, Padova 2024; “Ascolto attivo. Nella dinamica della fede e nel discernimento pastorale”, Padova 2020; “Alla scuola del Concilio per leggere i segni dei tempi”, Padova 2014.

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