Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Se potessi avere... ottanta euro al mese
Ottanta euro in più in busta paga, senza dubbio, fanno comodo a tutti. E che si tratti di propaganda elettorale in vista delle elezioni europee e/o di un tentativo per rilanciare i consumi o la fiducia dei cittadini, poco cambia dal punto di vista della gente. Cosa pensano i lavoratori e le famiglie? Cosa farebbero con 80 euro in più in tasca?
Ottanta euro in più in busta paga, senza dubbio, fanno comodo a tutti. E che si tratti di propaganda elettorale in vista delle elezioni europee e/o di un tentativo per rilanciare i consumi o la fiducia dei cittadini, poco cambia dal punto di vista della gente. Perché purtroppo la disaffezione alla politica è tale che le posizioni si radicalizzano sull’essere pro o contro il leader di un partito piuttosto che di un movimento e non si entra nel merito delle decisioni.
Questa, tra l’altro, attende conferma definitiva di poter essere attuata sia da Roma che, soprattutto, da Bruxelles.
Se alla fine il via libera dovesse arrivare, i lavoratori dipendenti e assimilati, ex cococo, che guadagnano fino a 25 mila euro lordi l’anno, riceveranno con il cedolino di maggio un aumento dello stipendio netto di circa 80 euro al mese. Lo sgravio fiscale, che permetterà dunque di rendere più “pesante” la busta paga, comporta minori entrate fiscali per lo Stato per circa 6,6 miliardi nel 2014; in questi giorni si stanno cercando le coperture necessarie, tra cui anche quelle collegate all’aumento del deficit per cui c’è bisogno dell’ok della Commissione europea e del Parlamento italiano (leggi Fiscal Compact).
Ma, al netto di tutte queste informazioni, cosa pensano i lavoratori e le famiglie? Cosa farebbero con 80 euro in più in tasca? “Spero non sia un provvedimento che nasconde trabocchetti: cioè che nel momento in cui mi stanno dando dei soldi in più, me li stanno anche togliendo con aumenti delle tasse, sulla benzina o sulla casa ad esempio - dice Rudy, 55 anni, tre figli adolescenti, bidello, la moglie casalinga -. Dopo tutte le promesse di questi anni, chi si fida più? Vediamo se arrivano, e poi decidiamo”.
Difficile trovare chi, con quei soldi, comprerebbe abiti, libri o vacanze. Forse anche perché il provvedimento, che lascia fuori non senza il suo strascico di polemiche pensionati e partite Iva, riguarderà lavoratori e famiglie di ceto medio-basso che arrivano alla fine del mese “giusti giusti”, avendo ormai da tempo fatto i conti con i tagli dei propri consumi. Che poi, dati Istat alla mano, riguardano alcune spese ma non altre, ritenute probabilmente fondamentali nella società digitale, dei telefonini e di facebook.
“Noi compreremo carne migliore, dal macellaio invece che al supermercato - dice Serena, part time in ufficio, marito magazziniere, due figli alle scuole materne -, e magari la mangeremo una volta in più a settimana”. Poi precisa: “Io non dico che viviamo male, anzi, non abbiamo mutui o affitti, le nostre spese sono ordinarie, però stiamo molto attenti. Con i tempi che corrono, non è improbabile perdere il lavoro, o vivere una situazione critica, per esempio di salute, che richiede di avere qualche soldo da parte”.
“Se avessi 80 euro in più? - si domanda Stefania, anche lei part time, un figlio in quarta elementare, una ragazza di 13 anni e il marito assunto in una cooperativa sociale -. Li metterei a sostegno delle spese dentistiche, sono diventate negli anni un vero e proprio lusso”.
Poi, gira la domanda alla sua vicina di casa: E tu? “Andrebbero nel salvadanaio con quelli che mettiamo da parte ogni mese per restituire ad alcuni amici il denaro che ci hanno prestato per far fronte all’acquisto del nostro appartamento; così il mutuo con la banca è più sostenibile per le forze e le entrate che abbiamo”.
Anche Laura e Paolo non ci fanno conto, per ora, di quei soldi: “Certo, 80 euro non sono pochi e sicuramente fanno comodo: potremo risparmiare metà della retta della scuola materna e magari concederci un «capriccio», una cena fuori, un vestito. Non risolvono i problemi - proseguono -, ma in fondo noi non ne abbiamo; forse la precarietà che caratterizza le nostre famiglie avrebbe bisogno di altre soluzioni. Più forti”.
“Mettere i soldi in tasca alle persone è sempre un buon inizio - dice Giovanni, 30 anni, operaio in una piccola azienda, vive da solo -, a patto che poi non si consideri chiusa così la questione lavoro. Il governo deve mettere sul tavolo un’idea di sviluppo, una politica industriale. E che sia convincente”.