lunedì, 28 aprile 2025
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Gender: incomprensioni e fraintendimenti dati dal suo duplice significato

Molte incomprensioni nascono dal duplice significato della parola gender; identità di genere ma anche mentalità che ruota attorno all'idea che "l'identità sessuale non esiste".

«Va’ a firmare il referendum contro la Buona Scuola». «Ti stai informando sul gender?». «Ormai siamo in guerra». «La teoria del gender non esiste». «La famiglia è minacciata». «Alla diocesi di Padova piace l’ideologia gender». «Nel gender c’è qualcosa di buono». «I veri intransigenti sono gli eterosessuali». «Che male c’è se si allargano i diritti?».
Queste sono solo alcune delle espressioni che da qualche mese si fanno sempre più presenti nei nostri dialoghi e nei tanti messaggi che, non poco allarmati, ci scambiamo in facebook o whatsapp. Da un certo tempo, infatti, è cresciuta l’attenzione attorno al tema del cosiddetto gender, al rischio di annacquare l’identità sessuale e di dire che «tutto è uguale». E’ una questione esplosa di recente in Italia e che in poco tempo ha coinvolto l’interesse di molti: quando solo tre anni fa ho tenuto un primo corso su questa tematica, facendo riferimento a quanto avveniva in Nord America, sembrava si trattasse di questioni molto lontane e che non avrebbero attecchito da noi.
Parlando o sentendo parlare oggi di gender ci troviamo impauriti dalle notizie che ci vengono riferite una dopo l’altra, e, di conseguenza, ci mettiamo in una posizione di difesa e chiudiamo ogni possibilità di confronto, a volte senza comprendere di cosa si stia parlando. Oppure, se ci consideriamo progressisti e ci piace tutto ciò che è nuovo e moderno, sminuiamo la questione con un “che male c’è?”. Tra conoscenti, e anche tra cristiani, diventa motivo di discussione e di rottura: da una parte c’è chi minimizza il problema, dall’altra chi non perde l’occasione per attaccare tutto e tutti. Capita spesso che, quando qualcuno cerca di ragionare o di approfondire questo tema, venga etichettato con parole quali «tu sei a favore del gender».

Cosa significa gender
Ritengo che un elemento che renda difficile parlare e confrontarsi sul questo tema sia il significato stesso della parola “gender”: infatti, molte incomprensioni nascono dal fatto che a tale termine vengono attribuiti almeno due significati. Da una parte il suo uso è ampiamente documentato per indicare l’identità di genere; dall’altra è utilizzato per riferirsi alla mentalità che ruota attorno al motto «l’identità sessuale non esiste, la scegli tu».
a) Gender come identità di genere
“Gender” è il termine inglese per dire “genere” (come nella frase: “penna è di genere femminile”). Viene utilizzato per indicare l’assunzione che il soggetto mette in atto del dato corporeo: sono nato con un corpo connotato con gli organi sessuali maschili o femminili (sesso biologico) e nel mio cammino di crescita assumo tale elemento all’interno della mia coscienza (genere). Si parla infatti di identità di genere (maschile o femminile), per indicare il processo che nell’età evolutiva la persona mette in atto per integrare corpo e coscienza, per assumere la propria identità sessuale maschile o femminile (sesso biologico). Non è sufficiente nascere maschio per essere maschio, ma è necessario fare i conti con il proprio corpo segnato in modo maschile. Tale percorso non avviene solo in modo autoriflessivo (io, riflettendo su di me, capisco chi sono) né slegato, ma è inserito in una rete di relazioni e significati (cultura). Pur non coincidendo con gli stereotipi di una determinata cultura (ad esempio: “la donna deve fare i lavori domestici”), l’identità di genere non è slegata dai processi culturali.
In ambito anglosassone, da parecchi decenni si sono sviluppati i cosiddetti Gender Studies, scuole di pensiero che cercano di approfondire la realtà del maschile e del femminile. A onor del vero, si sono sviluppati prima studi sul genere femminile e, in seguito, sull’identità maschile.
Secondo questo primo significato della parola “gender” è possibile capire l’importanza di un approfondimento dell’identità maschile e femminile (nb: maschile e femminile), per superare condizioni sociali e culturali che pongano la donna in una condizione inferiore all’uomo.
b) Gender e “teorie del gender”
Il termine gender viene usato anche per indicare le derive e le estremizzazioni di una concezione dell’identità centrata solo sulla scelta dell’individuo (come nelle espressioni “teorie del gender”, “ideologia del gender”). Nel 2011 fece notizia (e tendenza) la scelta di una coppia di Toronto di non rivelare a nessuno (neppure al figlio stesso!) il sesso del loro figlio/a, chiamato/a Sasha. Tale scelta era motivata in questo modo: “sceglierà da solo/a chi vuole essere, di che genere essere, non vogliamo che nessuno (genitori stessi, nonni, contesto, corpo, maestre, amici,…) lo influenzi”.
In questo caso non si parla più né di identità sessuale né di genere: il nuovo termine utilizzato sempre di più (nei documenti dell’Onu, della Ue, e in molti altri casi) è di “orientamento sessuale”. Con questa espressione è chiaro che l’unico riferimento dell’identità è il soggetto stesso: mi costruisco come voglio, scelgo chi sono e chi mi piace e né il corpo, né l’ambiente in cui vivo, né le relazioni, né i ruoli sociali possono dirmi qualcosa o influenzarmi. In questa visione, non ha senso se sono nato con un corpo maschile o femminile: ciò che conta è ciò che voglio essere e mi fa star bene. Si parla di “genere fluido”.
Già papa Benedetto XVI aveva affermato: «La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui [gender] la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura».
Da più parti si sente dire che «non esiste una teoria del gender»: se è vero che nessuno (finora) ha scritto libri o articoli codificando e proponendo una tale “teoria”, è vero anche che le degenerazioni e estremizzazioni dell’identità di genere esistono (per capirci: in Italia non esiste nessuno che abbia codificato e proposto una “teoria della corruzione”; questo però non significa che non esista la corruzione in Italia). La proposta di togliere dai documenti scolastici le parole “mamma” e “papà” e sostituirle con “genitore 1” e “genitore 2” in nome del rispetto di tutte le differenze va su questa linea.
Un altro esempio di tali posizioni estreme è la possibilità che facebook-Usa offre ai suoi clienti già dall’inizio del 2014 di scegliere il proprio genere tra 56 possibilità (+2: maschio e femmina): a-gender, neutro, cisgender maschio, cisgender femmina, in-cerca-di-gender… Ossia: io scelgo quello che in questo momento mi sento; domani posso cambiare. Curioso che il giornale britannico The Guardian si chieda in proposito: «Perché fermarsi a 56?». Se ciò che conta è il modo in cui mi sento con me stesso e ciò che mi piace, allora i possibili generi possono moltiplicarsi quanti sono gli esseri umani e gli istanti di una vita.
Si capisce come tali idee siano il risultato anche di estremizzazioni di alcuni modi di intendere il genere, riducendolo a pura costruzione individuale: si va oltre il genere maschile o femminile, proponendo un genere sessuale come scelta, a prescindere dal corpo, dalla storia, dalle relazioni, dal contesto.
Tali posizioni non sono circoscritte ad alcuni ambiti ma si stanno diffondendo rapidamente: «come faccio a crescere mio figlio se neanche lui sa chi è?»; «affinché tutti siano accettati dobbiamo annullare le differenze»; «come posso dire che siamo nati maschi o femmine senza offendere?»; «non mi sembra sia un problema spiegare ai bambini fin da piccoli che ci sono tanti tipi di famiglie e di coppie possibili», «siamo tutti uguali, ciò che conta è che ci sia amore»; «chi sono io per influenzare l’identità sessuale di mio figlio?».

In sintesi
Parlare di “Teoria del gender”, allora,
* non significa negare l’importanza degli Studi di genere, del valore dell’approfondimento dell’identità maschile e dell’identità femminile, senza restringerle agli stereotipi culturali (ad es. fare la lavatrice spetta alla donna; il maschio deve essere macho);
* non significa riferirsi a un impianto riflessivo ben ordinato e codificato, quanto piuttosto a posizioni (diffuse) e azioni di chi afferma che per la costruzione della propria identità non sia necessario fare riferimento al proprio corpo né alla rete di rapporti e al contesto sociale in cui si è inseriti; anzi, corpo e cultura sarebbero da considerare come dei veri e propri ostacoli alla libera e creativa espressione di sé; si auspicherebbe, invece, un genere indifferente o neutro o fluido, espressione della propria libertà.

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